Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7271 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. I, 26/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 15458 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2004, proposto da:

COMUNE DI OLIENA (NU), in persona del sindaco p.t., autorizzato al

ricorso con Delib. G.M. 6 aprile 2004, n. 61 ed elettivamente

domiciliato in Roma alla Via Vallisneri n. 11, presso l’avv. Paolo

Pacifici, che, anche disgiuntivamente con l’avv. CABIDDU Luigi da

Nuoro, rappresenta e difende l’ente locale, per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.M., P.A., P.P.,

P.P.M., tutti elettivamente domiciliati in Roma,

alla Via dei Gracchi n. 292/A, presso l’avv. DI GIACOMO Guido e

rappresentati e difesi, per procura in calce al controricorso,

dall’avv. Angelo Mocci da Nuoro;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, n. 387 del 3

novembre – 17 dicembre 2003, notificata il 14 maggio 2004, al

difensore domiciliatario del comune.

Udita, all’udienza del 21 gennaio 2010, la relazione del Cons. Dr.

Fabrizio Forte.

Udito il P.M., Dr. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, il quale ha concluso

per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Cagliari ha pronunciato la sentenza di cui in epigrafe in sede di rinvio disposto dalla sentenza di questa Corte n. 3319 del 2000, che aveva cassato altra sentenza del 18 aprile 1997 della sezione di Sassari della stessa Corte di merito, sull’opposizione alla stima dell’indennità di occupazione proposta, da C.M.M., A., P.M. e P.P. nei confronti del Comune di Oliena, cassando la pronuncia di merito e rinviando la causa “alla Corte d’appello di Cagliari, che dovrà determinare l’indennità spettante agli espropriati, applicando il principio enunciato” nella stessa decisione del 2000.

Con tale sentenza la Cassazione aveva solo precisato la già riconosciuta natura edificabile delle aree ablate comprese nel P.E.E.P. di Oliena, sancendo che dovessero valutarsi con detrazione degli oneri di urbanizzazione e tenendo conto degli indici fondiari di tale piano particolareggiato, e non in rapporto agli indici di edificabilità del Piano di Fabbricazione dell’ente locale. Su tale presupposto, la Corte d’appello in sede di rinvio, sostanzialmente facendo proprie le conclusioni delle stesse parti in diritto, ha determinato l’indennità di espropriazione non impugnata in questa sede ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis.

Con l’accoglimento della tesi dei privati espropriati e in contrasto con quella del comune, la stessa corte ha poi calcolato l’indennità di occupazione negli interessi legali del valore di mercato delle aree per ciascun anno in cui le stesse erano state legittimamente occupate, fissandola in Euro 66.127,91, con gli interessi legali dalla scadenza di ciascuna annualità al saldo e condannando l’ente locale alle spese del giudizio.

In sede di riassunzione a seguito della richiamata pronuncia della Cassazione n. 3319 del 2000, gli attori C. e P., avevano dedotto che il Comune di Oliena non aveva in alcun modo impugnato la statuizione della Corte di merito del 1997, per la quale “la indennità di occupazione provvisoria doveva essere calcolata in misura pari all’importo degli interessi legali che sarebbero maturati sulla somma corrispondente al valore di mercato dell’area espropriata”, con la conseguenza che la modalità di calcolo di tale indennità costituiva giudicato ancora vincolante in sede di rinvio.

Per la cassazione di tale sentenza, notificata all’ente locale l’11 maggio 2004, propone ricorso di sette motivi illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c, notificato il 28 giugno 2003, il Comune di Oliena, cui replicano, con controricorso notificato il 21 settembre 2009, la C. e i P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso censura la sentenza di merito per violazione dell’art. 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 383 e 384 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., per avere la Corte d’appello, in accoglimento della domanda degli espropriati, considerato passato in giudicato il criterio di liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, fissato nel 1997 nella sentenza cassata per il pregresso ricorso accolto, in una percentuale costituita dagli interessi legali del valore venale delle aree, invece che dell’indennità di espropriazione.

La Corte, in sede di rinvio, invece di riesaminare tutte le domande proposte con proprie statuizioni, comportandosi come giudice di appello invece che in unico grado, ha ritenuto le fosse precluso rideterminare il criterio di liquidazione già adottato, prima della cassazione dalla sentenza oggetto del precedente ricorso, non tenendo conto che doveva riesaminare invece l’intera materia del contendere, compreso detto criterio (il ricorso cita nel senso da esso preteso, tra altre, Cass. 18.3.2003 n. 3970, 10.4.2003 n. 5681, 12.7.2000 n. 9244, 6.11.2001 n. 13696, 13.9.1997 n. 9095).

1.2. Si lamenta poi la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè, anche a ritenere che la sentenza del 1997 della stessa Corte d’appello sia stata cassata parzialmente, cioè solo in ordine al modo di determinare il valore venale dei terreni espropriati, tale statuizione costituiva comunque il presupposto logico di ogni determinazione delle indennità oggetto di causa, con conseguente esclusione di ogni giudicato sul punto, rimasto sub judice della stessa determinazione della indennità contestata.

1.3. Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 394 c.p.c., commi 2 e 3, e dell’art. 112 c.p.c., dovendosi, in sede di rinvio, riesaminare i fatti e le norme di diritto applicabili già oggetto di discussione nella fase di merito precedente alla cassazione, con il solo limite del rispetto dei principi logici e delle norme indicate dalla sentenza rescindente (si citano in ricorso Cass. 10.8.2002 n. 12148, 30.5.2001 n. 7379, 17.11.2000 n. 14892, 16.3.1995 n. 3073, 15.4.1995 n. 4299), per cui l’indennità di occupazione doveva essere rideterminata, senza i vincoli derivanti dalla pronuncia cassata.

1.4. Si lamenta poi violazione della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 72, comma 4, art. 24, e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dovendosi liquidare l’indennità di occupazione sulla base dei medesimi criteri di quella di espropriazione di cui costituisce una parte proporzionale, non essendo corretto ancorarla invece al valore venale (in tal senso si cita S.U. 20.1.1998 n. 493 e la giurisprudenza successiva).

1.5. Il quinto motivo di ricorso lamenta ancora violazione della L. 8 agosto 1992, 359, art. 5 bis, per avere la Corte di appello applicato tale norma senza disporre la riduzione del 40% chiesta dal Comune per entrambe le indennità, essendo stato ingiustificato il rifiuto di esse nella misura offerta dal ricorrente.

1.6. Si lamenta poi la violazione dell’art. 180 c.p.c., comma 2, e art. 394 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di merito, quasi fosse giudice d’appello nella fattispecie non ha nemmeno concesso al convenuto il termine per le memorie di cui all’art. 180 c.p.c., fissando immediatamente l’udienza per la precisazione delle conclusioni e la spedizione a sentenza.

2. Il ricorso del Comune di Oliena, nel contestare la sentenza emessa in sede di rinvio con la quale si è affermato il passaggio in giudicato della decisione relativa ai criteri di determinazione della indennità di occupazione in rapporto al valore venale invece che in una percentuale di quella di espropriazione, in realtà domanda di applicare un criterio di liquidazione di tale indennità attualmente superato, dovendosi anche essa ormai calcolare comunque negli interessi legali del valore venale del bene ablato per ciascun anno in cui le aree oggetto di causa sono state occupate (Cass. 10 aprile 2008 n. 9321), a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 348 del 24 ottobre 2007, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dei criteri di determinazione di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, che imponevano di liquidare l’indennità di espropriazione in una somma inferiore al valore di mercato delle aree ablate.

In realtà l’ente locale, nel corso del giudizio relativo alle indennità da esso dovute per l’espropriazione disposta con decreto del Presidente della Giunta Regionale sarda 26 marzo 1991 e per quella d’occupazione preordinata a tale esproprio delle aree da acquisire dal Comune a decorrere dal 16 marzo 1984 fino al 26 marzo 1991 aveva censurato, con il ricorso per cassazione, il criterio di determinazione del valore venale delle aree dei controricorrenti, erroneamente fissato nel merito in base agli indici di edificabilità previsti dal P.R.G. invece che a quelli del P.E.E.P. del Comune di Oliena.

L’accoglimento del ricorso e la cassazione delle statuizioni della sentenza di merito in ordine alla determinazione del valore di mercato delle aree espropriate, rilevante come componente essenziale a base del calcolo delle indennità, fosse o meno idoneo a costituire giudicato (cfr. sul punto Casa. 25 settembre 2008 n. 24064), ha comunque determinato il venir meno di ogni statuizione collegata a tale valore, sia in ordine all’indennità di espropriazione che a quella di occupazione (per quest’ultima, cfr. Cass. 5 settembre 2008 n. 22421), con la conseguenza che il ricorso avrebbe dovuto ritenersi nel merito fondato, ma deve invece rigettarsi solamente in quanto lo ius superveniens, applicabile al procedimento ablativo ancora in corso, ha rapportato in ogni caso ad una parte del valore venale del bene occupato che attualmente è l’indennità di espropriazione, quella da pagare in corrispettivo della perdita del godimento dei beni per la realizzazione delle opere per le quali avviene l’ablazione.

Invero la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale dei criteri di liquidazione dell’indennità di espropriazione già vigenti, comporta che essa debba commisurarsi di regola in una misura pari al valore venale del bene, come sancito dalla citata sentenza del giudice della L. n. 348 del 2007, anche per le espropriazioni anteriori alla pronuncia del giudice delle leggi in cui la relativa indennità non sia divenuta definitiva anche per accettazione o acquiescenza delle parti.

Infatti, per le espropriazioni in cui la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da realizzare sia anteriore all’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001 (T.U. sull’espropriazione) cui è inapplicabile l’art. 37 di tale decreto, a seguito della illegittimità costituzionale dei criteri pregressi di liquidazione della relativa indennità, va applicata la legge fondamentale sull’espropriazione già vigente (L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39), mentre per quelle successive, il dovuto deve calcolarsi in base alla norma citata del novello testo unico, come modificata dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, pervenendosi anche in tal caso, per quella di occupazione, ad una indennità costituita da una parte del valore venale delle aree, così come già fissata in sede di merito (Casa. 8 maggio 2008 n. 11480, S.U. 28 febbraio 2008 n. 5265 e Casa. 14 dicembre 2007 n. 26725).

E’ quindi palese che l’applicabilità del criterio adottato in sede di merito per la sopravvenuta illegittimità costituzionale dei pregressi criteri riduttivi della misura dell’indennità di occupazione, esclude in ogni caso la fondatezza del ricorso che chiede di ricomputare l’indennità di occupazione in base ai criteri che il giudice delle leggi ha fatto venir meno nella concreta fattispecie, dovendosi invece comunque pervenire a determinare l’indennità di occupazione nella misura degli interessi legali sul valore venale del bene occupato per ogni anno di occupazione, così come concretamente deciso dalla corte di appello di Cagliari.

Pertanto i primi sei motivi di ricorso devono dichiararsi tutti infondati e rigettarsi, in quanto comunque agganciati al presupposto dei criteri di liquidazione delle indennità dichiarati illegittimi costituzionalmente e quindi ormai assolutamente inapplicabili, dovendo invece comunque calcolarsi l’indennità di occupazione in una percentuale del valore venale del bene.

Il settimo motivo di ricorso che denuncia un preteso vizio processuale della decisione impugnata è invece inammissibile, non risultando da esso quali difese il Comune ricorrente non abbia potuto svolgere nel giudizio di merito per le violazioni procedurali in concreto lamentate, che sono quindi da considerarsi irrilevanti ai fini del contenuto della sentenza impugnata, da ritenere comunque conformi a legge.

3. In conclusione, il ricorso è infondato solo a causa della sopravvenuta modifica della legislazione vigente e quindi appare equa la totale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra le parti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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