Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7275 del 16/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 16/03/2021), n.7275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26821-2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI, 5, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CALDERARA,

rappresentato e difeso dagli avvocati MILENA FERRINI, PIER GIUSEPPE

DOLCINI;

– ricorrente –

contro

BG SAS DI B.G. E C., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI

UBALDI, 66, presso lo studio dell’avvocato SIMONA RINALDI GALLICANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CHIARA BRUNELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte di appello di Bologna con sentenza n. 53/2018 aveva rigettato l’appello proposto da B.A. avverso la decisione con cui il tribunale di Forlì aveva respinto la domanda dallo stesso proposta nei confronti della B.G. sas di B.G. & C. diretta al riconoscimento del diritto a percepire gli emolumenti maturati in ragione di un contratto di lavoro a progetto sottoscritto in data 5.5.2003.

La Corte territoriale, confermando la decisione del tribunale, aveva ritenuto che non fosse emersa prova certa del contratto di co.co.pro in questione così come dall’attività istruttoria svolta non era emersa la prova di attività lavorativa diversa ed ulteriore rispetto a quella oggetto di valutazione da parte di ctu, considerata ai fini della valutazione di liquidazione della quota societaria detenuta dal ricorrente.

Avverso tale decisione quest’ultimo proponeva ricorso affidato a cinque motivi cui resisteva con controricorso la società B.G. sas di B.G. & C., anche insistendo per la condanna al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Entrambe le parti depositavano successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con il primo motivo è dedotta l’omessa motivazione e l’omesso esame di fatto decisivo (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) in ordine alla mancata ammissione della consulenza tecnica grafologica della firma apposta al contratto di lavoro a progetto, nonchè la violazione degli artt. 216 e segg. c.p.c..

Parte ricorrente lamenta la mancata ammissione della perizia grafologica la cui richiesta, già svolta in primo grado, era stata rigettata dal tribunale e poi dalla corte di appello.

Il motivo è inammissibile. Secondo l’orientamento già espresso da questa Corte ed al quale si intende dare seguito, nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5 il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 5528/2014).

Nella specie la decisione della Corte di merito, nel confermare integralmente la sentenza del Tribunale, ha condiviso la valutazione sui fatti compiuta dal giudice di prime cure.

L’adesione del Giudice di appello rispetto al giudizio di fatto espletato dal Tribunale rende evidente come quest’ultimo costituisca il fondamento della decisione di rigetto dell’appello, rispetto alla quale alcuna differente e opposta allegazione, circa l’eventuale contrasto tra le decisioni, è stata invece formulata dal ricorrente.

Il motivo si appalesa quindi inammissibile anche considerando, peraltro, che si tratta di valutazione di merito in ordine alla ammissione di mezzi istruttori, non sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti di una irragionevole motivazione posta a base della decisione assunta, non ricorrente nel caso di specie (Cass. n. 1754/2012).

2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 210,254 e 257 bis c.p.c. per la indebita utilizzazione della dichiarazione del sig. Bi.Va. spedita con lettera al tribunale di Forlì.

Il ricorrente si duole della valutazione attribuita dal tribunale e dalla corte alla dichiarazione resa dal Collegio arbitrale (e per questo dal sig. Bi.Va.) circa la consegna del contratto di lavoro in oggetto al collegio arbitrale, affermata dal ricorrente ed invece negata dal Bi..

Il motivo è inammissibile poichè ha ad oggetto la valutazione di materiale probatorio su cui la corte territoriale ha espresso il proprio giudizio con una precisa statuizione che ha dato conto della dichiarazione resa dal Bi. e di come questa non sia mai stata contestata dal ricorrente. Si tratta all’evidenza di una valutazione di merito estranea ad ogni possibilità di nuovo esame da parte del giudice di legittimità. Peraltro deve anche soggiungersi che la decisione della corte territoriale sul contratto è anche basata su altre ragioni, quali i dubbi sulla sua autenticità.

3) Con il terzo motivo è dedotta la omessa motivazione sulle ragioni del rigetto della richiesta prova testimoniale circa l’esistenza del documento cartaceo.

Il motivo è inammissibile. La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. SU n. 8053/2014; Cass. 22598/2018).

4) Con il quarto motivo parte ricorrente si duole dell’illegittimo rigetto della richiesta di prova testimoniale sul lavoro svolto, della violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 62 e segg. e D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 52 e art. 2126 c.c. e dell’art. 36 Cost..

Il motivo censura la mancata ammissione della prova testimoniale ma non riporta gli specifici capitoli a riguardo articolati, così risultando privo del necessario requisito di specificità. Questa Corte sul punto ha chiarito che “Il ricorrente… ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative” (Cass. n. 19985/2017; Cass. n. 23194/2017). 5)Con l’ultimo motivo è lamentata la errata valutazione, da parte del giudice d’appello, della ctu svolta in primo grado (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 4), con il conseguente vizio di omessa motivazione o considerazione su un punto decisivo della controversia, oggetto della discussione tra le parti. Anche tale motivo è inammissibile poichè anche in questo caso si è in presenza di una ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5 trattandosi di valutazione di merito “conforme” nei due gradi di giudizio dinanzi al tribunale ed alla corte di appello, rispetto alla quale non è stata evidenziata nessuna divergenza interna alle ragioni del decisum dei due giudici (Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 5528/2014).

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021

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