Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7302 del 16/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2021, (ud. 27/02/2020, dep. 16/03/2021), n.7302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 249/2013 proposto da:

CELANI TEAM S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Prati Fiscali n. 221,

rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Alessandrini giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 433/38/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 27 ottobre 2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 febbraio 2020 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR del Lazio ha rigettato il gravame interposto da Celani Team s.r.l. avverso la sentenza della CTP di Roma di rigetto del ricorso della medesima società contro l’avviso di accertamento per IVA, IRPEG e IRAP, relativamente all’anno d’imposta 2003, con cui si rideterminavano i ricavi dichiarati dalla contribuente mediante accertamento induttivo;

2. premesso che l’accertamento è stato condotto utilizzando una percentuale di ricarico del 29 per cento (rispetto a quella del 22 per cento dichiarata), secondo le percentuali applicate da imprese similari operanti nella medesima area geografica, e tenendo conto della pluralità di attività svolte (commercio all’ingrosso e al minuto di ciclomotori, di parti ed accessori di ciclomotori, di articoli sportivi e officina di riparazioni), nonchè della rilevata presenza di lavoratore “in nero”, ciò che inficiava l’attendibilità delle scritture contabili, la CTR ha ritenuto che: a) la società non ha fornito adeguata prova per contrastare quella presuntiva dell’ufficio, fondata sull’irregolare tenuta delle scritture contabili (non indicanti il costo del lavoratore “al nero”) e sull’inattendibilità degli studi di settore (per l’officina si dichiaravano ricavi pari a zero), nonchè sull’incongrua percentuale di ricarichi inferiore a quella minima del settore; b) l’ufficio ha infatti rideterminato i ricavi semplicemente applicando la percentuale di ricarico del 29 per cento, cioè quella minima delle imprese similari operanti nella stessa area geografica; c) la società nulla ha dedotto a sostegno della minore percentuale di ricarichi applicata;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Celani Team affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate ha depositato “atto di costituzione” ai sensi dell’art. 70 c.p.c., comma 1.

Diritto

RITENUTO

che:

4. va dichiarata inammissibile la costituzione dell’intimata Agenzia delle Entrate con un “atto di costituzione” che non è qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”;

4.1. risulta infatti in tal modo violato il combinato disposto dell’art. 370 c.p.c. e dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (Sez. 2, 13 marzo 2006, n. 5400); anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei detti requisiti essenziali, nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (Sez. 3, 18 aprile 2019, n. 10813);

5. sui motivi di ricorso;

5.1. con il primo motivo Celani Team denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 e dell’art. 2697 c.c.: il rinvenimento di un lavoratore “in nero”, peraltro in corso di regolarizzazione (e per il quale l’ufficio non avrebbe rideterminato i relativi costi), costituirebbe circostanza di modesta entità, tale da non legittimare l’accertamento induttivo; inoltre, lo scostamento tra la percentuale di ricarico applicata e quella dichiarata non sarebbe irragionevole o abnorme ai suddetti fini; il riferimento all’area geografica e ai settori similari di attività sarebbe affatto generico e tale da non consentire la difesa della contribuente; conseguentemente, l’accertamento sarebbe carente ai fini della prova ex art. 2697 c.c., dell’applicabilità dello standard prescelto;

5.2. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, citato art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies: pur avendo l’ufficio correttamente instaurato il contraddittorio con la contribuente, nell’atto di accertamento non sarebbe stata fatta menzione delle motivazioni alla base della modifica dello studio di settore prescelto, invece legittimo con riferimento sia all’indicata attività di officina che all’indicazione del lavoratore apprendista, la cui “presenza” era stata indicata nello studio; conseguentemente, anche per tali ragioni l’ufficio non avrebbe provato gli scostamenti;

5.3. con il terzo motivo si denuncia ancora violazione e falsa applicazione delle citate norme in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nonchè all’art. 101 c.p.c. e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57: solo in appello l’ufficio avrebbe sollevato la questione dell’assenza di ricavi per l’attività di officina, avendo basato l’accertamento esclusivamente sul lavoratore “in nero” e sulla diversa percentuale applicata;

5.4. con il quarto motivo si denuncia vizio motivazionale: l’affermazione secondo cui la percentuale del 22 per cento non può essere verosimilmente riscontrabile nel settore non avrebbe alcun sostegno istruttorio, non essendo mai stato circoscritto dall’ufficio il settore della società contribuente;

6. i primi due mezzi – da esaminare congiuntamente poichè all’evidenza connessi – sono in parte infondati e in parte inammissibili;

6.1. giova richiamare il principio, recentemente ribadito da Sez. 5, 17 dicembre 2019, n. 33340, secondo cui “In tema di accertamento induttivo dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, l’Amministrazione finanziaria può fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili “dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta”, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente” (conf. Sez. 5, 27 luglio 2011, n. 16430);

6.2. sul tema del contraddittorio endoprocedimentale – nella specie pacificamente attivato, come riconosciuto in ricorso – Sez. U, 18 dicembre 2009, n. 26635 insegna che “La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici (…)” (si v. anche la recente Sez. 5, 18 settembre 2019, n. 23252: “La determinazione del reddito mediante l’applicazione degli studi di settore, a seguito dell’instaurazione del contraddittorio con il contribuente, è idonea a integrare presunzioni legali che sono, anche da sole, sufficienti ad assicurare un valido fondamento all’accertamento tributario, ferma restando la possibilità, per il contribuente che vi è sottoposto, di fornire la prova contraria, nella fase amministrativa e anche in sede contenziosa”);

6.3. orbene, le doglianze in esame tendono, con tutta evidenzia e in contrasto con i detti principi, a sollecitare in questa sede un non consentito apprezzamento alternativo dei fatti, rispetto a quello operato dalla CTR, quanto all’incidenza del riscontrato rapporto di lavoro “in nero” (regolarizzato solo successivamente all’ispezione, secondo quanto affermato dalla ricorrente) e al complesso delle attività (desunte dalla documentazione camerale) in concreto svolte dalla contribuente e considerate dall’amministrazione ai fini dell’accertamento in questione; esse risultano poi, per altro verso, infondate almeno quanto al preteso difetto di motivazione dell’atto sul punto del raffronto con attività economiche similari nella stessa area geografica, atteso che le deduzioni sviluppate in ricorso (p. 12 ss.) smentiscono la denunciata lesione del diritto di difesa della ricorrente;

7. il terzo mezzo è infondato, non potendo ritenersi nuova la questione dell’assenza di ricavi relativi all’attività dell’officina, attività richiamata espressamente nell’atto di accertamento (cfr. pp. 3-4 del ricorso) e sulla quale la contribuente ha interloquito fin dal giudizio di primo grado (cfr. p. 5 del ricorso);

8. infine, il quarto mezzo è del pari infondato: la denunciata carenza motivazionale non sussiste atteso che – richiamato quanto osservato sub 6.3 in ordine all’individuazione del settore di attività della società contribuente – la CTR, sia pure con motivazione sintetica, ha motivato la reiezione del gravame richiamando gli elementi presuntivi ritenuti a tal fine conducenti, non senza evidenziare ulteriormente l’applicazione da parte dell’ufficio, nella specie, della percentuale minima di ricarico.

9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, stante la rilevata inammissibilità del controricorso (Sez. 5, 26 maggio 2009, n. 12171).

PQM

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021

 

 

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