Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7282 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 19/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3829/2012 proposto da:

D.C.A., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’Avvocato GIOVANNI QUADRINO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 558/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 13/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione dist. di Latina, con la sentenza n. 558/40/10, depositata il 13.1.2,2010 e non notificata, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha riformato la prima decisione che aveva accolto l’impugnazione proposta da D.C.A. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) fondato sull’applicazione degli studi di settore, con i quale venivano recuperati a tassazione ai fini IVA, IRPEF ed IRAP maggiori ricavi per l’anno di imposta 2002.

2. Il giudice di appello, dopo aver ricordato la valenza probatoria degli studi di settore, da applicarsi nel rispetto del principio dei contraddittorio richiamando la giurisprudenza di legittimità, affermava che la contribuente avrebbe potuto provare anche mediante presunzioni semplici la inapplicabilità dei risultati dello studio di settore alla sua attività imprenditoriale, sia nella fase del contraddittorio, sia in fase contenziosa. Osservava tuttavia che la contribuente non aveva validamente contestato le risultanze degli studi di settore, essendosi limitato il suo rappresentante a chiedere, in sede di contraddittorio, una rimodulazione dei maggiori ricavi accertati, ed avendo dedotto, in sede contenziosa, la crisi del settore autotrasporti senza tuttavia individuarne la incidenza sulla propria azienda e senza specificare le ragioni della notevole riduzione dei redditi.

3. La contribuente ricorre per cassazione su cinque motivi. L’Agenzia delle Entrate replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo è denunciata la omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) individuato nella mancata affermazione, da parte della CTR, dell’esistenza e motivazione delle gravi incongruenze da parte dell’Ufficio, e nell’omissione dell’esame del punto e della valutazione critica, sia in fatto che in diritto.

1.2. Il motivo è inammissibile, sotto più profili.

Innanzi tutto va rilevato che, contrariamente a quanto assume la ricorrente, la CTR ha espressamente riconosciuto l’esistenza di gravi incongruenze, laddove ha affermato che nel caso concreto i redditi si erano notevolmente ridotti rispetto a quelli previsti dagli studi di settore ed ha quindi rimarcato che la parte non aveva validamente contestato gli studi di settore, anche con riferimento alla crisi di settore individuandone l’incidenza sulla propria azienda (fol. 3 della sent.). La censura risulta avulsa da tale statuizione, sia perchè presuppone come non accertate le gravi incongruenze, sulle quali, invece, la CTR si è espressa, sia perchè sostanzialmente sollecita una rivalutazione nel merito inammissibile in sede di legittimità, sia perchè non illustra alcun concreto elemento a difesa che sarebbe stato pretermesso o trascurato dalla CTR.

2.1. Il secondo motivo, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) è infondato.

La ricorrente – dopo aver sostenuto che il presupposto su cui si fonda l’applicazione dello studio di settore è costituito dalle gravi incongruenze, che non possono essere costituite solo dall’elevato differenziale tra i redditi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore, ma deve essere corroborato da indagini contabili, documentali e finanziarie idonee a confermare la gravità dello scostamento e da indicare espressamente nella motivazione dell’avviso di accertamento – lamenta che l’Amministrazione non aveva a ciò ottemperato, provvedendo ad indicare gli elementi di riscontro tardivamente, solo nell’atto di appello, con conseguente nullità dell’avviso di accertamento e che la CTR aveva erroneamente applicato le norme in esame.

2.2. Giova ricordare che questa Corte ha affermato che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con i contribuente” (Cass. SU n. 26635/2009), ed ha definitivamente chiarito che, ferma la facoltà del contribuente sia nella fase amministrativa che in quella contenziosa, di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, “la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.

2.3. Orbene, nel caso di specie, in presenza di gravi incongruenze il contraddittorio si svolse senza sortire esito favorevole per la contribuente e nessun elemento a difesa venne offerto dal rappresentante della contribuente, limitatosi a chiedere una rimodulazione dei maggiori ricavi accertati, come accertato dalla CTR.

Dallo sviluppo motivazionale ed argomentativo si evince la corretta applicazione da parte del giudice di appello dei principi prima enunciati, di guisa che la sentenza è immune da vizi.

3.1. Il terzo motivo, con il quale si denuncia la contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) laddove la CTR fa riferimento all’esistenza della crisi del settore degli autotrasporti, senza poi trarne – secondo la ricorrente – le debite conseguenze che avrebbero imposto una revisione al ribasso della stima dei ricavi risultanti dallo studio di settore, è infondato.

3.2. Non si ravvisa, infatti, alcuna contraddittorietà motivazionale: la CTR, con motivazione puntuale ha spiegato di non aver potuto trarre alcuna conseguenza dalla ricorrenza di una crisi di settore, poichè la contribuente non ne aveva chiarito l’incidenza sulla propria azienda e non aveva dedotto e provato nulla di riferibile al caso concreto. La censura sembra non cogliere tale ratio decidendi, attesa la formale astrattezza del motivo che non riporta, nè indica alcuno specifico elemento di prova offerto e non esaminato.

4.1. Il quarto motivo, con il quale si denuncia la omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, consistente nell’illegittimità dell’accertamento per mancata previa ispezione della contabilità e mancata dichiarazione di inattendibilità della stessa, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) è inammissibile perchè attiene a questione di diritto, circa i presupposti normativamente previsti per l’accertamento basato sugli studi di settore. In proposito va ribadito il principio secondo il quale in tema di ricorso per cassazione, il vizio per violazione o falsa applicazione di legge concerne esclusivamente il profilo dell’errore di diritto e l’interpretazione o l’applicazione di norme giuridiche, mentre il vizio di motivazione, riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguarda esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. n. 26292/2014).

5.1. Il quinto motivo, con il quale si denuncia la omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso consistente nella valutazione della omessa allegazione degli atti richiamati nell’avviso di accertamento (studio di settore, nota tecnica e metodologica, tabelle dei coefficienti, etc.) sia sul piano del fatto (presenza o meno degli allegati), sia sul piano del diritto (obbligo o meno di allegazione a carico dell’Ufficio) è anch’esso inammissibile.

Va osservato che il motivo appare ampiamente carente sul piano dell’autosufficienza, in quanto la mancata trascrizione dei passi degli atti giudiziari della parte, ove la questione sarebbe stata introdotta, non consente di valutarne nè la effettività, nè la portata, nè la tempestività, nè la decisività; la questione appare, inoltre, proposta essenzialmente sul piano del diritto, attendo alla legittimità dell’attività accertativa svolta dall’Ufficio, di guisa che valgono gli argomenti già svolti sub 4.1.

6.1 In conclusione il ricorso va rigettato, infondati i motivi secondo e terzo, inammissibili i motivi primo, quarto e quinto.

6.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

– rigetta il ricorso, infondati i motivi secondo e terzo, inammissibili motivi primo, quarto e quinto;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nel compenso di Euro 3.800,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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