Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7280 del 07/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 07/03/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 07/03/2022), n.7280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

IREM Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del

ricorso, dall’Avv. Giuseppe Tinelli, che ha indicato recapito PEC,

ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, alla via delle

Quattro Fontane n. 15 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 353, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia Sez. stacc. di Siracusa l’8.7.2013, e

pubblicata 23.9.2013;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate notificava il 18.7.2011 (ric., p. 4) alla Irem Spa l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), attinente ad Irap, in relazione all’anno di imposta 2006. Mediante l’atto impositivo l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione l’Irap non versata dalla contribuente in conseguenza dell’esenzione dalla tassazione del reddito nei limiti di Euro 100.000.00, sul fondamento di normativa regionale siciliana, in quanto riteneva che la società avesse ecceduto i limiti entro cui in beneficio poteva essere riconosciuto senza violare la normativa Europea “de minimis” in materia di aiuti di Stato. La contribuente aveva indicato, nella dichiarazione relativa ai redditi 2006, un importo in esenzione dalla tassazione del reddito, ai fini Irap, pari ad Euro 100.000,00, il limite massimo consentito nel triennio, ma l’Ente impositore contestava che avesse già fruito della medesima esenzione, per lo stesso importo, in relazione ai redditi conseguiti nel 2004, e non potesse quindi ulteriormente fruirne in alcuna misura, ai sensi del Regolamento CE n. 69 del 2001. La tesi della società era invece che in relazione all’anno d’imposta 2006, e pertanto alla dichiarazione dei redditi presentata nell’anno 2007, avrebbe dovuto applicarsi il Regolamento CE n. 1998 del 2006 che aveva, tra l’altro, elevato l’importo massimo dell’aiuto legittimamente riconoscibile, in tre esercizi finanziari, ad Euro 200.000,00. La contribuente, fidando di poter risolvere la controversia stragiudizialmente, promuoveva procedura di accertamento con adesione, che però non sortiva esito positivo.

2. La contribuente ricorreva quindi avverso l’atto impositivo, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, che rigettava l’impugnativa, ritenendo corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria.

3. La società spiegava appello, avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Palermo, sezione staccata di Siracusa, che rigettava il suo ricorso.

4. Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione la Irem Spa, affidandosi ad otto motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società contesta la violazione dell’art. 2, comma 2, e del decimo considerando del Regolamento CE 15.12.2006, n. 1998, dell’art. 2, comma 2, e quinto considerando del Regolamento CE 12.1.2001, n. 69, nonché della L.R. Sicilia 29 dicembre 2003, n. 21, artt. 14 e 15 per non avere la CTR rilevato che il calcolo dei limiti dell’agevolazione ammissibile, ai sensi del combinato disposto dalla normativa interna ed Europea, non può che essere riferito all’esercizio finanziario in cui l’impresa può avvalersene, pertanto l’anno in cui la dichiarazione dei redditi viene presentata.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la contribuente censura la nullità della sentenza adottata dal giudice dell’appello per non aver pronunciato sulla doglianza relativa alla spettanza dell’agevolazione alla contribuente, ove negata in relazione all’anno 2006, in ordine all’anno 2007, conseguendone l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di procedere alla rettificazione favorevole alla contribuente della dichiarazione dei redditi relativa all’anno successivo.

3. Con il terzo mezzo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la società lamenta la omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, ove si ritenga di poter rinvenire una pronuncia implicita in merito, per non avere la CTR illustrato le ragioni in conseguenza delle quali ritiene non sussistere l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di riconoscere l’agevolazione relativa all’Irap, ove negata per l’anno 2006, in relazione all’anno 2007.

4. Mediante il quarto motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuova formulazione, la ricorrente critica l’omessa pronuncia del giudice dell’appello su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di riconoscere l’agevolazione relativa all’Irap, ove negata per l’anno 2006, in relazione all’anno 2007, e comunque sull’assenza di qualsivoglia pregiudizio economico subito dall’Amministrazione finanziaria nel caso che, la medesima agevolazione, fosse stata erroneamente imputata ad un anno d’imposta piuttosto che ad un altro.

5. Con il quinto strumento di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente contesta la violazione degli artt. 110 e 163 del TUIR, nonché del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 per non avere la CTR rilevato che era obbligo dell’Ufficio, nel momento in cui disconosceva l’agevolazione solo perché richiesta in relazione ad un anno d’imposta in ordine al quale risultava non ammissibile, riconoscerla invece in relazione all’anno per cui risultava applicabile, onde evitare il ricorrere del fenomeno di “duplicazione dell’imposizione” (ric., p. 45).

6. Mediante il sesto mezzo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente censura la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 in relazione agli artt. 2, comma 2, e del decimo considerando del Regolamento CE 15.12.2006, n. 1998, e art. 2, commi 2 e 5 considerando, del Regolamento CE 12.1.2001, n. 69, nonché della L.R. Sicilia n. 21 del 2003, artt. 14 e 15 per non avere la CTR accolto la domanda subordinata di disapplicazione delle sanzioni irrogate alla contribuente, sebbene sussistessero obiettive incertezze sulla portata ed ambito di applicazione della normativa.

7. Con il settimo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la società critica l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, per avere la CTR “completamente omesso l’illustrazione delle ragioni che hanno condotto il giudice di merito a ritenere non integrati, nel caso di specie, gli estremi della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2” (ric., p. 57).

8. Mediante l’ottavo mezzo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuova formulazione, la contribuente lamenta “un’omissione del giudicante in ordine alla disamina fattuale della vicenda contenziosa” (ric., p. 58) per non avere la CTR illustrato le ragioni che l’hanno indotta a ritenere non integrati “gli estremi della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2” (ric., p. 59).

9. La contribuente critica, con il suo primo strumento di impugnazione, la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR, per aver male interpretato il combinato disposto dalla legislazione Europea ed interna, nazionale e regionale, ed avere in conseguenza erroneamente ritenuto che la ricorrente non potesse accedere all’agevolazione relativa all’esenzione da tassazione del reddito, ai fini Irap, in relazione all’anno 2006.

9.1. Occorre innanzi tutto osservare che la ricorrente fonda le proprie contestazioni relative alla violazione di legge, anche sui “considerando” presenti nel testo di due Regolamenti della Unione Europea. Appare opportuno, in proposito, indicare il principio di diritto secondo cui “i ‘considerandò riportati in un Regolamento adottato dalla Unione Europea svolgono la funzione di spiegare le ragioni dell’intervento normativo, integrano la “concisa motivazione” del testo legislativo, come chiarito anche dalla Guida pratica comune del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione, per la redazione dei testi legislativi dell’Unione Europea del 2015, ma non contengono enunciati di carattere normativo”.

9.1.1. Tanto premesso, nella sua motivazione, ampia sul punto, la CTR osserva in materia che, pacificamente, “nel caso di specie la società ricorrente ha beneficiato dell’agevolazione di Euro 100.000,00 per l’anno 2004, dichiarando in esenzione da imposta, il reddito di Euro 2.352,941,00 (aliq. 4,25%) e di ulteriori Euro 100.000,00 per l’anno 2006, dichiarando in esenzione da imposta il reddito di Euro 1.904.762,00 (aliq. 5,25%)”. Il Regolamento CE n. 69 del 2001 fissava il limite massimo dell’agevolazione fruibile in Euro 100.000,00 in un triennio, in conseguenza, se questa è la normativa applicabile, le lagnanze della società sono ingiustificate, avendo essa esaurito il limite massimo dell’agevolazione fruibile già in relazione all’anno d’ imposta 2004.

Al regolamento citato è però succeduto il Regolamento CE n. 1998 del 2006, che ha elevato il limite massimo dell’agevolazione fruibile in tre esercizi finanziari ad Euro 200.000,00. La CTR ha quindi correttamente osservato che “la questione controversa sottoposta al vaglio di questo decidente è relativa alla domanda se nell’ultimo anno del triennio 2004/2006 possa trovare applicazione il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15.12.2006, che al n. 8 ha fissato in Euro 200.000,00 gli aiuti di Stato che non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 87, parag. 1, del trattato”, e possono pertanto essere concessi, rientrando nel regime “de minimis”. Il giudice dell’appello ha quindi espresso la propria valutazione, osservando che “il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001 termina il 31 dicembre 2006; mentre il regolamento (CE) n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006 è applicabile a decorrere dal 1 gennaio 2007. Quest’ultimo regolamento quindi non va ad incidere su alcun aiuto individuale concesso conformemente al regolamento (CE) n. 69/2001 durante il relativo periodo di applicazione” (sent. CTR, p. 2), pertanto fino a tutto l’anno d’imposta 2006.

9.2. La ricorrente contrasta la chiara e lineare ricostruzione della normativa applicabile proposta dalla CTR, con pluralità di argomenti. Riafferma che “il calcolo dell’agevolazione ammissibile non può che essere riferito all’esercizio finanziario nel quale la agevolazione diviene rilevante per l’impresa che la utilizza” (ric., p. 19), pertanto nel caso di specie, avendo la contribuente utilizzato l’agevolazione con la dichiarazione dei redditi presentata nel 2007, sarebbe questo l’esercizio finanziario in relazione al quale dovrebbe stimarsi la ricorrenza delle condizioni per la fruizione dell’agevolazione. Specifica ancora la ricorrente che “il contribuente esercita, quindi, il diritto di fruire di tale agevolazione con la dichiarazione, quando, appunto, manifesta l’opzione non solo in relazione all’an (cioè se avvalersi del beneficio) ma anche al quantum della stessa… non pare revocabile in dubbio che la dichiarazione individui la sede ed il momento in cui sorge il diritto all’agevolazione” (ric., p. 22 s.).

9.3. Le critiche proposte dalla società non appaiono fondate. La stessa ricorrente afferma che, mediante la manifestazione di volontà di avvalersi dell’agevolazione, espressa nella dichiarazione dei redditi, “il contribuente esercita, quindi, il diritto di fruire di tale agevolazione”, e tanto significa che il diritto è già sorto in precedenza, e per l’esattezza quando si è realizzato il suo presupposto, pertanto nel corso dell’esercizio finanziario cui la dichiarazione dei redditi si riferisce, fermo restando che l’esistenza di un diritto non obbliga il titolare ad esercitarlo.

9.4. La contribuente lamenta pure che, mentre il Regolamento CE n. 69 del 2001 prevedeva che “il periodo di riferimento da assumere ai fini della concessione del beneficio era costituito dai tre anni” solari “precedenti alla concessione dell’aiuto di Stato, diversamente, con l’entrata in vigore del Reg. CE n. 1998/2006, il triennio in questione doveva essere calcolato a partire dall’esercizio finanziario nel quale l’aiuto era concesso e dai due esercizi finanziari precedenti” (ric., p. 27). Ora, a parte la considerazione che in generale, nel nostro ordinamento fiscale, ed anche nel caso di specie, la durata dell’esercizio finanziario coincide con l’anno solare, la lettura proposta dalla ricorrente non appare idonea a contrastare la interpretazione della normativa applicabile condivisibilmente proposta dal giudice dell’appello.

9.4.1. L’astratto diritto alla fruizione dell’esenzione Irap è maturata nell’anno 2006, libera la società di avvalersene o meno. La contribuente ha ritenuto di giovarsene, ed ha manifestato la sua volontà nella dichiarazione dei redditi presentata nell’anno 2007. L’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto l’agevolazione perché richiesta, nella misura di Euro 100.000,00, interamente in eccedenza rispetto ai limiti di legge, in quanto la normativa applicabile, in particolare il Regolamento CE n. 69 del 2001, consentiva l’utilizzazione dell’agevolazione nella misura massima di Euro 100.000.00 in un triennio, e la contribuente aveva già usufruito dell’agevolazione, proprio nella misura di Euro 100.000,00, già nell’anno 2004. A questa vicenda rimane estraneo il successivo Regolamento CE n. 1998 del 2006, che è entrato in vigore il 1.1.2007.

Il primo motivo di impugnazione risulta pertanto infondato, e deve essere respinto.

10. Mediante il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso, proposti in relazione alla nullità della sentenza per omessa pronuncia, alla violazione di legge, nonché al vizio di motivazione, secondo la precedente e l’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la società contesta che la CTR non ha pronunciato sulla domanda volta ad affermare l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria, qualora disconosca l’accesso del contribuente ad un’agevolazione, comunque spettante, in un determinato anno d’imposta, di procedere d’Ufficio alla rettifica favorevole delle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente negli anni successivi, applicando l’agevolazione in relazione all’anno ritenuto corretto, anche al fine di evitare il verificarsi del fenomeno della duplicazione dell’imposizione. I motivi di impugnazione presentano profili di connessione, ed esigenze di chiarezza espositiva suggeriscono di trattarli congiuntamente.

10.1. Scrive la ricorrente che “la IREM Spa aveva osservato che, anche ove si fosse ritenuto che la stessa non aveva diritto a fruire dell’agevolazione fiscale in regime “de minimis” per l’anno 2006, comunque non poteva negarsi la sussistenza del relativo diritto per l’anno successivo” (ric., p. 32), “l’Amministrazione finanziaria ha il dovere di elidere il debito del periodo oggetto dell’erronea imputazione con il credito del periodo successivo” (ric., p. 35).

I motivi di ricorso, come proposti, devono ritenersi inammissibili, per più ragioni, e sono comunque infondati.

10.2. La contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo alla propria dichiarazione dei redditi 2007, pertanto riferita all’anno 2006. Nessun atto risulta aver contestato in relazione alla dichiarazione dei redditi conseguiti nell’anno 2007, presentata nell’anno 2008, e neppure emerge che la società abbia domandato rettifiche o rimborsi in merito. Le vicende relative alla dichiarazione dei redditi presentata nel 2008 non riguardano il presente giudizio in cui, anche a ritenere che siano state implicitamente proposte dalla contribuente contestazioni in merito, occorre evidenziare che la parte non ha neppure indicato quale atto avrebbe impugnato, e comunque non ha dimostrato la tempestività di proposizione della censura.

La decisione impugnata non esclude, invero, il possibile diritto della contribuente a fruire dell’agevolazione in relazione ad anno d’imposta diverso da quello oggetto di causa. Inoltre, non si verifica un fenomeno di doppia imposizione qualora un’agevolazione, non consentita in relazione all’anno per cui è stata richiesta, possa essere domandata in relazione ad anno d’imposta diverso ma, nel caso di specie, neppure risulta che la contribuente l’abbia domandata.

10.3. Il potere di rettifica d’ufficio delle dichiarazioni dei redditi successive in favore del contribuente, nei limiti in cui ciò è consentito all’Amministrazione finanziaria (v. D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 8), nel caso di specie non potrebbe essere esercitato in considerazione della natura volontaristica dell’accesso all’agevolazione. La scelta di fruirne, quand’anche essa spetti, è rimessa comunque al contribuente, che può ritenere di avvalersene oppure no, in base alla propria ritenuta di convenienza, esercitando un’opzione che non può essere effettuata in sua vece dall’Ente impositore.

10.4. La pretesa del contribuente risulta pertanto inammissibile, e la CTR non aveva l’obbligo di pronunciarsi in merito. Questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di precisare che “l’omessa pronuncia, qualora abbia ad oggetto una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto, alla proposizione di una tale domanda, non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito”, Cass. sez. V, 16.7.2021, n. 20363.

I motivi di impugnazione dal secondo al quinto devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

11. Mediante il sesto, il settimo e l’ottavo strumento di impugnazione, la società censura la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in base alla precedente ed all’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la CTR accolto la domanda di escludere l’applicabilità delle sanzioni, in considerazione della obiettiva incertezza sulla normativa applicabile, prospettata dalla ricorrente, che importerebbe l’esclusione di ogni sua responsabilità, anche colposa. I motivi di ricorso si presentano omogenei in relazione alle questioni proposte, ed appare perciò opportuno proporne una trattazione comune.

Preliminarmente deve ribadirsi che i “considerando” riportati in un Regolamento adottato dalla Unione Europea svolgono la funzione di chiarire le ragioni dell’intervento normativo, integrano la “motivazione” del testo legislativo, ma non hanno la natura normativa invocata dalla ricorrente.

11.1. Tanto premesso, scrive la CTR in tema di disapplicazione delle sanzioni, domandata dalla ricorrente, che “in ordine al provvedimento di irrogazione delle sanzioni del quale il ricorrente chiede l’inapplicabilità per obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria di favore, il Collegio osserva che, nel caso di specie, la doglianza di parte ricorrente non può essere accolta, atteso che non ricorrono le previsioni di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, e L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3” (sent. CTR, p. 2). La motivazione risulta pertanto presente, è redatta in forma sintetica, ma chiaramente intellegibile. In base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile alla fattispecie, non è più contestabile il vizio di insufficienza motivazionale in sede di giudizio di legittimità. Inoltre, la contribuente neppure indica dettagliatamente quale sia il fatto storico su cui la CTR non avrebbe pronunciato.

11.2. Invero, in materia di non applicazione delle sanzioni vengono in rilievo, come correttamente segnalato dalla ricorrente, le previsioni di cui al D.P.R. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, secondo cui “2. Non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento”.

La ricordata motivazione adottata dalla CTR sul punto appare invero adeguata e condivisibile. La CTR ha ritenuto, alla luce dell’intera ricostruzione della normativa applicabile compiuta in precedenza, e sintetizzata nel corso dell’esame del primo motivo di ricorso, che non risultava integrata un’ipotesi in cui sussistesse un’obiettiva incertezza sulla normativa applicabile, e non ricorrevano pertanto gli estremi per la disapplicazione delle sanzioni in base alla normativa invocata dalla ricorrente. Si è già visto, sempre esaminando il primo motivo di ricorso, che la valutazione circa la normativa applicabile operata dalla CTR appare condivisibile, e non si rinvengono elementi di incertezza in ordine alla stessa. In conseguenza, non ricorrono gli estremi di legge perché le sanzioni possano essere disapplicate.

Ne consegue che pure il sesto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, nella parte in cui non sono inammissibili, risultano comunque infondati.

In definitiva, il ricorso deve essere respinto.

12. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate, delle ragioni della decisione e del valore della controversia. Risulta dovuta anche la corresponsione, da parte della contribuente, del c.d. doppio contributo.

La Corte:

P.Q.M.

rigetta il ricorso proposto dalla IREM Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita Agenzia delle Entrate, e le liquida in complessivi Euro 4.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2022

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