Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7274 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26254-2011 proposto da:

SPS SRL, in persona dell’Amm.re Unico e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GUALTIERO CANNAVO’ giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2011 della COMM.TRIB.REG. della SICILIA

depositata l’08/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato CANNAVO’ che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso, rigetto dei restanti motivi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.P.S. s.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 39/27/11 dep. 8 aprile 2011, che su impugnazione di avviso di accertamento emesso a seguito di verifica della Guardia di finanza (che aveva ridotto la perdita dichiarata per l’anno 1996, recuperando a tassazione costi ritenuti indeducibili, con conseguente accertamento di una maggiore imposta ai fini Irpeg e Ilor), in riforma della sentenza di primo grado, di parziale accoglimento del ricorso della società, ha accolto l’appello dell’Ufficio e disatteso l’appello incidentale della società.

In particolare la C.T.R. ha considerato violazione sostanziale e non meramente formale l’omessa registrazione nel libro cespiti ammortizzabili della detrazione dell’ammortamento (ai sensi del TUIR; del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16 e art. 61, comma 3); corretto il recupero dei costi (sostenuti da altro soggetto, denominato M.M., affittuario del bar annesso alla struttura (OMISSIS), di proprietà della S.P.S.), relativi a fatture che indicavano un luogo di destinazione diverso dalla sede della società accertata; indeducibili gli interessi passivi, per essere stati imputati ad altro esercizio di competenza (in quanto detraibili esclusivamente nell’esercizio di competenza, ex art. 75 TUIR).

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso S.P.S. s.r.l. deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato, in relazione ad uno specifico motivo contenuto nell’appello incidentale della società, ove era stata dedotta l’illegittimità della ripresa a tassazione delle spese sostenute per il rilascio del complesso aziendale (sito in Modelle, ME), sulla base di un lodo arbitrale rinvenuto in sede di verifica.

2. La censura è fondata, avendo la sentenza impugnata totalmente omesso di pronunciarsi sulla domanda contenuta nell’appello incidentale della società, riportata nel presente ricorso in adesione al principio di autosufficienza, così ricorrendo il vizio denunciato di nullità della sentenza per error in procedendo (correttamente censurato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4).

3. Col secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione al recupero a tassazione delle quote di ammortamento (D.P.R. n. 695 del 1996, art. 5 abrogativo dell’art. 75 TUIR, comma 6), avendo la C.T.R. ignorato l’efficacia retroattiva della norma abrogativa che ha ritenuto la mancata iscrizione nel registro beni ammortizzabili non ostativa alla deducibilità dei relativi costi.

Questo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo Cass. n. 24385/2016), occorre in generale distinguere, in tema di determinazione del reddito d’impresa, tra le violazioni degli obblighi relativi alla contabilità costituenti infrazioni di carattere sostanziale, e violazioni di carattere meramente formale (cfr. Cass. n. 2315/01; n. 22554/08).

Le violazioni che qui rilevano concernono un obbligo relativo alla contabilità di natura sostanziale, il cui inadempimento ostacola le attività di accertamento: va pertanto confermato il principio secondo cui, ai fini della deducibilità dal reddito di impresa, le quote di ammortamento dei beni strumentali debbono comunque essere registrate nel registro dei cespiti ammortizzabili, a norma dell’art. 16 del d.P.R. 600/73 (v. Cass. n. 24385 del 2016 cit.; n.9876 del 2011). Ne deriva che il relativo adempimento rappresenta un presupposto della deducibilità, condizionando l’accertamento della condizione posta a base del criterio di inerenza. In mancanza l’ufficio ha il potere di ritenere indeducibili costi e oneri che il contribuente ha incluso tra le componenti negative del reddito (v. Cass. n. 16702/05).

E’ pertanto corretta l’impugnata sentenza, che sulla base dell’art. 75 TUIR, comma 6 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16, comma 1, nel testo vigente ratione temporis, ha statuito che l’omessa annotazione delle componenti negative del reddito sul libro dei cespiti ammortizzabili determina la loro indeducibilità.

Nè può avere rilevanza l’abrogazione dell’art. 75 TUIR, comma 6 (ex D.P.R. n. 695 del 1996, art. 5), che comporta solo un ampliamento del regime della prova dei costi da parte del contribuente (il quale può provare di avere effettuato detta annotazione in altre scritture contabili: v. Cass. n. 528/2007), senza incidere sulle regole generali della ripartizione dell’onere della prova (Cass. n. 4755 del 2010; n. 19489 del 2010): onere che, nel caso di specie, non risulta assolto.

4. Col terzo motivo si deduce vizio di motivazione sulla valenza probatoria della presunzione sul recupero di costi per beni destinati a sede diversa da quella della società (di cui a tredici fatture di acquisto di materiale edile).

5. Col quarto motivo si deduce violazione di legge (art. 75 TUIR, comma 5) in ordine all’acquisto di beni con destinazione in luogo diverso da quello della sede della società.

6. Col quinto motivo si deduce vizio di motivazione riguardo alla ripesa a tassazione dei costi che sarebbero stati sopportati da ditta diversa ( M.M.) affittuaria dell’Hotel (OMISSIS).

Gli indicati motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno respinti.

Trattasi di questioni di fatto su cui l’impugnata sentenza ha congruamente motivato, limitandosi la ricorrente ad opporre un diverso e non consentito apprezzamento.

Correttamente la CTR ha infatti confermato l’accertamento quanto alle fatture intestate alla società contribuente ma recanti altro luogo di destinazione; ed ha altresì ritenuto a carico della ditta individuale M.M., affittuaria dell’azienda sita in (OMISSIS) di proprietà della S.P.S., i costi, come risultanti dalla documentazione esaminata e richiamata (p.v.c. e lodo arbitrale).

7. Col sesto motivo si deduce vizio di motivazione sui costi per interessi passivi, erroneamente considerati non documentati e non di competenza, omettendo di differenziare gli interessi ritenuti indeducibili perchè non documentati dagli interessi ipotecari e di mora perchè non di competenza per l’anno in questione (1996).

Questo motivo è fondato.

La ricorrente riporta l’accertamento, la sentenza di primo grado e l’atto di appello dell’Ufficio nella parte attinente al recupero degli interessi, ove è possibile rilevare che nulla è stato argomentato quanto alla mancata documentazione degli interessi passivi (contenuti in diversa parte dell’accertamento, riferito ai fogli 8-9 del p.v.c. e ammontanti a Lire 206.722.119).

Sussiste pertanto il dedotto vizio di motivazione, essendosi la C.T.R. limitata a confermare – correttamente – la indeducibilità degli interessi passivi in violazione del principio di competenza temporale, di cui all’art. 75 TUIR, senza però nulla statuire in ordine agli interessi passivi relativi ad alcune rate di mutuo bancario ipotecario, la cui ripresa è stata motivata nell’accertamento da un difetto di documentazione (mancanza di ricevuta o altro documento bancario attestante il pagamento), contestato dalla società contribuente e non esaminato dai giudici di appello.

8. Col settimo motivo si deduce violazione degli artt. 346 e 112 c.p.c.; D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, per avere la C.T.R. esaminato un rilievo contenuto nell’avviso di accertamento e non riproposto dall’Agenzia appellante in ordine al recupero degli interessi non documentati.

9. Con l’ottavo motivo si deduce violazione di legge (art. 342 c.p.c.), sul giudicato formatosi sugli interessi ritenuti non documentati.

Il settimo e l’ottavo motivo sono infondati.

In tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento – come il corrispondente art. 346 c.p.c. – all’appellato, e non all’appellante. Pertanto, avuto riguardo al carattere impugnatorio del giudizio tributario, alla qualità di attore in senso sostanziale rivestita dall’Ufficio e all’indisponibilità della pretesa, alla quale l’Amministrazione non può rinunciare se non nei limiti dell’autotutela (cfr. Cass. n. 8332 del 2016, n. 13695 del 2009; n. 28018 del 2009), non può desumersi la rinuncia a far valere un motivo di impugnazione. Specie laddove l’Amministrazione abbia contestato – come nel caso in esame – la decisione della C.T.R. sul mancato recupero degli interessi passivi, ancorchè non abbia specificamente eccepito la mancata prova sulla deducibilità di tali costi.

10. In conclusione vanno accolti il primo e il sesto motivo del ricorso e rigettati i restanti; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e il sesto motivo del ricorso; rigetta il secondo, terzo, quarto, quinto, settimo e ottavo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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