Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7304 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/03/2011, (ud. 21/01/2011, dep. 30/03/2011), n.7304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 776/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

22.10.09, depositata il 29/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

MOTIVI

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda proposta da R.A. avente ad oggetto l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, in relazione al deficit psichico riportato per effetto di vaccinazione praticata (nel 1976) a tre mesi dalla nascita. Riteneva che la domanda amministrativa, proposta il 18.7.1999, non era tardiva, come ritenuto dal giudice di primo grado. La domanda, infatti, a norma dell’art. 3 della legge citata, deve essere proposta entro tre anni dalla conoscenza del danno o dall’entrata in vigore della legge per quanti avessero già subito la menomazione. Nella specie la consapevolezza che il danno derivasse dalla vaccinazione non si era avuta già in occasione del ricovero del 1976, l’unico dato emerso a quell’epoca essendo la diagnosi di encefalopatia, ma solo a seguito del ricovero del 1999 presso l’Ospedale (OMISSIS), ove tale connessione venne ipotizzata.

2. Il Ministero della salute ricorre per cassazione, illustrato da memoria.

3. Il ricorso fa valere sia con il primo motivo, con cui denuncia violazione della L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 7, sia con il secondo motivo, con cui denuncia motivazione illogica e contraddittoria, la tesi secondo cui il termine di decadenza triennale per la presentazione della istanza nella sede amministrativa nella specie deve computarsi con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge richiamata, in applicazione della norma transitoria di cui all’art. 7, comma 7, secondo cui il termine decorre dalla data di entrata in vigore della legge, e cioè dal 21.4.1992, per quanti abbiano subito la lesione in epoca antecedente a detta entrata in vigore.

4. Benchè non risultino precedenti in termini di questa Corte, il ricorso può essere valutato quale manifestamente infondato.

La L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, nello stabilire, in relazione alla domanda per ottenere uno degli indennizzi previsti dalla legge stessa, il termine di decadenza triennale nel caso di danno da vaccinazione e da epatiti post-trasfusionali e di dieci anni nei casi di infermità da HIV, specifica con apposita disposizione che “i termini decorrono dal momento in cui, sulla base delle documentazioni di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti avere avuto conoscenza del danno.” 11 comma 7 contiene la disposizione transitoria secondo cui “per coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già subito la menomazione prevista dall’art. 1, il termine di cui al comma 1 del presente articolo decorre dalla di entrata in vigore della legge stessa”.

L’interpretazione proposta dal Ministero ricorrente, che valorizza isolatamente il tenore letterale di quest’ultima disposizione, appare palesemente errata. La stessa perviene ad un risultato palesemente in contrasto con il principio di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., comma 1, perchè attribuisce ad una disposizione che mira a tutelare i soggetti danneggiati in epoca precedente alla legge, dando agli stessi la possibilità di usufruire effettivamente e interamente del termine previsto per presentazione della domanda nella sede amministrativa, una valenza in taluni casi penalizzante, impedendo agli interessati di usufruire della regola, contenuta nel comma 1, che il termine non può decorrere prima che l’interessato abbia avuto effettiva conoscenza del danno.

Poichè, quando un’interpretazione della legge si pone indiscutibilmente in contraddizione con principi di rango costituzionale, deve indagarsi se è possibile un’interpretazione che con gli stessi principi non entri in collisione, nella specie deve procedersi ad una adeguata valorizzazione, anche con riferimento al caso di eventi lesivi anteriori all’entrata in vigore della legge, del principio, a cui si è già accennato, ricavabile dal primo comma, che i termini per la presentazione dell’istanza in sede amministrativa non possono decorrere prima che l’avente diritto abbia avuto conoscenza del fatto. L’applicazione di detto principio, che in relazione alla sua ratio deve ritenersi poter operare anche con riferimento ad eventi dannosi verificatisi prima dell’entrata in vigore della legge, in concorso con la disposizione transitoria di cui al comma 7, comporta la soluzione interpretativa secondo cui in tali casi il termine decorre dall’entrata in vigore della legge solo se alla medesima data il soggetto abbia già avuto conoscenza del danno (con riferimento anche alla sua eziologia), mentre in caso contrario si applica la regola della decorrenza del termine dalla momento in cui il soggetto risulti avere avuto conoscenza del danno.

5. Il ricorso deve quindi essere rigettato. Nulla per le spese stante la mancata costituzione in giudizio della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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