Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7293 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. II, 26/03/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 26/03/2010), n.7293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9337/2006 proposto da:

R.C. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato,

in ROMA, VIA DEI VERALLI 4, presso lo studio dell’avvocato RENDA

Renato, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA; R.G. 35172/05 emessa

il 19/10/ 2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 19 ottobre 2005 il giudice di pace di Roma convalidava L. n. 689 del 1981, ex art. 23, comma 5, la sanzione amministrativa di cui al verbale n. (OMISSIS), avverso il quale aveva proposto opposizione R.C.. Con atto notificato il 20 marzo 2006, l’opponente ha proposto ricorso per cassazione con unico complesso motivo.

Il comune di Roma è rimasto intimato.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato. All’adunanza del 19 febbraio 2009 la causa è stata rimessa a pubblica udienza, fissata per il 10 dicembre 2009. L’avviso di udienza è stato notificato alla ricorrente personalmente, essendo risultato deceduto il difensore costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Parte opponente sostiene che l’ordinanza di convalida non poteva essere emessa perchè l’art. 23, comma 5, sarebbe stato dichiarato illegittimo per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 507 del 1990 e 534 del 1995.

Aggiunge che; dalla documentazione prodotta risultava l’illegittimità del provvedimento e che l’amministrazione aveva omesso di depositare i documenti di cui al comma 2 dello stesso art. 23.

Il motivo è infondato. La convalida ex art. 23, comma 5, non è stata abrogata dalle sentenze citate, che ne hanno soltanto limitato la portata applicativa. La prima sentenza (5-12-1990, n. 534) ha infatti stabilito l’illegittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 5, nella parte in cui prevede che, nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, il pretore (oggi il giudice di pace o il tribunale) – in caso di mancata comparizione in prima udienza tanto dell’opponente quanto del suo procuratore senza addurre alcun legittimo impedimento – sia tenuto a convalidare il provvedimento opposto anche quando l’illegittimità di tale atto risulti dalla documentazione allegata al ricorso.

La seconda sentenza (18-12-1995, n. 507) ha dichiarato l’incostituzionalità anche nella parte in cui detta norma prevede che il pretore – in caso di mancata comparizione in prima udienza tanto dell’opponente quanto del suo procuratore senza addurre alcun legittimo impedimento – sia tenuto a convalidare il provvedimento opposto anche quando l’amministrazione abbia omesso il deposito dei documenti di cui al comma 2 dello stesso art. 23.

Orbene, poichè l’intervento manipolatorio della Corte ha lasciato in vita la norma, occorre interpretarla individuando gli spazi di applicabilità di essa compatibili con il valore costituzionale presidiato.

Nella specie la Corte ha voluto evitare, come si legge nella prima sentenza, che nel caso in cui la mancanza di responsabilità del trasgressore risultasse fondata ex actis, egli potesse andare incontro alla convalida dell’ordinanza-ingiunzione qualora avesse omesso di presentarsi in giudizio.

A questa situazione, di positiva esistenza di prova della illegittimità della pretesa, la Corte ha inteso parificare “l’insussistenza di prova della sua legittimità per mancato assolvimento del dovere di produzione documentale da parte dell’amministrazione”.

La norma della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 5, risultante dalla seconda modifica va interpretata nel senso che, qualora l’amministrazione non si sia costituita, la convalida resti comunque possibile ove dagli atti prodotti dallo stesso ricorrente emerga sussistente la prova della legittimità della sanzione irrogata. In tal caso infatti i documenti che l’amministrazione non ha prodotto non sono necessari per apprezzare nel merito i motivi dedotti dall’opponente. La carenza di produzione impedisce la convalida se la cognizione e l’esame della documentazione che l’amministrazione avrebbe dovuto produrre siano indispensabili. Per contro, ove la stessa parte ricorrente abbia prodotto il provvedimento oggetto di impugnazione e nel contempo abbia dedotto motivi di censura palesemente infondati, la mancata produzione della stessa o di ulteriore documentazione da parte dell’amministrazione risulta superflua. Il giudice adito, preso atto dell’assenza delle parti, può infatti convalidare il provvedimento impugnato, effettuando quella stessa valutazione che gli è stata chiesta dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1990 e che deve essere fatta anche nell’ipotesi esaminata dalla sentenza del 1995, la quale non a caso è stata calibrata nel senso di rinvenire la piena parificazione delle due ipotesi. Questa lettura del meccanismo della convalida è pienamente coerente con quanto da tempo insegna questa Corte, allorquando afferma che “l’inosservanza da parte dell’amministrazione del termine per il deposito dei documenti relativi all’infrazione fissato in dieci giorni prima dell’udienza di comparizione dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 2, non implica decadenza, in difetto di espressa previsione di perentorietà, nè detto deposito tardivo fa venir meno la presunzione di veridicità dei fatti attestati dai verbalizzanti come avvenuti in loro presenza” (Cass. 5891/04; 21491/04; 13975/06).

Nel caso di specie la ricorrente adduce che la sanzione per divieto di sosta non poteva essere convalidata perchè l’autovettura recava esposto il permesso per disabili ed era in sosta davanti al cancello dell’abitazione del titolare del permesso.

Essa non allega quindi la presenza di un divieto di provenienza dall’autorità amministrativa, in quanto tale derogabile grazie al “permesso invalidi”, ma la violazione di una prescrizione di legge.

E’ stato in proposito puntualizzato da questa Corte che il D.P.R. n. 503, art. 11, comma 1 (il quale recita: “Alle persone detentrici del contrassegno di cui all’art. 12, viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purchè ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta”) va interpretato nel senso che la norma si riferisce (come è fatto palese dalla locuzione “sia stata vietata o limitata la sosta”) esclusivamente a divieti di sosta stabiliti con apposito provvedimento dell’autorità competente (ai sensi dell’art. 6 C.d.S., comma 4, lett. d), e art. 7 C.d.S., comma 1, lett. a)), e dunque non ai divieti direttamente previsti dalla legge. (Cass 9822/09; 1272/08; arg. ex Cass. 19149/06).

Ne consegue che, mancando nelle stesse allegazioni di parte un presupposto indispensabile per l’accoglimento dell’opposizione, nulla ostava al provvedimento di convalida.

Segue da quanto esposto il rigetto del ricorso.

Non v’è luogo per pronunziare sulle spese di lite in mancanza di attività difensiva dell’intimato

P.Q.M.

Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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