Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 730 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2017, (ud. 12/12/2016, dep.13/01/2017),  n. 730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 27807 del ruolo generale dell’anno

2011, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.r.l. Terme Vescine, in persona del legale rappresentante pro

tempore; M.P.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sede staccata di Latina, a Sicilia, depositata

in data 1 ottobre 2010, n. 862/39/10;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

12 dicembre 2016 dal Consigliere Dott. Angelina Maria Perrino;

udito per l’Agenzia delle Entrate l’avvocato dello Stato Francesco

Meloncelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso per quanto di ragione, con spese a carico dell’Agenzia.

Fatto

L’Agenzia delle entrate ha recuperato nei confronti della società Iva per l’anno d’imposta 2003, con avviso che la contribuente ha impugnato, ottenendone il parziale annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. A seguito della pronuncia di primo grado l’Agenzia delle entrate ha annullato l’avviso deducendo a fondamento dell’autotutela un errore tecnico, del quale non ha precisato la natura. In questo contesto la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello comunque proposto dalla società, escludendo la cessazione della materia del contendere invocata dall’ufficio, a cagione della mancanza d’indicazione della natura del prospettato errore tecnico. Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la società ed il suo legale rappresentante non replicano.

Diritto

1.- Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata, giusta il decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016.

2.- Fondato è il primo motivo di ricorso, che spiega effetto assorbente del secondo, concernente la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, dei principi in materia di cessazione della materia del contendere e dell’art. 100 c.p.c..

2.1.- L’eliminazione dal mondo giuridico, sia pure per un non meglio specificato errore tecnico dell’avviso impugnato, comporta che la prosecuzione del processo non possa produrre per i contribuenti alcun utile risultato ulteriore, essendo incompatibili col giudizio tributarie pronunce di mero accertamento dell’illegittimità della pretesa impositiva già esercitata (tra varie, Cass. n. 4744/06, secondo cui non osta l’eventualità – nella specie solo prospettata – di una successiva rimozione dell’annullamento in autotutela, nonchè n. 19947/10, che ha affermato l’applicabilità del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, anche qualora l’atto impugnato, benchè annullato in autotutela, sia sostituito con altro atto identico). Nè tale opzione vulnera il diritto di difesa del contribuente, che la giurisprudenza di questa Corte identifica come limite all’esercizio del potere di autotutela (vedi, fra varie, Cass. n. 7335/10 e n. 14219/15): se è vero che l’esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo, sicchè, rimosso con effetti ex tunc l’atto di accertamento illegittimo o infondato, l’amministrazione finanziaria è tenuta all’esercizio della potestà impositiva, ove ne sussistano i presupposti, vero è altresì che il contribuente potrà impugnare con pienezza di tutela l’atto col quale sarà stata esercitata la pretesa.

3.- Ne consegue l’accoglimento del ricorso, con cassazione senza rinvio della sentenza, ex art. 382 c.p.c., perchè il giudizio non poteva proseguire, in quanto estinto in ragione dell’intervenuta cessazione della materia del contendere (in termini, tra varie, Cass. n. 5641/15).

3.1.- Le particolarità della controversia comportano, tuttavia, la compensazione di tutte le voci di spesa.

PQM

la Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e cassa senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il giudizio non poteva proseguire, in quanto estinto in ragione dell’intervenuta cessazione della materia del contendere. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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