Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7288 del 22/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 19/01/2017, dep.22/03/2017), n. 7288
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20677/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
M.A.M.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale, sezione di
Torino, n. 612/11 depositata il 17 giugno 2011;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 19 gennaio 2017
dal Consigliere Emilio Iannello;
udito l’Avvocato dello Stato Bruno Dettori;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale DE MASELLIS Mariella, che, non opponendosi al rinvio
chiesto dall’Avvocatura, ha concluso chiedendo l’accoglimento.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. In data 30/11/1976 l’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Torino notificava ad M.A.M. cartella esattoriale per il pagamento di complessive Lire 7.781.162 (pari a Euro 4.018,63) a titolo di Ilor per l’anno 1974, che il contribuente provvedeva a versare.
Successivamente, essendo intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 42 del 1980 (che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale della L. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 4, n. 1, e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, comma 2, in quanto non escludono i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d’impresa, dall’imposta locale sui redditi”), il contribuente chiedeva a rimborso quanto corrisposto.
Avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio M.A.M. proponeva ricorso che, dichiarato inammissibile in primo grado, veniva accolto dalla Commissione tributaria di secondo grado di Torino, con decisione confermata dalla Commissione tributaria centrale, secondo la quale “deve ritenersi tempestiva la domanda di rimborso presentata sia nei termini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43 che alla stregua del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16”.
2. Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, sulla base di due motivi.
L’intimato non ha svolto difese nella presente sede.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16 per avere la C.T.C. omesso di considerare che la scadenza del termine decadenziale da tale norma fissato per impugnare la cartella esattoriale rende la stessa inoppugnabile e, altresì, inammissibile l’impugnazione proposta avverso il silenzio rifiuto su successiva istanza di rimborso, in quanto atto meramente confermativo del precedente e non autonomamente impugnabile.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata ritenuto applicabile alla richiesta di rimborso del contribuente i termini (peraltro nemmeno rispettati) previsti per l’attività di accertamento.
3. Occorre preliminarmente rilevare che non vi è prova agli atti dell’avvenuto perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso per cassazione.
Ciò deve condurre alla declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese, non avendo il contribuente svolto difese nella presente sede.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017