Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7281 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 07/03/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 07/03/2022), n.7281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

IREM Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del

controricorso, dall’Avv. Giuseppe Tinelli, che ha indicato recapito

PEC, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, alla via

delle Quattro Fontane n. 15 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 483, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia sez. di Siracusa pronunciata il 17.1.2014, e

pubblicata 14.2.2014;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate notificava alla IREM Spa l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), attinente al tributo Ires, in relazione all’anno 2006, per un importo di Euro 207.493,00, oltre sanzioni ed accessori. L’Amministrazione finanziaria aveva redatto l’atto impositivo sul fondamento delle risultanze di un processo verbale di costatazione nel quale i verificatori avevano rilevato l’omessa contabilizzazione di una sopravvenienza attiva di valore pari ad Euro 628.767,00. La società si era avvalsa della normativa beneficiale prevista per le imprese operanti nei territori siciliani colpiti dal sisma del 1990, ed in relazione all’anno in contestazione aveva versato il 10/0 dei contributi previdenziali dovuti. Secondo la tesi dell’Ente impositore, però, la società avrebbe dovuto iscrivere in bilancio la somma da ultimo indicata, corrispondente al rimanente 90% dei contributi previdenziali, quale sopravvenienza attiva, ed in conseguenza avrebbe dovuto onorare i relativi oneri fiscali.

2. Avverso l’avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, sostenendo che non potesse configurarsi alcuna sopravvenienza attiva imponibile nell’anno 2006, perché il D.P.R. n. 917 del 1986, (TUIR), art. 88, comma 1, considera tale la riduzione del debito che abbia formato oggetto di formale rilevazione nella contabilità del periodo d’imposta, circostanza non ricorrente, mentre la sopravvenienza era “stata… rilevata nel periodo d’imposta 2002” (ric., p. 4 s.). In ogni caso, in conseguenza della definizione agevolata della pendenza tributaria relativa ai contributi previdenziali, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, stante il disposto di cui al comma 10 della stessa disposizione, rimaneva preclusa ogni attività di accertamento tributario nei confronti della società. La CTP riteneva fondate le ragioni rappresentate dalla contribuente, accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impositivo.

3. L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dalla CTP, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Palermo, sezione staccata di Siracusa, che rigettava il ricorso, confermando l’annullamento dell’avviso di accertamento.

4. L’Agenzia delle Entrate ha impugnato per cassazione la decisione adottata dalla CTR della Sicilia, affidandosi a tre motivi di ricorso. Resiste mediante controricorso la società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 88, in combinato disposto con l’art. 109, del TUIR, in cui è incorso il giudice dell’appello per non aver rilevato che l’importo “condonato” in conseguenza dell’accesso alla normativa beneficiale, corrispondente al 90% del debito per i contributi previdenziali, costituisce comunque una sopravvenienza attiva, perciò imponibile.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate censura la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 363, e della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10, per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile al caso di specie la preclusione ad ogni accertamento tributario conseguente all’adesione alla normativa condonistica, riferibile però alle sole definizioni agevolate relative a tributi, e non a contributi.

3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Ente impositore contesta nuovamente la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10, per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile la disposizione alla fattispecie perché, mentre il comma 17 dello stesso articolo consente di definire la posizione debitoria relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, il comma 10 riguarda solo gli anni dal 1997 al 2002.

4. Mediante il primo strumento di impugnazione, l’Agenzia delle Entrate critica la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR, per aver ritenuto che non costituisca una sopravvenienza attiva assoggettabile a tributo, ai sensi dell’art. 88 TUIR, la riduzione del debito previdenziale, nella misura del 90%, conseguente all’adesione a normativa agevolativa che consente il pagamento nella misura del solo 10% dell’importo dovuto. Secondo la difesa erariale la tesi troverebbe fondamento nel disposto di cui all’art. 109, comma 3, del TUIR, secondo cui “i ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico”, “nell’esercizio di competenza”, come chiarito dal comma 1, esercizio che, nel caso di specie, dovrebbe identificarsi con l’anno 2006, in cui la contribuente ha versato il 10% dell’ammontare del proprio debito previdenziale e conseguito “il diritto alla remissione del restante 90%” (ric., p. 3). L’Agenzia annota pure che “la società, nel bilancio 31.12.2002, avvalendosi della disposizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ha ridotto al 10% non solo i debiti tributari, ma anche quelli nei confronti degli enti previdenziali (sull’errato presupposto che la norma interessasse anche i contributi). A fronte di tale riduzione, veniva rilevata in bilancio una sopravvenienza attiva”. Quindi “nel corso del 2006 (oggetto dell’impugnato avviso di accertamento)… la società si è avvalsa delle disposizioni della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 363, (che estende anche ai contributi la definizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9) ed ha versato il 10% dei contributi ancora dovuti per gli anni 1990-1992. Ciò conferma ulteriormente che il debito verso gli istituti previdenziali era ancora esistente nel 2006…” (ric., p. 3 s).

4.1. La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia ha premesso che la CTP aveva accolto il ricorso della contribuente, ed annullato l’atto impositivo, rilevando che “del TUIRn. 917 del 1986, l’art. 88 prevede che si considerino sopravvenienze attive i ricavi ed altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi finanziari, e nessuna di tali circostanze sussiste ed è stata evidenziata dai verificatori nei bilanci precedenti della società”. Quindi il giudice dell’appello ha aggiunto che “l’Ufficio denunzia la violazione e la falsa applicazione del citato art. 88 richiamando dello stesso testo unico n. 917 del 1986, successivo art. 109, il comma 3 ove si dispone che i ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputate al conto economico. Tale censura è infondata. Non esiste collegamento tra le disposizioni dettate dall’art. 109 e quelle dettate all’art. 88. Le “rimanenze” menzionate nell’art. 109, citato comma 3 sono, infatti, cosa del tutto diversa dalle “sopravvenienze attive” di cui all’art. 88 dello stesso testo unico, per le quali sussiste la affermata necessità che tali sopravvenienze siano iscritte in bilancio in precedenti esercizi finanziari” (sent. CTR, p. 2).

La valutazione espressa dalla CTR non merita le censure che le sono state rivolte dall’Amministrazione finanziaria, anche se la motivazione adottata merita di essere integrata.

4.2. Appare innanzitutto condivisibile che non sia rinvenibile una diretta correlazione, applicabile al caso di specie, delle previsioni di cui agli artt. 88 e 109 del TUIR. La previsione di cui all’art. 88 del TUIR è chiara, disciplina la rilevanza della sopravvenienza attiva, intesa quale sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi. La normativa non è applicabile a quanto non sia iscritto in bilancio, dovendo trovare, se del caso, applicazione istituti diversi.

Inoltre, della L. n. 289 del 2002, l’art. 9, comma 17, dispone, tra l’altro, che i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre del 1990 tra cui, pacificamente, l’odierna ricorrente, “destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi possono definire in maniera automatica la propria posizione…” (evidenza aggiunta). Pertanto la possibilità di accedere alla normativa agevolativa, anche con riferimento a quanto dovuto a titolo di contributi, è stata prevista dalla stessa L. n. 289 del 2002. L’art. 1, comma 263, della finanziaria 2006 (L. n. 266 del 2005), non ha esteso l’agevolazione ai contributi previdenziali, come ritiene l’Amministrazione finanziaria, ma ha differito il termine entro cui le somme dipendenti dall’adesione alla disciplina agevolativa avrebbero potuto essere versate dai contribuenti interessati.

4.3. Rimane da aggiungere che la non condivisibile interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria deve essere respinta anche per ragioni sistematiche, perché sortirebbe un effetto che non sembra possa ritenersi in alcun caso voluto dal legislatore nel caso di specie. In sostanza, a seguire per ipotesi la tesi affermata dall’Ente impositore, il contribuente che si fosse determinato ad accedere alla definizione automatica delle proprie pendenze attraverso il versamento del 10% del tributo, avrebbe dovuto comunque iscrivere il 90% residuo in contabilità quale sopravvenienza attiva, e sarebbe rimasto gravato dall’obbligo di versare gli oneri corrispondenti, risultando in conseguenza oltremodo ridotti i benefici conseguenti all’agevolazione. Ove il legislatore avesse inteso ridurre in maniera tanto rilevante i benefici assicurati dall’adesione a normativa condonistica, è da ritenersi che non avrebbe mancato di chiarirlo esplicitamente.

Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve essere rigettato.

5. Con il secondo strumento di impugnazione l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per aver ritenuto applicabile la preclusione all’accertamento tributario in conseguenza dell’adesione alla normativa beneficiale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 che opererebbe però soltanto in materia di tributi, e non di contributi.

Della L. n. 289 del 2002, art. 9, il comma 17 come ricordato, disciplina la possibilità di accesso alla normativa fiscale di favore in relazione alle somme dovute “a titolo di tributi e contributi”. Della L. n. 289 del 2002, art. 9, il comma 10 a sua volta prevede, nella parte di interesse, che “il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta: a) la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario…”, e non opera alcuna distinzione tra perfezionamento della procedura in relazione a tributi, e perfezionamento della procedura in relazione a contributi, trovando applicazione in relazione ad entrambe. Non solo, è lo stesso testo dell’art. 9, comma 17, che prevede espressamente: “il perfezionamento della definizione comporta gli effetti di cui al comma 10”, e non risulta contestato, nel presente giudizio, che la società IREM Spa abbia correttamente portato a termine la procedura di definizione agevolata.

Anche il secondo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere rigettato.

6. Mediante il terzo strumento di impugnazione l’Ente impositore contesta la ritenuta violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, che riguarda solo gli anni dal 1997 al 2002, per averne la CTR fatto applicazione con riferimento alle previsioni di cui allo stesso art. 9, al comma 10 che riguarda invece gli anni dal 1990 al 1992.

Le previsioni testuali delle due norme in questione sono state innanzi ricordate. Può allora soltanto aggiungersi che dell’art. 9, il comma 10 trova applicazione, per espressa previsione di legge, in riferimento a tutte le disposizioni dettate dall’articolo, indipendentemente dai loro limiti temporali di applicazione, e pertanto anche in relazione alle fattispecie ed ai limiti temporali disciplinati al comma n. 17.

Il terzo motivo di ricorso quindi infondato, e deve perciò essere anch’esso rigettato.

In definitiva, il ricorso deve essere respinto.

7. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate, delle ragioni della decisione e del valore della controversia.

7.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

La Corte:

P.Q.M.

rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre al 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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