Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7286 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. I, 30/03/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 30/03/2011), n.7286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.L.;

– intimata –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Catania cron.

5229 depositato il 4 dicembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 10 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Amministrazione ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 14.000,00 per quattordici anni di ritardo, ha accolto il ricorso di con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo di opposizione ad ingiunzione fiscale svoltosi in primo grado avanti al Tribunale di Caltanissetta dal 20.2.1988 al 14.6.2001 e quindi avanti alla Corte d’appello e definito il 26.1.2007.

L’intimata non ha proposto difese.

La causa e’ stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso con cui si deduce violazione della L. n. 89 del 2001 per avere il giudice del merito ritenuto proponibile la domanda di equo indennizzo benche’ il processo presupposto vertesse in materia tributaria e’ manifestamente fondato.

Premesso che e’ principio acquisito quello secondo cui “Per individuare l’area di applicazione della disciplina del diritto all’equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole del processo, previsto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, occorre tener conto delle indicazioni emergenti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, alle quali il giudice interno deve conformarsi, attesa la coincidenza dell’area di operativita’ dell’equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 con l’area delle garanzie assicurate dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali. In particolare, poiche’ la Corte considera meritevoli di tale speciale tutela i diritti e i doveri di “carattere civile ” di ogni persona, e non le obbligazioni di natura pubblicistica, laddove non sia estensibile il campo di applicazione dell’art. 6 della convenzione alle controversie tra il cittadino e il Fisco aventi ad oggetto provvedimenti impositivi (stante l’estraneita’ ed irriducibilita’ di tali vertenze al quadro di riferimento delle liti in materia civile), cio’ nondimeno non puo’ affermarsi in assoluto che tutte le controversie portate all’attenzione del giudice tributario rimangano estranee alla possibile applicazione della tutela di cui alla L. n. 89 del 2001, in quanto potrebbero rientrarvi le richieste di rimborso di somme, rifluenti nell’area delle obbligazioni privatistiche. Tali non sono quelle relative al rimborso di imposte che i ricorrenti deducano essere state indebitamente trattenute, poiche’ esse danno luogo a controversie le quali non hanno ad oggetto l’accertamento del diritto alla ripetizione di indebito secondo principi di diritto civile, bensi’ proprio la esistenza o meno del presupposto del potere impositivo dello Stato, e, come tali, non rientrano nell’ambito di tutela previsto dalla citata convenzione europea. Ne’ siffatta lacuna di tutela si pone in alcun modo in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, stabilito dall’art. 111 Cost, comma 2, che demanda alla legge ordinaria il compito di attuare tale principio, e tenuto conto della non applicabilita’ diretta ai giudizi tributar delle speciali regole di diritto sostanziale e procedurale dettate dalla L. n. 89 del 2001, risultando, pertanto, ipotizzabile, in caso di durata irragionevole di tali giudizi, l’esercizio di un’azione ordinaria per il risarcimento dei danni. Manifestamente infondato e’ altresi’ il dubbio di illegittimita’ costituzionale della citata L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, nella parte in cui non estende la propria disciplina alle controversie in materia tributaria nelle quali sia in questione il potere impositivo dello Stato, per la irragionevole disparita’ di trattamento che ne deriverebbe rispetto alle controversie di altro genere, non costituendo una scelta manifestamente irragionevole del legislatore nazionale quella di adeguarsi ai principi e regole ed ai limiti stabiliti dalla convenzione europea come interpretata dalla Corte di Strasburgo (Cassazione civile, sez. 1^, 07 marzo 2007, n. 5275) non vi e’ dubbio che la vertenza de qua fosse relativa alla stessa sussistenza del debito di imposta, dal momento che, come risulta dal tenore dell’atto introduttivo riportato nel ricorso, si contestava la legittimazione passiva e l’intervenuta decadenza dal potere impositivo. Ne’ rileva che il giudizio si sia svolto avanti al giudice civile in quanto, come ha gia’ ritenuto la Corte proprio con riferimento ad un giudizio conseguente ad ingiunzione fiscale, “La conclusione della non riconducibilita’ delle controversie che involgano l’imposizione tributaria alla disciplina indennitaria della L. n. 89 del 2001 evidentemente non muta per il fatto che la competenza a conoscerle spetti al giudice ordinario e non alle commissioni tributarie, poiche’ e’ la natura del rapporto oggetto del processo, e non quella dell’autorita’ procedente, a segnare l’ambito di applicazione della disciplina in questione (Cassazione civile, sez. 1^, 17 settembre 2004, n, 18739).

Il ricorso deve dunque essere accolto e cassata senza rinvio l’impugnata decisione in quanto la causa non poteva essere iniziata.

Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato e condanna C.L. alla rifusione delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 500,00, oltre spese prenotate a debito, e di quelle del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 900,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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