Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7276 del 14/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 14/03/2019, (ud. 07/02/2019, dep. 14/03/2019), n.7276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6626-2015 proposto da:

P.W., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato DONATO AGRESTA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PESCARA, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato LORENA PETACCIA;

– controricorrente –

e contro

SOGET SPA;

– Intimato –

avverso la sentenza n. 839/2014 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PESCARA, depositata il 24/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/02/2019 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. P.W. propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza 24 luglio 2014, n. 839, con la quale la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo – pur dopo aver dichiarato di accogliere l’appello da lui proposto avverso la decisione di primo grado (CTP Pescara n. 226/1/11) che aveva inopinatamente disposto la compensazione delle spese di lite all’esito di pronuncia di cessazione della materia del contendere per intervenuto sgravio del carico fiscale ingiunto (Ici) – si era ciò nondimeno limitata, in dispositivo, a porre a carico delle controparti, Comune di Pescara e Soget spa, le sole spese del grado di appello.

Resiste con controricorso il Comune di Pescara, mentre nessuna attività difensiva è stata svolta da Soget spa, anch’essa intimata.

Il ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso il P. lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 112 c.p.c.. Per avere la commissione tributaria regionale riconosciuto a suo favore le sole spese del grado di appello, nonostante l’esplicito riconoscimento di fondatezza del gravame da lui proposto avverso la compensazione delle spese di lite ad opera del primo giudice. Compensazione che la stessa commissione tributaria regionale aveva ritenuto illegittima perchè in contrasto con la regola generale di soccombenza; nella specie applicabile nella sua forma ‘virtualè, trattandosi di opposizione ad ingiunzione fiscale da lui proposta stante il pregresso pagamento del tributo ingiunto, così come riconosciuto dalla stessa amministrazione comunale che, nel corso del primo grado di giudizio, aveva infatti disposto lo sgravio totale della pendenza.

p. 2.2 Il ricorso è inammissibile.

Il profilo lamentato non attiene, infatti, ad un vizio di legittimità suscettibile di essere rimediato nella presente sede, bensì ad un errore di natura puramente materiale omissiva, concretatosi nella mancata liquidazione, a favore del ricorrente, delle spese del primo grado di giudizio.

Che si sia trattato di una mera dimenticanza materiale nella redazione del dispositivo della sentenza di appello, e non di un errore di giudizio, si evince univocamente dal netto contrasto tra il dispositivo così formulato ed il tenore della motivazione destinata a sorreggerlo. Motivazione dalla quale emerge la volontà della CTR di senz’altro accogliere l’appello del P. e riformare la sentenza di primo grado sul punto, mediante la piena applicazione – anche per tale grado di giudizio – della regola generale di accollo delle spese di lite secondo soccombenza ex art. 92 c.p.c.. Statuizione, quest’ultima, a sua volta argomentata dal giudice di appello sulla considerazione che il contribuente era stato “costretto” a proporre opposizione all’ingiunzione fiscale poichè tale opposizione costituiva l’unico mezzo per far valere il fatto che la pretesa tributaria (di Euro 245,81 complessivi) fosse già stata da lui estinta integralmente, con l’aggiunta degli interessi e delle spese nel frattempo maturate.

Tutte queste circostanze deponevano, nel ragionamento del giudice regionale, per la non ravvisabilità delle “gravi ed eccezionali ragioni” alternativamente legittimanti, ex art. 92 cit., la compensazione delle spese.

A fronte di tali motivazioni, il dispositivo della sentenza di appello così recita: “accoglie l’appello e condanna gli appellati Soget e Comune di Pescara al pagamento delle spese del grado liquidate in Euro 300,00 per ciascuno”.

E’ dunque evidente che ci si trovi di fronte ad una svista di ordine materiale (lapsus calami), come tale suscettibile di essere rimediata – non già con il ricorso per cassazione – bensì dallo stesso giudice di merito con il procedimento di correzione di cui agli artt. 287 c.p.c. e ss..

Sul punto sono recentemente intervenute le SSUU di questa corte (sent.n.16415/18) le quali hanno statuito, esattamente in termini, che: “a fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art. 429 c.p.c., sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 c.p.c. e ss. per ottenerne la quantificazione”.

Secondo quanto stabilito dalla sentenza delle SSUU in esame – alle cui considerazioni interamente si rinvia – è dunque necessario, una volta che nella motivazione il giudice di merito abbia provveduto col porre le spese a carico del soccombente, che l’omissione dei relativi importi nel dispositivo venga integrata da parte dello stesso giudice di merito, appunto con il procedimento di correzione degli errori materiali (estranea, in quanto tale, alla funzione impugnatoria di legittimità).

E’ ben vero che, successivamente all’arresto delle SSUU, questa corte (Cass. sez. III, n. 29029/18) ha affermato che, per ragioni di ragionevole durata e di economia processuale ex art. 111 Cost., la correzione dell’errore materiale deve ritenersi purtuttavia possibile anche in sede di legittimità; ma ciò è stato affermato per l’ipotesi in cui l’istanza di correzione sia stata veicolata dalla parte attraverso un ricorso per cassazione contenente (anche) altri e diversi motivi di impugnazione, sicuramente rientranti nella cognizione di questa corte.

In tal caso, si è osservato, il principio di economia processuale può prevalere solo in forza del fatto che la corte di legittimità risulti essere stata ammissibilmente investita – appunto su altre domande – di potestà decisionale.

Ora, nel presente procedimento il ricorso per cassazione del P. non contiene motivi diversi ed ulteriori rispetto a quello – erroneamente dalla parte qualificato, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come violazione e falsa applicazione normativa – volto ad ottenere, come detto, l’integrazione materiale del dispositivo quanto ad accollo e liquidazione delle spese del primo grado di giudizio.

Le spese di questo giudizio vengono compensate, in ragione del solo recente sopravvenire del su riportato indirizzo giurisprudenziale.

PQM

La Corte

– dichiara inammissibile il ricorso;

– compensa le spese;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 7 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019

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