Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7267 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3908/2012 R.G. proposto da:

Elcis Encoder S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Corrado Grande

ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via XXIV

Maggio, n. 43;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

Ministero dell’economia e delle finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte, n. 92/22/2010, depositata il 17/12/2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18

gennaio 2017 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;

udito per la controricorrente l’Avvocato dello Stato Maria Pia

Camassa;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa

De Renzis Luisa, la quale ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata in data 17/12/2010 la C.T.R. del Piemonte ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto dalla Elcis Encoder S.r.l. avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva provveduto a rettificare il reddito imponibile a fini Ires, Iva e Irap per l’anno d’imposta 2004, sulla base degli studi di settore di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427.

I giudici d’appello hanno rilevato in motivazione che:

“rispetto a precedenti strumenti di carattere presuntivo… gli studi di settore assumono una particolare valenza probatoria, da ricercarsi innanzitutto nell’intero procedimento di approvazione”;

pertanto essi “presentano… elementi di significativa valenza innovativa… e sono in grado di individuare non solo la capacità potenziale di produrre ricavi, ma anche quanto di questa capacità potenziale viene effettivamente utilizzata a causa di vincoli interni ed esterni all’azienda”;

“la realtà produttiva della società contribuente risulta rientrare in modo adeguato in una situazione di normalità economica e non si ritiene sussistano elementi oggettivi e cause particolari che abbiano potuto influire negativamente sul normale svolgimento dell’attività e che possano indurre a ritenere inadeguato il percorso tecnico-metodologico seguito dallo studio di settore interessato”.

2. Avverso tale sentenza la società contribuente propone ricorso sulla base di quattro motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 bis convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto che gli studi di settore, da un lato, rappresentino una metodologia innovativa all’interno della categoria degli strumenti di carattere presuntivo di accertamento dei redditi; dall’altro, assumano, rispetto a precedenti metodologie, una particolare valenza probatoria sufficiente a giustificare la rettifica, in via presuntiva, dei ricavi risultanti dalle scritture contabili regolarmente tenute e idonea a invertire l’onere probatorio in materia di accertamento fiscale.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere i giudici d’appello omesso di valutare in alcun modo il rilievo, specificamente dedotto a fondamento del ricorso introduttivo e quindi del proposto appello, secondo cui, nel caso di specie, il risultato dell’applicazione dello studio di settore era falsato dalla erronea indicazione di alcuni dati contabili nella comunicazione presentata a tal fine in allegato al modello Unico 2005 e in particolare dalla erronea inclusione, tra i beni strumentali, di un bene immobile del valore di Euro 1.275.834,81 (il quale, invece, secondo quanto espressamente previsto nelle istruzioni, non avrebbe dovuto esservi incluso) ed inoltre dalla erronea indicazione, al rigo F13 dello studio di settore, del valore di Euro 822.059,00 (rappresentato dal compenso corrisposto gli amministratori e dalle indennità di cessazione cariche: voci che non avrebbero, invece, dovuto essere considerate come costi per l’acquisto di servizi).

Rileva che la riformulazione dello studio di settore secondo corrette modalità, in coerenza con le stesse istruzioni ministeriali, avrebbe di fatto azzerato o reso del tutto marginale la pretesa accertativa.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto insussistenti, nel caso concreto, “elementi oggettivi e cause particolari che abbiano potuto influire negativamente sul normale svolgimento dell’attività e che possano indurre a ritenere inadeguato il percorso tecnico-metodologico seguito dallo studio di settore interessato”.

Lamenta al riguardo l’omessa valutazione dei rilievi con i quali era stata evidenziata la distanza tra la situazione astratta considerata dallo studio di settore e la concreta realtà produttiva, essendo questa inserita in uno specifico segmento di mercato, quale quello della produzione di particolari sensori elettronici ed elettromagnetici (c.d. encoders, cioè traduttori di posizione), reso difficile dalla “invasione” di imprese di origine asiatica con l’adozione di politiche di prezzo particolarmente aggressive.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce, infine, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. giudicato corretta la pretesa erariale senza dar conto dei rilievi da essa svolti circa: la peculiarità dell’attività svolta, l’essere il parco clienti costituito da aziende e non da privati e circa ancora la rilevanza che, nella elaborazione dello studio di settore, avrebbe avuto l’utilizzo di dati contabili corretti, atteso che da esso sarebbe derivato un limitato scostamento, rispetto al volume d’affari dichiarato, pari all’1,48%.

5. E’ infondato il primo motivo di ricorso.

Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Cass. Sez. U. 18/12/2009, n. 26635).

Nel caso di specie, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, non si ricava dalla motivazione della sentenza impugnata alcuna affermazione in contrasto con tale principio, nè ragione per ritenere che la regola di giudizio in concreto applicata se ne discosti.

Pacifico essendo in causa che il contraddittorio sia stato attivato, la decisione impugnata, nel negare la sussistenza nel caso di specie di “elementi oggettivi e cause particolari che abbiano potuto influire negativamente sul normale svolgimento dell’attività e che possano indurre a ritenere inadeguato il percorso tecnico-metodologico seguito dallo studio di settore interessato”, non applica una regola di giudizio contrastante con quella sopra esposta, posto che non esclude, a priori, nè la necessità per l’Ufficio il quale proceda ad accertamento presuntivo sulla base di studi di settore di motivarlo tenendo conto delle allegazioni fornite in sede di contraddittorio dal contribuente, nè la possibilità per quest’ultimo di superare la presunzione posta a base dell’accertamento, anche in sede contenziosa, attraverso attività di allegazione e prova a tal fine diretta, ma solo esprime il convincimento che, in concreto, l’accertamento condotto su tale base presuntiva risulti adeguatamente giustificato e che i rilievi di contro opposti dalla contribuente non siano idonei a inficiarne la validità.

6. E’ invece fondato il secondo motivo che, impingendo per l’appunto nella giustificazione offerta in sentenza di tale ultimo convincimento, ne coglie invero una evidente e rilevante lacuna motivazionale.

E’ costante giurisprudenza di questa Corte che ricorra il vizio di insufficiente motivazione ove il Giudice non indichi gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento ovvero il criterio logico e la ratio decidendi che lo ha guidato. Il Giudice deve delineare il percorso logico seguito, descrivendo il legame tra gli elementi interni determinanti che conducono necessariamente ed esclusivamente alla decisione adottata; mentre deve escludere, attraverso adeguata critica, la rilevanza di ogni elemento esterno al percorso logico seguito, di natura materiale, logica o processuale, ed astrattamente idoneo a delineare conseguenze divergenti dall’adottata decisione (v. ex multis Cass. 12/11/1997, n. 11198).

Nel caso di specie, non si ravvisa tale iter argomentativo; non è dato leggere, invero, alcuna considerazione in ordine ai rilievi formulati nel ricorso introduttivo e poi nell’atto d’appello circa in particolare l’erronea determinazione dei dati contabili posti a base, attraverso l’applicazione dello studio di settore, dell’accertamento presuntivo, in ragione dell’inserimento in essi, tra i beni strumentali, anche del valore di un bene immobile oltre che, tra le spese per acquisto di servizio, del compenso corrisposto agli amministratori.

Posto che nella stessa sentenza impugnata si afferma esplicitamente che trattasi di eccezioni specificamente svolte già con il ricorso introduttivo, l’affermazione poi contenuta in motivazione secondo cui non sussistono “elementi oggettivi e cause particolari che abbiano potuto influire negativamente sul normale svolgimento dell’attività che possono indurre a ritenere inadeguato il percorso tecnico-metodologico seguito dallo studio di settore interessato” si appalesa apodittica e inadeguata a dar conto delle ragioni per cui tali specifici rilievi non possono nel caso di specie assumere rilievo e condurre a una diversa determinazione dei ricavi presunti.

7. In accoglimento della esposta censura la sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbito l’esame degli altri motivi di ricorso.

La causa deve conseguentemente essere rinviata al giudice a quo, il quale provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Piemonte, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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