Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7263 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. I, 26/03/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 26/03/2010), n.7263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – rel. Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.M. (c.f. (OMISSIS)), F.C. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAVOIA

84, presso l’avvocato VOLPINI ALBERTO, che li rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

ROMA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA depositato il

08/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/03/2010 dal Presidente Dott.ssa LUCCIOLI Maria Gabriella;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato VOLPINI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

lette le conclusioni scritte del Pres. Deleg. LUCCIOLI: ritiene

sussistano le condizioni per la decisione in Camera di consiglio ai

sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

il P.G. dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, si riporta alla

relazione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore:

“Con decreto del 21 aprile – 8 giugno 2009 la Corte di Appello di Roma, sezione per i minorenni, ha rigettato il reclamo proposto da A.M. e F.C., genitori del minore F.F., riconosciuto dalla madre alla nascita e successivamente dal padre, avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Roma che aveva respinto la domanda proposta congiuntamente dai predetti di sostituzione del cognome paterno a quello materno, disponendo che il cognome paterno fosse aggiunto a quello della madre.

Avverso tale provvedimento l’ A. e la F. hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato al pubblico ministero, deducendo un unico motivo, rubricato come Error in procedendo ed errores in iudicando riguardo il riconoscimento del solo cognome paterno. Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, che si conclude con i seguenti quesiti:

1) La Corte d’Appello doveva considerare, al di la’ degli automatismi, il vero interesse del minore e, di conseguenza, accogliere il reclamo, sulla scorta di un’effettiva valutazione personale del minore e non di una mera affermazione generale?;

2) Il provvedimento della Corte d’Appello risulta contraddittorio rispetto all’orientamento tralatizio di codesta Ecc.ma Corte di Cassazione?.

Come e’ giurisprudenza ormai consolidata di questa Suprema Corte, il quesito di diritto, per assolvere alla funzione che gli e’ propria, deve contenere, a pena di inammissibilita’, la sintetica indicazione della fattispecie concreta alla quale e’ riferito, della regola di diritto ad essa applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, avrebbe dovuto applicarsi nella specie, onde e’ inammissibile il ricorso sorretto da quesito del tutto inidoneo a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla controversia (v. per tutte Cass. 2009 n. 11097; 2009 n. 7197; 2009 n. 8463; 2009 n. 4556; 2009 n. 4044). E’ altresi’ noto che il motivo di ricorso diretto a prospettare vizi motivazionali deve concludersi con un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, che pur libero da rigidita’ formali contenga la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 2009 n. 4589; 2009 n. 4556; S.U. 2008 n. 25117; S.U. 2008 n. 16528).

I quesiti sopra riportati non sembrano rispondere a tali requisiti, in quanto formulati in termini assolutamente generici, del tutto sganciati dalla fattispecie concreta e privi di riferimento il primo alla norma di diritto asseritamente violata ed alla diversa regola applicabile ed il secondo al fatto controverso ovvero alle ragioni per le quali la motivazione e’ insufficiente. Ritiene pertanto che sussistano le condizioni per la decisione in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”.

Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali si fondano, tenuto conto che il primo quesito appare del tutto inidoneo a chiarire l’errore di diritto imputato al provvedimento impugnato in riferimento alla concreta fattispecie e che l’assoluta genericita’ del secondo quesito, che sembra attenere ad una censura di vizio di motivazione, non puo’ essere superata – contrariamente a quanto dedotto dal difensore dei ricorrenti in sede di Camera di consiglio – attraverso la lettura della complessiva illustrazione del motivo (v. per tutte in tal senso, di recente, Cass. 2009 n. 19211, in motiv.).

Va pertanto dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.

Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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