Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7300 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. un., 22/03/2017, (ud. 21/02/2017, dep.22/03/2017),  n. 7300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11134-2015 proposto da:

ANAS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CARENA IMPRESA DI COSTRUZIONI S.P.A. in concordato preventivo, in

proprio e nella qualità di capogruppo e mandataria dell’ATI

costituita con le imprese Carriero & Baldi s.p.a. e Strade

s.p.a., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO 287, presso lo studio

dell’avvocato LUCA NICOLETTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data

5/11/2014;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2017 dal Consigliere Dott.ssa MAGDA CRISTIANO;

uditi gli Avvocati Fabio Tortora (Avvocatura Generale dello Stato)

per ANAS s.p.a. e Luca Nicoletti per IMPRESA CARENA s.p.a.;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI RILEVANTI PER IL GIUDIZIO

Carena Impresa di Costruzioni s.p.a., nella sua qualità di mandataria e rappresentante dell’ATI cui ANAS s.p.a., con contratto del 24.5.91, aveva appaltato lavori di ammodernamento di alcuni tratti della S.S. (OMISSIS), notificò alla committente domanda di arbitrato per ottenere il pagamento della somma di oltre 2 milioni di Euro a titolo di revisione dei prezzi contrattuali, od, in subordine, di indebito arricchimento o di risarcimento del danno.

Il collegio arbitrale, con lodo pronunciato il 5.6.06, dopo aver respinto le eccezioni pregiudiziali svolte in limine da ANAS, fra cui quella di difetto di giurisdizione, accolse parzialmente la domanda e condannò la stazione appaltante a pagare all’ATI, per la prima delle causali dedotte in giudizio, la somma di Euro 536.996,87, maggiorata degli interessi D.P.R. n. 1063 del 1962, ex artt. 35 e 36.

L’impugnazione proposta da ANAS avverso la pronuncia arbitrale è stata respinta dalla Corte d’appello di Roma con sentenza del 5.11.014.

La corte capitolina, per ciò che in questa sede ancora interessa, ha escluso che la motivazione in base alla quale gli arbitri avevano dichiarato infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione fosse generica o contraddittoria. Ha, per contro, espressamente rilevato che la decisione arbitrale, secondo cui la richiesta dell’ATI di pagamento del prezzo revisionale era stata respinta per ragioni attinenti unicamente al quantum, si fondava su una corretta interpretazione della nota del 20.7.05, con la quale ANAS aveva comunicato ad Impresa Carena che la propria Direzione generale aveva ritenuto di non poter accogliere la richiesta “in quanto la variazione dei prezzi accertata non determina aumento contrattuale”, adducendo perciò una motivazione che comportava l’implicito riconoscimento dell’astratta sussistenza del relativo diritto dell’appaltatrice. Ha pertanto ribadito che la controversia aveva ad oggetto la mera quantificazione di una pretesa nascente dal contratto, rispetto alla quale la posizione dell’ATI non poteva essere qualificata come di interesse legittimo, ma aveva natura di diritto soggettivo.

La sentenza è stata impugnata da ANAS s.p.a. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui Carena Impresa di Costruzioni s.p.a. (nel frattempo ammessa alla procedura di concordato preventivo), in proprio e nella qualità, ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Il primo motivo ripropone l’eccezione di difetto di giurisdizione degli arbitri.

La ricorrente osserva che, anche nel vigore della disciplina applicabile ratione temporis, anteriore all’emanazione della L. n. 537 del 1993, questa Corte ha costantemente affermato che, con riguardo alla revisione del prezzo degli appalti, che è oggetto di valutazione discrezionale della stazione appaltante, la posizione dell’appaltatore si configura di norma come di interesse legittimo, ed è perciò tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, mentre acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, solo quando l’Amministrazione abbia adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento che denoti l’implicito riconoscimento del diritto alla revisione.

Ciò premesso, contesta che, nel caso di specie, l’implicito riconoscimento del diritto azionato da Impresa Carena potesse desumersi dalla nota della Direzione Generale, che aveva respinto la richiesta di revisione del prezzo dell’appalto con motivazione attinente non solo al quantum, ma anche all’an della pretesa.

2) Col secondo motivo, che denuncia violazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 26, R.D. n. 350 del 1865, artt. 54 e 64 ANAS sostiene che la domanda di rimborso dei maggiori oneri sopportati a causa della protrazione dei lavori avrebbe potuto essere avanzata dall’ATI a titolo di risarcimento del danno, ma solo a seguito di tempestiva iscrizione delle relative riserve, cui invece l’appaltatrice non aveva provveduto.

3) Il primo motivo deve essere respinto.

Non è in discussione l’applicabilità alla fattispecie in esame del principio di diritto secondo cui, in materia di revisione del prezzo d’ appalto di un’opera pubblica, anche nella disciplina anteriore all’entrata in vigore della L. n. 537 del 1993, la posizione dell’appaltatore ha natura di mero interesse legittimo, come tale tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, sino a quando l’amministrazione appaltante non abbia esercitato il potere discrezionale di accordare detta revisione, con riconoscimento esplicito od implicito, mentre assume consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario (ed, in via sostitutiva, dinanzi agli arbitri) quando il riconoscimento sia intervenuto (Cass. nn. 12175/90, 76/90 13606/91, 6993/05).

Invero, contrariamente a quanto sembra sostenersi nel motivo, il principio non è stato ignorato o disatteso dalla corte del merito, che ha affermato che la controversia spettava alla giurisdizione del giudice ordinario proprio perchè limitata alla determinazione del quantum, rilevando come il comunicato della Direzione generale di ANAS, che escludeva di poter accogliere la richiesta di revisione del prezzo dell’appalto avanzata da Impresa Carena “in quanto la variazione dei prezzi accertata non determina aumento contrattuale”, costituisse implicito riconoscimento della sussistenza, in astratto, del diritto sotteso alla pretesa.

ANAS non ha censurato la decisione per violazione delle norme che presiedono all’interpretazione dei contratti o per vizio di motivazione, ma ciò non comporta, secondo quando eccepito dalla controricorrente, l’inammissibilità del motivo, posto che sulle questioni di giurisdizione questa Corte, nella sua composizione a S.U., è giudice del fatto, sicchè può e deve esaminare l’atto negoziale la cui valutazione incide sulla determinazione del giudice munito di giurisdizione (Cass. S.U. nn. 8074/015, 8095/07).

L’assunto difensivo della ricorrente si rivela però infondato, risultando corretta, e pienamente condivisibile, l’interpretazione della nota proveniente dalla Direzione Generale ANAS fornita dalla corte territoriale.

Il rigetto della domanda di revisione del prezzo è stato infatti motivato in base ad un mero dato quantitativo, ovvero sul rilievo che “la variazione accertata non determina aumento contrattuale”. La motivazione sottintende, dunque, l’avvenuto sviluppo del calcolo revisionale (che, all’evidenza, sarebbe stato superfluo qualora la stazione appaltante avesse voluto negare in toto il diritto dell’appaltatrice al relativo compenso) ed implica, pertanto, il riconoscimento dell’obbligo di ANAS di corrispondere la voce contrattuale in questione in presenza di una diversa, e maggiore, variazione, comportante un effettivo aumento degli oneri sostenuti dall’appaltatrice.

4) Il secondo motivo è assorbito.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 10.200, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2017

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