Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7276 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2022, (ud. 23/02/2022, dep. 04/03/2022), n.7276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22438/2012 R.G. proposto da:

MARO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, difesa

e rappresentata per procura speciale dal prof. Avv. Valerio Ficari,

e dall’avv. Stefano Parisi, Presicce, con domicilio eletto presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, via Lungotevere Raffaello Sanzio, n.

9.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per il

Lazio n. 108/28/12, depositata il 20/6/2012 e notificata il

24/7/2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 febbraio 2022

D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8-bis, convertito

dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, – dal Consigliere Dott. Michele

Cataldi;

dato atto che il Sostituto Procuratore Generale Dott. Locatelli

Giuseppe ha chiesto di rigettare il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. In data 15 aprile 2006, l’Agenzia delle Entrate notificò alla Maro s.r.l., esercente la gestione di supermercati, un avviso di accertamento con il quale, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, rettificò il modello unico 2004, per l’anno d’imposta 2003, accertando maggiore Irpeg e Irap, a causa del disconoscimento della deducibilità sia di costi relativi all’acquisto di merci, ritenuti non di competenza dell’esercizio in questione; sia di parte dei costi per la promozione di un marchio, comune ad altre società operanti nel settore con la medesima insegna, con conseguente ripartizione delle relative spese tra tutte le società utilizzatrici, e quindi con inerenza solo parziale dei costi rispetto alla contribuente accertata.

2. Impugnato il predetto alto dalla contribuente, previa presentazione di istanza di accertamento con adesione in data 10 maggio 2006, l’adita Commissione provinciale di Roma rigettò il ricorso, con la sentenza n. 120/02/09, depositata il 6 aprile 2009.

3. Proposto appello principale dalla contribuente, l’Ufficio propose appello incidentale, con il quale censurò la sentenza impugnata per non aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo della s.r.l., che non gli sarebbe mai stato notificato.

La contribuente eccepì che era passata in giudicato altra sentenza della medesima CTP, la n. 527/02/2010, emessa il 22 ottobre 2010 e depositata 11 dicembre 2010, che aveva accolto il ricorso della medesima s.r.l. avverso la cartella di pagamento relativa all’iscrizione a ruolo, a titolo definitivo, della pretesa di cui all’avviso d’accertamento de quo.

In tale decisione, eccepì la contribuente, si dava atto dell’avvenuta impugnazione dell’atto impositivo presupposto dalla cartella di pagamento e della pendenza del relativo giudizio, quindi era stato accertato, ormai irrevocabilmente, che era stato notificato all’Ufficio il ricorso introduttivo avverso il medesimo atto d’accertamento sub iudice innanzi la CTR.

La Commissione tributaria regionale per il Lazio, con la sentenza di cui all’epigrafe, dichiarò inammissibile il ricorso introduttivo della contribuente, in quanto mai notificato all’Ufficio, con la seguente motivazione: ” La contribuente, in sede di presentazione del ricorso avverso la cartella di pagamento, notificato all’Ufficio in data 18-10-06, aveva affermato che l’avviso di accertamento era stato consegnato direttamente all’Ufficio-reparto TEAM IIDD/IVA che l’aveva protocollato con n. (…). Il Collegio rileva che in data 18-10-06 non era stato presentato il ricorso, ma solamente una istanza di autotutela. Tra l’altro, l’atto suddetto è stato presentato oltre i termini previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992. Infatti, la notifica dell’avviso di accertamento è avvenuta il 15-04-06 e la nota suddetta (che si ripete non è il ricorso) è stata consegnata il 18-10-06 e, quindi, oltre il termine prescritto che scadeva il 14-06-06.”.

4. Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, illustrati anche con memoria. L’Agenzia delle Entrate si è difesa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva preliminarmente il Collegio che con ordinanza interlocutoria questa Corte aveva disposto l’acquisizione del fascicolo d’ufficio relativo ai gradi di merito che, nonostante la sollecitazione all’invio, non è stato trasmesso dal giudice a quo.

Ritiene tuttavia il Collegio che, in ragione delle difese delle parti e della documentazione allegata in questa sede, il ricorso possa comunque essere deciso, peraltro anche in ottemperanza alla necessità della sua definizione in una ragionevole durata, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 2.

2. Con il primo motivo di ricorso, la contribuente lamenta sia la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo stato il ricorso introduttivo ritualmente notificato, il 18 ottobre 2006, tramite consegna presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS), unitamente all’istanza di autotutela; sia la violazione dell’art. 2909 c.c., e art. 115 c.p.c., in quanto tale circostanza era stata accertata dalla C.T.P. di Roma con la predetta sentenza n. 527/2/2010, passata in giudicato, pronunciata all’esito del procedimento introdotto dal ricorso della medesima contribuente avverso la cartella di pagamento, emessa sul presupposto che l’avviso d’accertamento de quo fosse definitivo e potesse essere riscossa interamente la relativa pretesa erariale. Viceversa, la sentenza resa dalla CTP ha dato atto che l’accertamento era ancora sub iudice ed ha quindi ridotto l’importo oggetto della cartella nei limiti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15.

Secondo la ricorrente, tale sentenza dovrebbe pregiudicare irrevocabilmente l’accertamento circa l’avvenuta proposizione del ricorso, da parte della contribuente, avverso l’atto impositivo presupposto dalla cartella e qui in discussione.

3. Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la C.T.R. omesso di considerare il passaggio in giudicato e la rilevanza del giudicato esterno della sentenza della CTP di Roma n. 527/2/2010, nella parte in cui essa aveva statuito sulla regolarità della notifica del ricorso avverso l’avviso d’accertamento.

4. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, e del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR affermato la tardività del ricorso, senza considerare che il termine di 60 giorni era sospeso per ulteriori 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, che la contribuente aveva depositato il 10 maggio 2006. Pertanto, considerando anche l’ulteriore sospensione feriale dei termini di 45 giorni, il termine per ricorrere contro l’accertamento sarebbe scaduto il 28 ottobre 2006, per cui era tempestiva ed ammissibile la notifica del ricorso effettuata, tramite consegna all’Agenzia, il 18 ottobre 2006.

5. Con il quarto motivo si lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR ritenuto l’inammissibilità del ricorso motivata con la generica formula “esaminati gli atti”, senza considerare l’avvenuta sospensione dei termini di impugnazione, per effetto dell’istanza di accertamento con adesione e dei termini feriali, e il passaggio in giudicato della ridetta sentenza n. 527/2/10 della C.T.P. di Roma, pur menzionata nella narrativa, così da impedire l’identificazione dell’iter logico-giuridico seguito.

6. I primi quattro motivi del ricorso vanno trattati congiuntamente, giacché attengono tutti la questione della contestata inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente, che la CTR ha dichiarato per due rationes decidendi distinte:

a) l’inesistenza (non meramente giuridica, ma sostanziale) del ricorso, nel senso che l’atto che è stato consegnato direttamente all’Ufficio il 18 ottobre 2006 costituirebbe “solamente un’istanza di autotuela”, una “nota”, ma non un ricorso;

b) ove pure l’atto consegnato direttamente all’Ufficio il 18 ottobre 2006 fosse un ricorso, la sua proposizione, in tale data, sarebbe tardiva, in quanto avvenuta dopo la scadenza del termine di decadenza, maturata il 14 giugno 2006.

Tanto premesso, deve innanzitutto rilevarsi che l’eventuale esclusione che l’atto consegnato direttamente all’Ufficio il 18 ottobre 2006 fosse un ricorso avverso l’accertamento priverebbe ovviamente di rilevanza la verifica della tempestività o meno della consegna rispetto al termine per proporre il ricorso introduttivo.

Inoltre, per focalizzare il thema decidendum, è bene sottolineare che un atto della contribuente (quale che ne sia l’effettiva natura ed a prescindere dalla sua tempestività) ha dato comunque origine alla pendenza del giudizio di merito che ha prodotto infine la sentenza qui impugnata.

6.1. Ai fini di entrambe le questioni, deve innanzitutto rilevarsi che non è in radice sostenibile, già in astratto, la sussistenza di un eventuale giudicato ex art. 2909 c.c., che si sia in ipotesi formato su una questione di rito, quale quella dell’ammissibilità dell’impugnazione introduttiva dell’atto impositivo, tanto più ove si affermi che si tratti addirittura di giudicato esterno, formatosi in altro procedimento.

Infatti “La statuizione su una questione di rito – sebbene non sia idonea a produrre gli effetti del giudicato sostanziale – dà luogo al giudicato formale limitatamente al rapporto processuale nel cui ambito è emanata, con effetto preclusivo del riesame della medesima questione, laddove detta statuizione non sia stata impugnata da alcuna delle parti.” (Cass., Sez. Un., 17/11/2021, n. 35110; conformi Cass. 16/04/2019, n. 10641; Cass. 22/10/2020, n. 23130; Cass. 09/09/2021, n. 24371).

Deve pertanto escludersi a priori che la ridetta sentenza della CTP, resa in sede del diverso procedimento avente per oggetto la cartella di pagamento, potesse e possa costituire un giudicato esterno preclusivo della verifica dell’ammissibilità dell’impugnazione, da parte della contribuente, dell’accertamento presupposto.

Ferma tale premessa, sufficiente a respingere i motivi di ricorso nella parte in cui eccepiscono il giudicato e la sua mancata considerazione, deve per completezza rilevarsi che la stessa motivazione della sentenza dalla quale dovrebbe scaturire il preteso “giudicato”, nella parte trascritta ed enfatizzata nel ricorso per cassazione, evidenzia inequivocabilmente come la CTP, investita del ricorso avverso la cartella di pagamento, si sia limitata (né avrebbe potuto fare altrimenti) a dare atto che era stata provata la pendenza di un procedimento di impugnazione dell’atto impositivo presupposto, per cui l’Amministrazione non poteva iscrivere a ruolo l’intero tributo richiesto ma solo, provvisoriamente, parte di esso. La CTP in questione non si è quindi neppure pronunciata sull’ammissibilità di tale diverso giudizio, del quale non era investita in quel procedimento.

6.2. Tanto premesso, deve rilevarsi che la notifica del ricorso introduttivo della contribuente è disciplinata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, il quale dispone che “Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto, ovvero all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.”. La disposizione trova poi corrispondenza nel successivo art. 22 che, a proposito della costituzione del ricorrente, stabilisce che “Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della commissione tributaria adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l’originale del ricorso notificato a norma dell’art. 137 c.p.c. e seguenti, ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale.”.

Pertanto, la prova del perfezionamento della notificazione del ricorso introduttivo deve essere data, necessariamente, attraverso la produzione in giudizio mediante produzione della copia dell’atto notificato, sulla quale sia apposta la ricevuta sottoscritta dall’impiegato addetto dell’ufficio finanziario. Al riguardo, infatti, questa Corte ha già rilevato che ” Nel processo tributario, la notificazione del ricorso introduttivo che, in forza del rinvio operato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 20, al precedente art. 16, comma 3, può essere effettuata “all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”, va ritenuta inesistente qualora, sulla copia dell’atto depositato, manchi la sottoscrizione di un qualsivoglia impiegato del comune destinatario, non essendo sufficiente, per considerare completate le modalità della notifica, un qualunque altro documento, diverso ed estraneo alla copia del ricorso, dal quale risulterebbero le circostanze della consegna dell’atto.” (Cass. 24/02/2012, n. 2816; conforme Cass. 03/02/2017, n. 2905).

Nel caso di specie, la ricorrente (cfr. pag. 12 del ricorso per cassazione) non ha allegato la stessa esistenza di una copia del ricorso che fosse munita, in calce, della sottoscrizione per ricevuta, assumendo unicamente di aver ricevuto, all’esito della consegna, la ricevuta, datata 18 ottobre 2006 (prodotta in questa sede sia quale allegato 15 al ricorso per cassazione che quale allegato al controricorso), che attesterebbe la contestuale notifica di un’istanza di autotutela e del ricorso avverso l’avviso d’accertamento in questione.

Tanto meno, del resto, la ricorrente ha dedotto di aver prodotto, nel giudizio di merito, copia del ricorso consegnato munita in calce di tale sottoscrizione per ricevuta, né l’ha riprodotta nel ricorso, allegando piuttosto, anche in questa sede, copia dell’atto introduttivo priva di tale attestazione (all. 5 ricorso).

Nella sostanza, quindi, caposaldo dei motivi di ricorso in decisione è (in disparte l’eccezione di giudicato, sulla quale ante si è detto), l’allegazione della contribuente che affida la dimostrazione dell’avvenuta notifica del ricorso introduttivo unicamente alla “ricevuta”, datata 18 ottobre 2006, che dovrebbe attestare la contestuale consegna, presso l’Agenzia, sia di un’istanza di autotutela che, ai fini della notifica, del ricorso introduttivo avverso l’atto impositivo controverso.

Tuttavia, per le ragioni già chiarite, tale documento è comunque inidoneo a provare l’avvenuta notifica del ricorso introduttivo.

Ferma tale premessa, sufficiente al rigetto dei motivi in esame, deve rilevarsi inoltre che non è specificamente censurato (a prescindere dall’infondata rilevanza del preteso giudicato esterno) l’accertamento puntuale, in fatto, della CTR in ordine al contenuto di tale “ricevuta”, ovvero che da essa si ricava che “non era stato presentato il ricorso, ma solamente una istanza di autotutela.”. Conclusione che, peraltro, trova comunque corrispondenza nella ricevuta prodotta (allegato 15 al ricorso per cassazione) anche in questa sede, che nell’oggetto, indica “IST.ANN. RCD (OMISSIS)”, ovvero dà atto della presentazione di un’istanza di annullamento avverso l’avviso sub iudice.

Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata rende conto in maniera logica e comprensibile delle ragioni per le quali, come ribadisce più volte, accerta che il ricorso non è stato consegnato e notificato.

Resta, pertanto, assorbita la questione relativa alla tempestività o meno della notifica del ricorso introduttivo.

7. Sono inammissibili il quinto, il sesto ed il settimo motivo, che attingono, sotto diversi profili, il merito dei rilievi di cui all’accertamento controverso. Infatti per questa Corte, ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione (Cass., sez. 1, 16 giugno 2020, n. 11675; Cass., 19 dicembre 2017, n. 30393; Cass., sez. un., 30 ottobre 2013, n. 24469).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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