Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7269 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. I, 26/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., domiciliato in Roma, Via Giulia 189, presso l’avv.

VIDETTA F. P., che lo rappresenta e difende, come da mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

ANAS s.p.a., domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che per legge la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1624/2004 della Corte d’appello di Torino,

depositata il 12 ottobre 2004;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

Udito il difensore del ricorrente, avv. Videtta, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. GOLIA Aurelio, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto dell’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino ha determinato in Euro 37.888,96, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, l’indennità dovuta dall’ANAS s.p.a. per l’occupazione legittima di un fondo edificabile di proprietà di C.A. esteso mq.

7.910, poi effettivamente utilizzato solo nella misura di mq. 3.530 per la realizzazione di una strada pubblica.

I giudici del merito, stabilito che l’occupazione si protrasse dall’immissione in possesso del (OMISSIS), hanno ritenuto che l’indennità di occupazione legittima vada determinata sulla base dell’indennità virtuale di espropriazione anche per la porzione di fondo restituita al proprietario. Hanno escluso però, i giudici del merito, che nella determinazione dell’indennità, virtuale di espropriazione, cui commisurare l’indennità di occupazione legittima, possa avere effetti preclusivi il giudicato già formatosi sulla domanda di risarcimento dei danni per occupazione acquisitiva proposta da C.A. nei confronti dell’ANAS s.p.a.. Infatti in quel giudizio s’era discusso solo di una parte del fondo, quella effettivamente acquisita dall’espropriante per mq. 3.530, e con riferimento solo all’anno 1998, mentre l’indennità di occupazione legittima andava riferita all’intera estensione di mq. 7.910 occupata e per l’intero periodo di occupazione. Escluso pertanto il vincolo del giudicato, i giudici del merito hanno ritenuto più attendibile la valutazione condotta con metodo sintetico comparativo dal consulente nominato in questo giudizio, recependone altresì le conclusioni circa l’insussistenza di una svalutazione della parte residua del fondo, determinata dall’acquisizione e destinazione a opera pubblica della parte di fondo non restituita al proprietario.

Contro questa decisione ricorre in via principale C.A., che ha proposto due motivi d’impugnazione, e in via incidentale l’ANAS s.p.a., che ha proposto tre motivi d’impugnazione. Entrambe le parti resistono con controricorso ai ricorsi avversi .

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti contro la stessa sentenza vanno riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c., sebbene debbano essere esaminati distintamente.

2. Va preliminarmente rilevato che il ricorso incidentale dell’ANAS s.p.a. è tardivo, come eccepito dal ricorrente C.A..

Secondo un’indiscussa giurisprudenza di questa Corte, infatti, “la proposizione dell’impugnazione principale determina, nei confronti di tutti coloro ai quali l’atto venga notificato, l’onere, a pena di decadenza, di esercitare il proprio diritto di impugnazione nei modi e nei termini previsti per l’impugnazione incidentale e, quindi, nel caso di ricorso per cassazione, nel termine di quaranta giorni dalla suddetta notificazione” (Cass., sez. 2^, 17 ottobre 2007, n. 21829, m. 599244, Cass., sez. 3^, 25 agosto 1999, n. 8906, m. 529446).

Nel caso in esame il ricorso principale proposto da C.A. fu notificato all’ANAS s.p.a., presso l’Avvocatura Generale dello Stato, il 19 ottobre 2005. Nè ha rilievo il fatto che la notifica del ricorso principale alla stessa ANAS s.p.a. fu reiterata il successivo 20 ottobre 2005 anche presso l’Avvocatura distrettuale di Torino, posto che valida era solo la prima notifica (Cass., sez. 3^, 25 agosto 1999, n. 8906, m. 529446). Infatti, secondo quanto prevede il R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, “le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale devono essere notificati alle amministrazioni dello Stato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa”. E pertanto i ricorsi per cassazione proposti contro le amministrazioni dello Stato vanno notificati presso l’Avvocatura Generale (Cass., sez. 1^, 5 gennaio 2000, n. 53, m. 532714), anche quando in precedenza fosse stato eletto domicilio altrove (Cass., sez. L, 17 marzo 2009, n. 6450, m. 607754).

Ne consegue che nel caso in esame il ricorso incidentale proposto dall’ANAS s.p.a. andava notificato al ricorrente principale entro il 28 novembre 2005. Risulta invece che il ricorso incidentale fu notificato al ricorrente principale C.A. il 29 novembre 2005.

Il ricorso incidentale dell’ANAS s.p.a. va pertanto dichiarato inammissibile.

3.1 – Con il primo motivo del ricorso principale C.A. deduce violazione dell’art. 2909 c.c., del principio ne bis in idem e dell’art. 112 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene che il giudizio di risarcimento dei danni da occupazione appropriativa del fondo destinato all’opera pubblica programmata, da lui promosso nei confronti dell’ANAS s.p.a., era stato definito dal Tribunale di Torino con efficacia di giudicato quanto al valore venale dell’immobile, determinato in ragione di Euro 30,72 per metro quadro al 1998, e quanto alla svalutazione per L. 235.000.000 della porzione di fondo restituita al proprietario. Lamenta pertanto che erroneamente la corte piemontese abbia escluso l’efficacia preclusiva dell’accertamento già compiuto dal tribunale.

In particolare, quanto alla valutazione dell’immobile, deduce che il vincolo del giudicato non è escluso dal fatto che la sentenza del tribunale avesse a oggetto solo una parte del fondo occupato e a riferimento temporale solo l’anno 1998. E censura anche il vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta preferibilità del metodo di valutazione sintetico comparativo, adottato dal consulente della corte d’appello, rispetto al metodo analitico ricostruttivo, adottato dal consulente del tribunale.

3.2- Il motivo è infondato nella parte in cui deduce la violazione del giudicato, inammissibile nella parte in cui censura la valutazione dell’immobile da parte del giudice del merito.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in realtà, il diritto all’indennità di occupazione legittima matura al compimento di ogni singola annualità, per cui è a ciascuno di questi momenti che deve essere calcolato il valore venale attuale del bene, passibile nel tempo di variazioni dipendenti dallo specifico mercato immobiliare di riferimento; con la conseguenza che, “se la determinazione monetaria del valore venale del bene abbia subito variazioni apprezzabili nello sviluppo della occupazione legittima e registrabili alle singole consecutive cadenze annuali, ad ogni scadenza dovrà procedersi al calcolo virtuale della indennità di espropriazione fondata anche sul valore venale del bene, come tale soggetto a variazioni nel tempo” (Cass., sez. 1^, 27 luglio 2007, n. 16744, m. 600839).

D’altro canto è noto che il valore di mercato di un fondo edificabile dipende in misura considerevole dalla, sua estensione, in particolare quando, come nel caso in esame, non ne sia omogeneo il regime di edificabilità.

Ne consegue che, nel caso di espropriazione parziale, il giudice, ai fini della liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, deve calcolare l’indennità virtuale di espropriazione dell’intero fondo in riferimento a ciascun anno della durata dell’occupazione. Ed è evidente che un tale accertamento ha oggetto e criteri ben diversi da quelli relativi alla liquidazione dell’indennità per l’espropriazione effettivamente realizzata. La determinazione dell’indennità di espropriazione può avere effetti vincolanti ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione legittima solo quando si versi in ipotesi di espropriazione dell’intero fondo legittimamente occupato. Non può avere invece una tale efficacia quando, trattandosi di espropriazione parziale, l’indennità di occupazione legittima deve essere commisurata a un’ indennità di espropriazione virtuale anzichè a quella effettivamente liquidata.

Per il resto, come s’è detto, il motivo di impugnazione è inammissibile, perchè, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “al fine di individuare il valore venale del suolo, che costituisce il presupposto per la determinazione della indennità di espropriazione, la stima con metodo analitico costituisce criterio sussidiario, da utilizzare quando non sia possibile il ricorso al metodo sintetico – comparativo con riferimento ai prezzi di mercato di aree omogenee”; e “rientra tra i compiti del giudice di merito stabilire se sussistono gli elementi occorrenti per la ricerca del presumibile valore comparativo dell’area, con apprezzamento il cui controllo è precluso in sede di legittimità” (Cass., sez. 1^, 17 aprile 1999, n. 3839, m. 525495, Cass., sez. 1^, 19 giugno 2001, n. 8307, m. 547566).

4.1 – Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, artt. 40 e 46, art. 2909 c.c., del principio ne bis in idem e dell’art. 112 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata.

Lamenta che la corte d’appello abbia erroneamente negato una valutazione globale e differenziale dell’immobile; e abbia di conseguenza determinato l’indennità di occupazione tenendo conto del solo valore dell’area effettivamente espropriata, senza considerare l’indennità di espropriazione virtuale cui l’indennità di occupazione andava commisurata.

In particolare si duole che la corte d’appello abbia considerato tuttora edificabile la porzione di fondo restituita, così recependo le valutazioni anche giuridiche del suo consulente tecnico, senza tener conto delle opposte conclusioni del consulente del tribunale, recepite nella sentenza passata in giudicato. Sostiene infatti che la corte d’appello avrebbe dovuto accertare se si fosse ridotta la destinazione edificatoria del fondo residuo, senza considerare la mera eventualità aleatoria di un accorpamento con proprietà altrui, e se la rumorosità e i gas di scarico provenienti dalla strada superassero la normale tollerabilità, considerato che il rilevato stradale sovrasta per otto metri la porzione di fondo residua.

Lamenta comunque che la corte d’appello abbia violato il precedente giudicato quanto all’accertamento della svalutazione per L. 235.000.000 della porzione di fondo restituita al proprietario.

4.2 – Il motivo è infondato in entrambi i suoi profili, sia in quello della dedotta violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 40 sia in quello della violazione dell’art. 46 della stessa legge.

4.2.1- Con riferimento a quest’ultimo profilo, va innanzitutto chiarito che non è pertinente il richiamo alla L. n. 2359 del 1865, art. 46, perchè, ai fini della determinazione dell’indennità nel caso di espropriazione parziale, rilevano solo le diminuzioni di valore della parte residua del fondo che siano conseguenza specifica del provvedimento ablativo. Non rilevano a questi fini quelle limitazioni che, prescindendo dal provvedimento ablativo, vengano subite da tutti i proprietari dei fondi contigui all’opera pubblica realizzata, come nel caso del deprezzamento provocato dalle immissioni di rumore, dalla situazione di pericolo per possibili cadute di materiali, o dall’assoggettamento delle eventuali nuove costruzioni alle distanze legali previste per i manufatti a confine con tracciati stradali (Cass., sez. 1^, 23 giugno 1980, n. 3932, m.

407824). Queste diseconomie individuali derivanti dalla realizzazione dell’opera pubblica sono certamente indennizzabili a norma della L. n. 2359 del 1865, art. 46, ma non sono riconducibili all’indennità di espropriazione, in quanto esse interessano anche i proprietari che non siano stati destinatari di alcun provvedimento ablativo (Cass., sez. 1^, 17 maggio 2000, n. 6388, m. 536597, Cass., sez. 1^, 18 febbraio 2000, n. 1806, m. 534001). E “la controversia inerente allo speciale indennizzo di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46 – il quale prescinde dall’esistenza di un provvedimento ablativo, ed anzi postula che non sia intervenuto esproprio e che il privato abbia conservato la titolarità dell’immobile, subendo, peraltro, per effetto dell’esecuzione di un’opera pubblica, la menomazione, la diminuzione o la perdita di una o più facoltà inerenti al proprio diritto dominicale, con pregiudizio permanente esula dalla competenza in unico grado della corte d’appello della L. 22 ottobre 1971, n. 865, ex art. 19, rientrando nella generale cognizione del tribunale” (Cass., sez. 1^, 20 luglio 2001, n. 9926, m. 548369).

La pretesa dell’indennizzo ex art. 46 cit. non può dunque essere fatta valere in questo giudizio; e pertanto è stata legittimamente disattesa dalla corte d’appello.

4.2.2- Quanto all’indennità di occupazione legittima, è certamente vero che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di espropriazione parziale ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 40, essa “va calcolata sull’indennità di espropriazione computata tenendo conto anche del decremento di valore subito dalla parte dell’immobile rimasta in proprietà dell’espropriato” (Cass., sez. 1^, 9 novembre 2004, n. 21352, m. 578218, Cass., sez. 1^, 26 marzo 2009, n. 7294, m. 607257).

Tuttavia questa giurisprudenza è riferibile solo al caso in cui sia l’occupazione legittima sia l’espropriazione abbiano avuto per oggetto una stessa porzione di un fondo funzionalmente ed economicamente unitario, danneggiato nella parte residua dalla scissione provocata dal provvedimento ablativo (Cass., sez. 1^, 5 settembre 2008, n. 22409, m. 604619). Non è riferibile questa giurisprudenza ai casi, come quello in esame, in cui l’occupazione legittima abbia interessato l’intero fondo poi solo in parte espropriato, perchè risulterebbe in palese contraddizione con l’indiscusso principio della liquidazione dell’indennità di occupazione sulla base dell’indennità virtuale di espropriazione dell’intero fondo (Cass., sez. un., 2 luglio 2004, n. 12139, m.

574056, Cass., sez. 1^, 10 aprile 2008, n. 9321, m. 602904).

Deve dunque ritenersi che, nel caso in cui l’espropriazione abbia interessato solo una parte del fondo legittimamente occupato, l’indennità di occupazione deve essere calcolata con riferimento all’importo dell’indennità virtuale di espropriazione erogabile nell’eventualità che la definitiva ablazione avesse interessato l’intero fondo occupato. Sicchè, ipotizzandosi un’ablazione integrale, non può certo farsi riferimento, quale base di calcolo dell’indennità di occupazione, all’indennità effettivamente erogata per l’espropriazione parziale, inclusiva dell’eventuale integrazione L. n. 2359 del 1865, ex art. 40, perchè l’integralità dell’espropriazione virtuale esclude di per sè qualsiasi ipotesi di decremento di una frazione residua del fondo.

E’ palesemente infondata pertanto la pretesa del ricorrente di applicare il citato art. 40 nella liquidazione dell’indennità di occupazione legittima.

5. Si deve pertanto concludere con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale e con il rigetto del ricorso principale.

La parziale reciproca soccombenza delle parti giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile; il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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