Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7287 del 16/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2020, (ud. 18/11/2019, dep. 16/03/2020), n.7287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 29264/2015, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis.

– ricorrente –

contro

C.F., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Caretta,

elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avv.to

Emiliano Maio, via Antonio Guattani n. 15, come da mandato in

margine al ricorso.

– controricorrente –

ricorrente incidentale Avverso la sentenza n. 1978/65/2015 della

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il

07/05/2015 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 novembre

2019 dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita.

Fatto

RITENUTO

che:

C.F., titolare della ditta individuale Generale Costruzioni di C.F., esercente attività di costruzione di edifici lavori di ingegneria civile, cessata in data 4 gennaio 2002, riceveva l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), per maggior credito di imposta, ai fini Irpef, Iva, Irap e contributi previdenziali, per gli anni 2001 e 2002. L’avviso muoveva da una denuncia della Guardia di finanza nei confronti di C.F., per il reato di occultamento e distruzione di documenti contabili (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10), e successiva condanna alla pena di quattro mesi di reclusione; a seguito di controllo incrociato effettuato presso altra società cliente della ditta del C., si riscontrava una fattura emessa nell’anno 2001 dalla ditta di C.F. giustificata da un contratto di appalto, per un importo di Euro 16.526,62, e, nel contempo, dall’interrogazione delle banche dati in possesso dell’amministrazione finanziaria, risultava che il contribuente aveva omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi per l’annualità 2001, anno nel quale, stante l’emissione della predetta fattura, aveva operato in condizioni di normalità economica, cessando poi l’attività nel 2002. In particolare, facendo leva sul metodo induttivo puro, l’Ufficio riteneva che in assenza di qualsiasi ulteriore documento, l’imponibile di cui alla predetta fattura (n. 34 del 30/11/2001) doveva considerarsi quale imponibile medio delle fatture emesse dalla ditta individuale C.F. nell’anno 2001. Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Brescia, rilevando la carenza di prova idonea a dimostrare l’effettività dello svolgimento dell’attività dalla ditta e otteneva ragione.

Avverso la decisione di primo grado proponeva appello l’Agenzia delle entrate, insistendo per la conferma dell’originario atto di accertamento. La Commissione tributaria regionale adita accoglieva, per quanto di ragione, l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria, giudicando legittimo l’originario avviso di accertamento limitatamente alla somma di Euro 16.526,62.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a due motivi di gravame. Il contribuente resiste con controricorso e propone appello incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente Amministrazione finanziaria deduce la nullità della sentenza per inosservanza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per avere, i secondi giudici, omesso di motivare sui presupposti dell’accertamento, fondato sul metodo induttivo puro, formulando, così, una motivazione meramente apparente senza fornire, neppure per implicito, la regola iuris in base alla quale hanno valutato l’operato dell’Ufficio. Col secondo motivo di ricorso, deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato che l’accertamento induttivo puro non deve fondarsi necessariamente su presunzioni gravi, precise e concordanti, ma può fondarsi anche su presunzioni prive di siffatti requisiti, quali le presunzioni semplice o induttive.

Anche il controricorrente, ha impugnato la sentenza in epigrafe, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deducendo la nullità della sentenza per avere omesso di motivare sulle eccezioni riguardanti l’illegittimità della pretesa erariale.

Nei giudizi di merito, la questione controversa ha riguardato la legittimità dell’accertamento effettuato dall’amministrazione nei confronti del contribuente – titolare della ditta individuale Generale Costruzioni di C.F., esercente attività di costruzione di edifici lavori di ingegneria civile, cessata in data 4 gennaio 2002, condannato per il reato di occultamento e distruzione di documenti contabili (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10) – e, quindi, la verifica del se la prova induttiva offerta dall’Ufficio fosse idonea per legittimare la pretesa impositiva per l’anno 2001 e non fosse scalfita dalle contestazioni di parte contribuente quali, in primo luogo, il disconoscimento del contratto di appalto da cui scaturiva la fattura n. 34/2011 posta a base dell’accertamento.

I motivi di ricorso principale ed il motivo di ricorso incidentale, oltre che ammissibili in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c. – risultano fondati alla stregua delle motivazioni della sentenza impugnata.

Essi vengono esaminati congiuntamente, riguardando censure connesse logicamente e giuridicamente.

E’ oramai principio consolidato di questa Corte che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito omette di indicare, nei contenuto della sentenza gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una oro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (ex plurimis, cfr. Sez. 6-5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017, Rv. 643793-01, che richiama Cass. n. 16736 del 2007).

In tal senso, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, a più riprese, che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di appello non abbia espresso alcuna ratio decidendi, omettendo di illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere o accogliere i motivi di gravame, limitandosi ad affermazioni apodittiche, che non danno conto del percorso logico-giuridico seguito per la decisione.

Orbene, dalla lettura della sentenza qui impugnata emerge evidente che essa contiene una motivazione meramente apparente, in quanto non esplicita le ragioni della decisione.

Ed invero, la motivazione della sentenza, racchiusa negli ultimi dieci righi di pagina 3, così si esprime: “la commissione ritiene assolutamente non corretto procedimento dell’ufficio che invece di ricercare altre eventuali fatture emesse dal contribuente, in considerazione del fatto che la fattura reperita portava il numero 32 ha proceduto ad un calcolo che non può essere in alcun modo giustificato per determinare astrattamente reddito d’impresa. La commissione ritiene invece che la fattura in oggetto possa essere considerata per la legittima pretesa da parte dell’ufficio e che il contribuente non abbia portato elementi idonei a giustificare sia l’apertura della sua ditta, sia l’attività esplicata sia a giustificare il tempo inutilmente trascorso per decidersi a chiudere l’attività. La commissione quindi ritiene non corretta la sentenza dei giudici di primo grado”. Nel dispositivo, in riforma parziale della sentenza di primo grado, riduce la pretesa fiscale all’importo di Euro 16.526,62 di cui in fattura.

Da tale motivazione, appositamente riportata per intero, non v’è chi non veda come la Commissione non spieghi come sia giunta a ritenere fondato solo in parte l’accertamento dell’ufficio, omettendo di spiegare anche quali regole probatoriè abbia applicato alla fattispecie, il che è questione non di poco momento atteso il diverso onere gravante sul contribuente a seconda del metodo inferenziale seguito.

Vieppiù, i giudici di secondo grado non spiegano perchè possa darsi credito ad un’unica fattura (erroneamente indicata con numero 32 anzichè col n. 34) per legittimare la pretesa dell’ufficio, e non invece al metodo che – stante la mancanza assoluta della contabilità andata distrutta dal contribuente – aveva considerato l’imponibile della fattura n. 34/11 come imponibile medio di tutte le fatture emesse dalla ditta di C.F. nell’anno 2001.

Egualmente – e questo dà fondatezza al motivo di ricorso incidentale – non spiega perchè il contribuente “non ha portato elementi idonei a giustificare l’apertura della ditta”, mancando di argomentare sulle specifiche contestazioni da questi sollevate, quali il disconoscimento del contratto di appalto e, quindi, la mancata emissione della fattura in questione.

Nè d’altro canto, la ratio decidendi è in qualche modo rinvenibile dall’illustrazione – del tutto mancante – delle ragioni per cui la Commissione regionale ha ritenuto non corretta la decisione della Commissione tributaria provinciale, non ricostruendone in alcun modo l’iter logico giuridico seguito per la riforma di tale sentenza.

In conclusione, la sentenza in oggetto è affetta da radicale nullità, in quanto il giudice di merito non ha compiuto alcuna disamina logico-giuridica degli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ai fini della decisione adottata.

L’accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale, comporta la cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione regionale della Lombardia, in diversa composizione, perchè proceda ad un nuovo esame della controversia, nei termini sopra illustrati. La Commissione regionale, in sede di rinvio, è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 18 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 16 marzo 2020

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