Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7303 del 16/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 16/03/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 16/03/2020), n.7303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23456/2014 proposto da:

N.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELL’ELETTRONICA 20, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PIERO

SIVIGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MILENA PESCERELLI;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA POLICLINICO DI (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso ALFREDO PLACIDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO DELLA FONTANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1160/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 01/10/2013 R.G.N. 8/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Modena, decidendo sulla domanda proposta da N.P., direttore Amministrativo presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di (OMISSIS) dal 1996 al 30/4/2004 in virtù di due contratti di diritto privato (il primo stipulato in data 1/5/1996 e fino all’1/5/2001, il secondo stipulato in data 18/4/2001 e fino al 30/4/2004), per ottenere l’adeguamento del proprio trattamento economico in forza di quanto disposto dal D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, comma 5, dichiarava prescritti i crediti vantati fino al 24/3/2000 e respingeva la domanda avente ad oggetto le differenze retributive dal 25/3/2000 al 6/8/2001;

2. riteneva la Corte territoriale che, trattandosi di rapporto di lavoro autonomo, non potesse operare la sospensione della prescrizione, istituto tipico del lavoro subordinato e che non potesse sostenersi che la prescrizione decorreva solo dal momento della cessazione del rapporto ovvero dalla cessazione della condotta illecita richiamando, a tal fine, la giurisprudenza di legittimità in materia di prestazioni periodiche, nè che la decorrenza della prescrizione potesse ritenersi preclusa fino al momento della sottoscrizione del c.c.n.l. della dirigenza atteso che la pretesa era fondata sul D.P.C.M. n. 502 del 1995, che aveva previsto per il direttore amministrativo un trattamento non inferiore a quello previsto per la dirigenza, incidendo la contrattazione solo sulla quantificazione di tale compenso;

considerava, per il resto, condivisibile l’interpretazione del Tribunale relativa al D.P.C.M. n. 592 del 1995, art. 2, comma 5, nel senso di equiparare il trattamento economico del direttore amministrativo a quello del dirigente apicale dell’area amministrativa e del direttore sanitario a quella del dirigente apicale dell’area sanitaria apicale essendo la stessa conforme sia al dato testuale sia alla ratio della norma e trovasse altresì conforto nella modifica apportata dal D.P.C.M. n. 319 del 2001;

riteneva, inoltre, che l’equiparazione, nei termini indicati, dovesse essere effettuata tenendo conto del trattamento percepito dai dirigenti di riferimento nell’ambito della singola azienda sanitaria;

escludeva che vi fossero differenze retributive da riconoscere al N. considerando, sulla base degli stessi conteggi depositati dall’Azienda Ospedaliera (non contestati dall’appellante), quanto dal predetto percepito anche in relazione alla quota integrativa di cui al medesimo D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, comma 5;

3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso N.P. con sei motivi;

4. l’Azienda Ospedaliera Policlinico di (OMISSIS) ha resistito con controricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. con il primo, il secondo e il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, del D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, comma 5, dell’art. 2946 c.c.;

lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto maturata la prescrizione laddove, a prescindere dalla natura autonoma del rapporto, sussisteva una situazione di instabilità e soggezione psicologica del rapporto stesso;

sostiene, inoltre, che non si trattasse di prestazioni periodiche come quelle relative alle retribuzioni ed altri emolumenti;

censura la sentenza impugnata per non aver considerato che il termine a quo per la decorrenza della prescrizione dovesse essere individuato nella cessazione della condotta asseritamente illecita (nella specie coincidente con la cessazione del contratto di direttore amministrativo);

critica, infine, la decisione della Corte felsinea per non aver considerato che il diritto alle rivendicazioni economiche non potesse essere fatto valere prima della data dell’8/6/2000 di sottoscrizione del contratto collettivo di categoria;

2. con il quarto, il quinto e il sesto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, comma 5, violazione del principio ubi lex voluit dixit;

assume che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’interpretare la disposizione indicata nel senso che il trattamento economico del dirigente amministrativo debba essere equiparato a quello del dirigente apicale dell’area amministrativa atteso che la stessa in modo chiaro ed inequivocabile, nel fissare il limite minimo, fa riferimento ai dirigenti apicali del Servizio Sanitario Nazionale, senza ulteriori specificazioni, con ciò intendendo disporre che il suddetto trattamento economico non possa essere inferiore a quello di ‘qualsivoglia dirigente apicale del S.S.N.;

sostiene che la Corte territoriale non avrebbe considerato che il trattamento economico annuo onnicomprensivo in misura del 70 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale esclude la quota variabile del 20 per cento ed è equivalente, uguale e coincidente con quello cui si riferisce “il trattamento economico, complessivo” che non può risultare inferiore a quello del dirigente apicale, con la conseguenza tale importo annuo deve includere la quota integrativa variabile ed eventuale sino al 20 per cento;

censura, infine, la sentenza impugnata rilevando che, fermo il fatto che il compenso dei dirigenti apicali del servizio sanitario nazionale non debba essere distinto tra amministrativi e sanitari, sarebbe errato il confronto con il dirigente apicale amministrativo con il più alto trattamento economico a livello aziendale;

3. sono infondati il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso (e determinano l’assorbimento dei primi tre motivi);

3.1. corretta è stata l’interpretazione della Corte territoriale che ha correlato il trattamento economico del direttore amministrativo e del direttore sanitario a quello del dirigente apicale della corrispondente carriera;

3.2. già il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 7, aveva attribuito distintamente al direttore sanitario la direzione dei servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e al direttore amministrativo la direzione dei servizi amministrativi dell’unità sanitaria locale stabilendo che il contenuto del contratto di lavoro, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, fosse demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri;

3.3. veniva, quindi, emanato il D.P.C.M. 19 luglio 1995, n. 502, che all’art. 2 (contratto dei direttori amministrativo e sanitario) stabiliva: “1. Il direttore generale, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 7, e successive modificazioni, stipula con i direttori amministrativo e sanitario della unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera il contratto di lavoro (autonomo, cfr. il comma 8: “Per quanto non previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, e successive modificazioni, e dal presente decreto, si applicano l’art. 2222 c.c. e ss.”) sulla base di uno schema tipo approvato dalla Regione in conformità ai contenuti di cui al presente articolo e con le integrazioni di cui al successivo comma 5. 2. Il rapporto di lavoro dei direttori amministrativo e sanitario è costituito con contratto a termine della durata massima di cinque anni, rinnovabile, a decorrere dalla data di sottoscrizione dello stesso. (…) 5. Ai direttori amministrativo e sanitario è attribuito il trattamento economico annuo omnicomprensivo fissato dalla regione in misura pari al 70 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale. Il predetto trattamento può essere integrato di un’ulteriore quota, fino al 20 per cento dello stesso, sulla base dei risultati di gestione ottenuti e della realizzazione degli obiettivi fissati annualmente dal direttore generale e misurata mediante appositi indicatori. Il trattamento economico, complessivo non può risultare inferiore alla somma dello stipendio iniziale lordo dell’indennità integrativa speciale, della tredicesima mensilità e dell’indennità di direzione dei dirigenti apicali del Servizio sanitario nazionale” (…);

3.4. veniva, poi, introdotto dal D.Lgs. n. 229 del 1999, il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis, comma 8, il quale, dopo aver previsto che il rapporto di lavoro del direttore amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile, stabiliva che il trattamento economico del direttore sanitario e del direttore amministrativo era definito, in sede di revisione del D.P.C.M. n. 502 del 1995, “anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa”;

3.5. invero la L. n. 419 del 1998, art. 2, (Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l’adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale) nel dettare i principi e criteri direttivi di delega ai fini dell’emanazione dei decreti legislativi delegati al Governo (art. 1) aveva previsto, all’art. 2, comma 1, lett. u), che per la revisione del regolamento, recante norme sul contratto del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, adottato con D.P.C.M. n. 592 del 1995, si sarebbe dovuta rapportare l’eventuale integrazione del trattamento economico annuo alla realizzazione degli obiettivi di salute determinati dalla programmazione sanitaria regionale “stabilendo che il trattamento economico del direttore sanitario e del direttore amministrativo sia definito in misura non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale rispettivamente per le posizioni apicali della dirigenza medica ed amministrativa”;

3.6. l’utilizzo dell’avverbio “rispettivamente” è chiaramente indicativo della relazione che deve sussistere tra il trattamento economico del direttore sanitario con quello delle posizioni apicali della dirigenza medica e del trattamento economico del direttore amministrativo con quello del trattamento apicale della dirigenza amministrativa;

3.7. seguiva, quindi, il D.P.C.M. 31 maggio 2001, n. 319, che, modificando il decreto n. 502/1995, stabiliva che, mentre il compenso del direttore generale era definito, a prescindere da qualsiasi richiamo alla contrattazione collettiva, in base a specifici parametri, il compenso dei direttori sanitari e amministrativi dovesse essere inderogabilmente agganciato alla contrattazione collettiva in funzione di minimo garantito: così prevedeva, all’art. 2, che, fermo restando il limite massimo del trattamento economico annuo del direttore sanitario e del direttore amministrativo costituito dall’80 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale, quello minimo non poteva essere comunque inferiore al trattamento economico previsto dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa;

più precisamente (il D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 3 bis, prevedeva solo che il trattamento economico del direttore sanitario e di quello amministrativo fosse definito… anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni della dirigenza medica) stabiliva che il D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, nel primo alinea è sostituito dai seguenti: “Al direttore sanitario e al direttore amministrativo è attribuito un trattamento economico definito in misura non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale rispettivamente per le posizioni apicali della dirigenza medica ed amministrativa. La Regione definisce il trattamento economico del direttore sanitario e del direttore amministrativo, tenendo conto sia del trattamento economico attribuito al direttore generale e sia delle posizioni in strutture organizzative complesse, in un’ottica di equilibrio aziendale (…). I trattamenti economici annui sono onnicomprensivi e, salvo il limite minimo di cui al primo periodo, non possono essere fissati in misura superiore all’80 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale”;

3.8. alla luce della riferita disciplina e delle stesse testuali indicazioni di cui alla legge delega (riprese, alla lettera, dal d.p.c.m. n. 319/2001 che utilizza il medesimo avverbio “rispettivamentè), ritiene il collegio condivisibile che anche il D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, comma 5, debba essere interpretato rapportando il trattamento economico del direttore sanitario a quello del dirigente apicale sanitario e il trattamento economico del direttore amministrativo a quello del dirigente apicale amministrativo, ciò anche dovendo tener presente che nell’esercizio delle sue funzioni il direttore amministrativo svolge funzioni di carattere prettamente amministrativo mentre il direttore sanitario dirige e coordina l’attività dei dirigenti medici;

la distinzione nei termini indicati trova, del resto, un giuridico fondamento nella stessa qualificazione sanitaria richiesta per la nomina a direttore sanitario rispetto a quella del direttore amministrativo (ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, citato art. 3, comma 7, il direttore sanitario è un medico mentre il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche);

4. quanto alle ulteriori censure va rilevato che il D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2, dopo aver delineato il trattamento economico onnicomprensivo da riconoscere al direttore sanitario e al direttore amministrativo (fissato dalla Regione in misura pari al 70 per cento del trattamento base attribuito al direttore generale) e disposto che tale trattamento può essere integrato di un’ulteriore quota, fino al 20 per cento dello stesso, sulla base dei risultati di gestione ottenuti e della realizzazione degli obiettivi fissati annualmente dal direttore generale e misurata mediante appositi indicatori, ha stabilito che il “trattamento economico, complessivo” non può essere inferiore alla somma dello stipendio iniziale lordo dell’indennità integrativa speciale, della tredicesima mensilità e dell’indennità di direzione dei dirigenti apicali del Servizio sanitario nazionale;

la disposizione, nella sua sequenza letterale (prevedendo la maggiorazione del 20 per cento e di seguito facendo riferimento al “trattamento economico, complessivo”), è chiara nell’indicare che, ai fini del raffronto, per tale “trattamento economico, complessivo” (che non può essere inferiore a quello della dirigenza apicale) debba considerarsi quello comprensivo della indicata quota integrativa (diversamente si finirebbe per riconoscere al direttore amministrativo un trattamento economico superiore a quello dirigenza apicale amministrativa, e non semplicemente non inferiore);

5. va, infine, ritenuto che i riferimenti contenuti nel D.P.C.M. n. 502 del 1995, nel testo modificato dal D.P.C.M. n. 319 del 2001, ad una definizione del trattamento economico del direttore sanitario e del direttore amministrativo da parte delle Regioni in “un’ottica di equilibrio aziendale” rende evidente che il raffronto debba essere effettuato tenendo conto (non degli importi massimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale ma) delle specifiche realtà aziendali apparendo ciò coerente con la ratio sottesa alla disposizione in questione che è quella di evitare che, in un determinato contesto lavorativo, un direttore amministrativo percepisca un compenso inferiore a quello dei suoi sottoposti;

in tal senso questa Corte si è espressa nella sentenza del 10 giugno 2009, n. 13385 in cui, con riferimento a pretese fatte valere da un direttore sanitario, è stato ritenuto corretto il raffronto con le voci del trattamento base del dirigente medico apicale della struttura di riferimento;

6. da tanto consegue l’infondatezza nel merito delle pretese del N. riferite all’intero periodo oggetto di rivendicazione (rendendo così superfluo l’esame delle censure concernenti la ritenuta prescrizione dei crediti asseritamente vantati fino al 24/3/2000);

7. conclusivamente il ricorso deve essere rigettato;

8. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

9. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, ricorrono le condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Azienda controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo prescritto a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2020

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