Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7276 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18429-2012 proposto da:

A.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO

PACELLI 14, presso lo studio dell’avvocato GIAN MARIA FRATTINI,

rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA GIUSEPPA PADULA,

CONCETTA GAMBINO, ALBERTO LA GLORIA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 38/2012 della COMM. TRIB. REG. della CAMPANIA

SEZ. DIST. di SALERNO depositata il 16/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2017 dal Consigliere Dott. LA TORRE MARIA ENZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato PENNELLA per delega dell’Avvocato

LA GLORIA che si riporta agli atti e deposita una cartolina verde;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LUISA DE RENZIS che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.P., esercente commercio al dettaglio di carni e prodotti derivati in regime di impresa familiare col coniuge, ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 38/4/12 dep. 16 gennaio 2012. Questa, in relazione a impugnazione di avviso di accertamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), col quale era stato rettificato, previo invio di questionario, il reddito d’impresa (ai fini Iva, Irpef e Irap per l’anno 2006), ritenendo inattendibile la contabilità aziendale, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

Il ricorrente ha depositato successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso A.P. deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d); artt. 2727 e 2729 c.c. e art. 53 Cost.), per avere la C.T.R. statuito, in base a elementi presuntivi non univoci quanto alle percentuali di ricarico e di resa media al macello, non ancorate al dato specifico emerso dall’attività istruttoria (documentazione esibita in sede di questionario), fondando la decisione esclusivamente su studi di settore non adattabili alla specifica realtà aziendale.

2. Col secondo motivo si deduce vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5), non avendo la C.T.R. chiaramente individuato gli elementi sui quali ha fondato il proprio convincimento, essendo stata per contro fornita la prova dal contribuente – in base ad una serie di elementi, quali la diversa natura del bestiame commercializzato, il diverso dato di resa – erroneamente non considerata. In particolare la C.T.R. non ha indicato le ragioni per cui, a fronte delle diverse percentuali di resa e di ricavo indicate, si era determinata ad accogliere le diverse prospettazioni dell’Ufficio.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 2967 c.c., non avendo la CTR fatto buon governo dei principi in base al riparto dell’onere della prova, avendo i giudici di appello omesso di rilevare che il metodo di determinazione dei ricavi in base alla percentuale di resa media era viziato ab origine, in quanto privo di effettivo e concreto riscontro.

4. I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente, si risolvono in un diverso apprezzamento del fatto rispetto alla valutazione, immune da vizi logico – giuridici, compiuta dalla C.T.R., che ha ritenuto la documentazione fornita in esito al questionario inidonea a superare la ricostruzione dell’Ufficio. La C.T.R. ha infatti correttamente applicato il principio del riparto dell’onere della prova in ipotesi di contabilità aziendale inattendibile, che consente all’Ufficio (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d)), di procedere alla rettifica del reddito anche sulla base di presunzioni, gravando sul ricorrente l’onere della prova contraria, nel caso di specie ritenuto non assolto. La CTR ha dato atto che l’Ufficio ha tenuto conto delle risultanze emerse dal questionario ed ha correttamente ricostruito i ricavi conseguiti e non dichiarati.

Non sussiste pertanto nemmeno il dedotto vizio di motivazione, avendo i giudici di appello fatto puntuale riferimento agli elementi addotti dal contribuente (caratteristiche degli animali della zona, percentuali medie di resa, ridotti margini di guadagno), ritenendoli inidonei a superare le presunzioni di maggior reddito. Ciò peraltro in base ad esame della documentazione, espressamente richiamata, ritenuta “non coordinata in relazione ai fatti in contestazione” e alla rilevata irrilevanza degli ulteriori assunti sulle percentuali relative al bestiame indigeno ed estero.

Il ricorso va conclusivamente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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