Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7266 del 16/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2020, (ud. 09/01/2019, dep. 16/03/2020), n.7266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20842/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.T., elettivamente domiciliato in Roma, via Ancilla

Marighetto n. 94, presso lo studio dell’avv.to Federica Pica,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Picca e Riccardo Marro

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 921/23/2016, depositata il 5 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 gennaio 2019

dal Cons. Marco Dinapoli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Stanislao De Matteis, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Uditi gli l’Avv.ti delle parti costituite.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.T. impugnava l’atto di irrogazione di sanzioni amministrative n. (OMISSIS) in data 28 maggio 2012 per l’importo di Euro 9.592,66 emesso dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli – ufficio di Napoli (OMISSIS) per errata indicazione doganale del valore della merce (464 colli) importata dalla Cina nell’anno 2011; contestava in particolare l’applicabilità della sanzione, in solido con l’importatore, anche allo spedizioniere che avesse agito in rappresentanza diretta di quest’ultimo. La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli accoglieva il ricorso con sentenza n. 10294/2014 depositata il 24 aprile 2014. Avverso tale decisione l’Agenzia proponeva appello, che veniva dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 921/23/2016 del 26 gennaio 2016 (depositata il 5 febbraio 2016). L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ricorre in questa sede e chiede la cassazione della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione e vittoria di spese. Resiste il C. con controricorso e chiede il rigetto del ricorso, vinte le spese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle dogane deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando l’erroneità della sentenza della CTR che ha ritenuto inammissibile l’appello per mancanza di censure specifiche alla sentenza di primo grado. Infatti l’atto di appello conteneva la chiara ed univoca esposizione della domanda rivolta ai giudici del gravame e delle ragioni delle doglianze.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che l’appello contenesse motivi nuovi, mentre invece si trattava solo di una specificazione delle ragioni poste a base dell’atto impugnato.

3. Tanto premesso, osserva la Corte che la sentenza impugnata non merita di essere cassata, pur ravvisandosi la necessità di integrarne la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

3.1- La sentenza di primo grado ha escluso la responsabilità del C. in considerazione della “qualifica di rappresentante diretto e della natura della violazione riscontrata”. I motivi dell’appello, puntualmente riportati nel presente ricorso, contrastano la conclusione a cui è pervenuto il primo giudice e sostengono la fondatezza dell’atto impositivo in considerazione del comportamento colposo dello spedizioniere, da cui sarebbe lecito dedurre che questi era a conoscenza (o avrebbe dovuto esserlo ragionevolmente), della infedeltà della dichiarazione doganale. La tesi dell’appellante è infondata in diritto.

3.2- Va premesso che la dichiarazione doganale può essere fatta personalmente dall’importatore ovvero a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. Nel primo caso il rappresentante agisce in nome e per conto dell’importatore; nel secondo caso il rappresentante agisce in nome proprio ma per conto dell’importatore.

3.3. L’obbligazione doganale grava sul soggetto che fa la dichiarazione in nome proprio ovvero sulla persona in nome della quale la dichiarazione è fatta. Pertanto nel caso della rappresentanza diretta, che ricorre nella vicenda in esame, la responsabilità grava normalmente sull’importatore, mentre lo spedizioniere doganale dichiarante non va esente da responsabilità solo qualora abbia contravvenuto consapevolmente agli obblighi di legge.

3.4- In particolare, in caso di dichiarazione doganale regolare ma infedele (come nel caso in esame), la responsabilità solidale dello spedizioniere dichiarante diretto è configurabile soltanto nel caso in cui egli stesso abbia fornito i dati o i documenti necessari alla stesura della dichiarazione nella consapevolezza della erroneità dei dati e/o della irregolarità dei documenti (Reg. Comunitario Doganale n. 2913 del 1992, art. 201).

3.5- Alla luce di detta normativa unionale va interpretato pertanto anche la L. 25 luglio 2000, n. 213, art. 2, (commi 6 e 7), che pone a carico degli spedizionieri doganali l’onere di accertare la regolarità, veridicità e completezza dei dati contenuti nelle dichiarazioni da presentare agli uffici finanziari, pena la responsabilità per il pagamento del tributo e per i danni procurati all’erario nel caso di dichiarazione irregolare qualora fossero a conoscenza o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della irregolarità; tale responsabilità sussiste però, nel caso di dichiarazione regolare ma infedele, solo quando essi stessi, e non l’importatore, abbiano fornito i dati o prodotto i documenti in base ai quali è stata redatta la dichiarazione: “Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei diritti dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali” (Cass. n. 9777 del 18 giugno 2003).

3.6- Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia ricorrente nei motivi di appello avverso la sentenza di primo grado, la sola qualità di spedizioniere rappresentante diretto dell’importatore, ancorchè potenzialmente in grado di avvedersi della sottofatturazione, non vale a ritenerne la responsabilità solidale per la dichiarazione regolare ma infedele, a meno che non consti la sua personale partecipazione nei termini di cui sopra, la cui prova è a carico dell’Amministrazione doganale, e che nel caso in esame non solo non è stata fornita, ma neanche prospettata.

4- In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese processuali dell’intero procedimento possono essere compensate in considerazione sia dell’erronea motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale che della novità della questione.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2020

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