Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7263 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 05/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 03107/2017 R.G. proposto da:

M.A., quale erede di T.S., rappr. e dif.

dall’avv. Carlo Congedo, elettivamente domiciliata presso il suo

studio in Roma, alla via Tevere n. 44, come da procura a margine del

ricorso;

– ricorrente e controricorrente incidentale –

contro

BANCA POPOLARE PUGLIESE “Capogruppo Gruppo Bancario Banca Popolare

Pugliese” soc. coop p.a., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif.

dagli avv.ti Raffaele Dell’Anna, e Giuseppe Dell’Anna Misurale,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Raffaele

Cappiello, in Roma, Piazza San Sebastianello n. 6, come da procura a

margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Lecce n.

655/16, letta all’udienza del 22 giugno 2016;

Letta la requisitoria scritta datata 12 ottobre 2021 del Pubblico

Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.

Nardecchia Giovanni Battista, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;

lette le memorie depositate dalla ricorrente principale;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05 novembre

2021 dal Consigliere Dott. PAOLO FRAULINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.A. ha proposto ricorso principale per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui il giudice di appello ha quantificato in Euro 130.652,01, oltre interessi al tasso legale, la somma dovutale dalla Banca Popolare Pugliese per effetto della rideterminazione del saldo del conto corrente bancario n. (OMISSIS), assistito da apertura di credito, acceso tra le parti nel corso dell’anno (OMISSIS) e chiuso nell’anno (OMISSIS), confermando per il resto la sentenza di primo grado.

2. La Corte di appello, dopo aver respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, ha dichiarato la nullità della commissione di massimo scoperto in quanto non pattuita tra le parti, ha confermato la correttezza dei calcoli inerenti alle valute, effettuati dal c.t.u. in primo grado, e ha rilevato la non spettanza delle spese di tenuta conto forfettarie pretese dalla banca, mentre ha rilevato l’illegittimità della capitalizzazione degli interessi, provvedendo ad applicare il corretto tasso di interesse, negando la legittimità di quello sostitutivo di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117 (in prosieguo, breviter, TUB) provvedendo, in base a tutte queste argomentazioni, alla rideterminazione del saldo a credito del cliente.

3. Il ricorso principale è affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso la Banca Popolare Pugliese, che ha proposto contestualmente ricorso incidentale affidato a un motivo, cui la M. ha resistito con controricorso.

4. La ricorrente principale ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale lamenta:

a. Primo motivo: “1. Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5: Violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. per violazione e contraddittorietà tra la statuizione contenuta in sentenza e la CTU e per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

b. Secondo motivo: “2. Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: Violazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2909 c.c. per l’avvenuto passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado sulla nullità del c.d. giorni valuta per mancanza di causa”.

c. Terzo motivo: “3. Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: Violazione degli artt. 1284,1346,2697 e 1418 c.c. nonché dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’omessa pronuncia sulla nullità dei c.d. giorni valuta per mancata determinatezza e/o determinabilità ovvero per mancanza di pattuizione scritta”.

2. Il ricorso incidentale lamenta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2697 c.c., siccome interpretati dalla Corte di legittimità in materia di rimesse in conto corrente, per avere la Corte d’Appello rigettato l’eccezione di prescrizione formulata come motivo di appello incidentale dalla Banca Popolare Pugliese ritenendo che quest’ultima non abbia adempiuto al suo onere di indicare specificamente le rimesse solutorie prescritte”.

3. In ordine logico, va esaminato con priorità il ricorso incidentale, per la sua teorica portata assorbente, attenendo alla prescrizione della domanda oggetto del giudizio. Il motivo è inammissibile. Nel caso di specie, la Corte di appello fonda la ragione del rigetto dell’eccezione di prescrizione sulla circostanza che l’entità dell’apertura di credito in conto corrente sia stata rilevata dal consulente tecnico di ufficio sulla base degli estratti conto depositati in atti e nei limiti degli importi degli sconfinamenti da questi ricavabili, non avendo la banca mai contestato tale metodo né individuato la natura ripristinatoria delle rimesse. Tale iter argomentativo va interpretato nel senso che il giudice di appello ha ritenuto la natura ripristinatoria di tutte le rimesse in conto sulla scorta della consulenza tecnica di ufficio espletata nel corso del giudizio. Il motivo in esame, dopo una lunga quanto condivisibile ricostruzione del riparto astratto dell’onere della prova come consolidatosi in materia a seguito dell’evolversi della giurisprudenza di questa Corte regolatrice, omette tuttavia di confrontarsi e di contrastare l’affermazione della sentenza impugnata relativa all’incontestata integrazione probatoria ad opera del c.t.u. sulla natura esclusivamente ripristinatoria delle rimesse. Ne consegue che, in assenza di censura alcuna sulla validità dell’accertamento peritale, l’utilizzo delle considerazioni ivi contenute da parte del giudice di appello non è minimamente attinto dal ricorso incidentale, con conseguente sua inammissibilità.

4. Il ricorso principale è in parte parimenti inammissibile e in parte infondato. Tutti i motivi contengono riferimenti a più ipotesi di ricorso tra quelle previste dall’art. 360 c.p.c. Tuttavia, dalla lettura delle singole censure, è possibile enucleare con sicurezza le specifiche doglianze di volta in volta riferibili alle distinte ipotesi, sicché il ricorso risulta complessivamente ammissibile sotto il profilo formale.

4.1) Il primo motivo è infondato nella parte in cui denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. Invero, la doglianza lamenta che il giudice di appello abbia utilizzato le risultanze dell’elaborato peritale, ai fini dell’addebito dei c.d. “giorni valuta”, senza aver riformato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la nullità di tale istituto per mancanza di causa. Sul punto, va osservato che la violazione dell’art. 112 c.p.c. è causa di nullità della sentenza solo ove il giudice abbia pronunciato in assenza o al di là della domanda ritualmente formulata in giudizio dalle parti. Nel caso di specie, è pacifico che la banca abbia impugnato la statuizione di primo grado relativa alla determinazione del saldo finale a credito del cliente, tra cui rientra anche la questione dei c.d. “giorni valuta” (terzo motivo di appello incidentale: contestazione della correttezza dell’importo: vedi punto 8 della sentenza di appello). Pertanto, è da escludere che la Corte di appello abbia pronunciato sul punto in assenza di domanda, laddove il diverso esito processuale rientra nella fisiologia dell’effetto sostitutivo della sentenza di appello rispetto a quella di primo grado, a nulla rilevando sul punto il diverso iter motivazionale adottato.

4.2) Tutti e tre i motivi sono, per il resto, inammissibili, per genericità nella contestazione della sentenza impugnata in relazione alle valutazioni espresse sull’elaborato peritale. La Corte di appello statuisce, in motivazione, di confermare la decisione del tribunale, il quale aveva fatto coincidere la valuta con la data delle singole operazioni (avendo reputato “”un espediente” quello usato dalla banca “per allungare fittiziamente i giorni solari” rispetto alla data dell’operazione di accredito”) e, quindi, rigetta il motivo di appello del correntista, affermando che costui non avrebbe puntualmente contestato “il criterio seguito dal c. t. u., e poi recepito dal Tribunale,… consistito nel calcolare – in sede di rielaborazione del rapporto dare-avere – la “data operazione in luogo della valuta operazione””. Secondo la ricorrente, la Corte di appello, da un lato avrebbe affermato quanto sopra riportato, ma, poi, determinato l’ammontare del saldo sulla scorta di una nuova c.t.u., da essa disposta, elaborata sulla base del diverso criterio, imposto al consulente dalla stessa Corte, del “mantenimento delle valute, come gestite dalla banca”. Da ciò deriverebbero i vizi, inficianti la corrispondente statuizione, di extrapetizione, violazione del giudicato interno, omesso esame di fatto decisivo e violazione delle norme di diritto sopra enucleate. In tale contesto, va rilevato che la motivazione della sentenza impugnata contiene, invero, una chiara affermazione di attenersi al criterio sopra indicato, seguito dal tribunale e, a quanto sembra, non ritenuto illegittimo dalla ricorrente. Ne deriva che, onde corroborare le tre censure, laddove lamentano a vario titolo che la c.t.u. in appello – e conseguentemente la sentenza impugnata, quanto alla determinazione del saldo creditore – si sia in concreto discostata da tale criterio, il ricorso non avrebbe dovuto argomentare un semplice richiamo a un passaggio dell’incarico conferito al c.t.u., ma avrebbe dovuto, in ossequio al principio di specificità dei motivi di ricorso, previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), effettuare una più diffusa disamina del contenuto della relazione peritale, identificando i singoli passaggi da cui poter evincere la lamentata illegittimità: ciò che manca del tutto nel ricorso e ne determina l’inammissibilità, non potendo certamente essere questa Corte a sostituirsi alla parte nell’enucleazione delle dedotte illegittimità degli atti processuali.

5. Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate, stante la soccombenza reciproca.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite della presente fase di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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