Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7261 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. III, 30/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 30/03/2011), n.7261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AZGA NORD SPA (OMISSIS), in persona del suo amministratore

delegato e legale rappresentante, dott. ing. S.P.T.,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato MICCIULLA

GIANFRANCO, con studio in 54011 AULLA (MS) – Via della Resistenza,

43/G giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ALBERGO FALCO DELLE APUANE (OMISSIS), in persona della legale

rappresentante pro tempore, Sig.ra L.L., rappresentata e

difesa dall’Avvocato TOMELLINI EZIO, con studio in 54028 VILLAFRANCA

LUNIGIANA (MS), Via F.T. Baracchini 98, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1/2008 della SEDE DISTACCATA DI TRIBUNALE di

PONTREMOLI, Sezione Distaccata di Pontremoli, emessa il 21/12/2007,

depositata il 04/01/2008; R.G.N. 8182/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato MACIULLA GIANFRANCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La controversia ha ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso a richiesta della S.p.A. AZGA Nord, nei confronti dell’Albergo Falco delle Apuane per pagamento somministrazione di acqua potabile, servizi di fognature e depurazione nel periodo tra il 2^ e il 4^ trimestre 1994.

La causa veniva riunita a quella poi proposta con citazione dalla AZGA per le forniture effettuate in periodi diversi da quelli oggetto della pretesa monitoria.

Il Giudice di pace adito, con sentenza del 20.1.2005, quanto al procedimento monitorio, respingeva l’opposizione dell’Albergo e lo condannava alle spese; quanto al procedimento ordinario proposto dalla AZGA, respingeva le domande di ambo le parti e compensava le spese.

Con sentenza 4.1.2008, il Tribunale di Massa, in accoglimento dell’appello dell’Albergo, revocava il decreto ingiuntivo e condanna l’AZGA al pagamento delle spese del giudizio riliquidando in dispositivo anche quelle di primo grado.

Propone ricorso per cassazione la societa’ fornitrice sulla base di quindici motivi; l’Albergo resiste con controricorso, deducendone l’inammissibilita’ e, comunque, l’infondatezza.

Questi i motivi proposti dalla AZGA:

1. Nullita’ della sentenza 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, non avendo il giudice di appello pronunciato sull’appello incidentale ritualmente proposto dalla societa’ odierna ricorrente.

2. Ulteriore nullita’ della sentenza, chiedendo alla Corte di verificare se incorra in ultrapetizione il giudice di appello che estenda il proprio esame a parti della sentenza “pur genericamente investite dall’impugnazione, ma non specificamente censurate”, avendo omesso di pronunziarsi sul motivo proposto dall’albergo con l’appello principale, per decidere il quale avrebbe esaminato, disattendendole, le questioni e gli argomenti proposti dall’AZGA a sostengo del proprio appello incidentale (sulla domanda proposta in via ordinaria).

3. Col terzo motivo deduce plurima violazione di norme di diritto, chiedendo alla Corte se il giudice di appello – anziche’ decidere entrambe le cause riunite in base ad eccezioni sollevate dal debitore in una sola (errori sul conteggio dei consumi) – avrebbe dovuto decidere ogni giudizio in base alle prove in esso raccolte, potendo utilizzare quelli raccolti nell’altro solo per rafforzare il convincimento formatosi.

Queste tre prime censure — che possono trattarsi congiuntamente data la stretta connessione – si rivelano infondate, muovendo tutte da una non corretta “lettura” del decisum. Non sussiste, infatti, la lamentata omessa pronuncia sull’appello incidentale della societa’ fornitrice: il giudice di secondo grado, infatti, come emerge chiaramente dalla lettura della motivazione, ha pronunciato, come quello di primo grado, su entrambe le cause riunite, non avendo limitato il proprio esame a quella relativa alla procedura monitoria.

Nella parte in fatto, invero, vengono specificamente indicati i punti di cui all’appello incidentale, riguardanti la controversia instaurata dalla societa’ con rito ordinario e nella parte motiva vengono esaminati gli elementi probatori relativi ad entrambe le cause, come si desume inequivocabilmente dal riferimento temporale contenuto nell’esame della prova testimoniale (consumi dal 1992 al 1999, vale a dire relativi sia al periodo azionato in sede monitoria, sia a quello azionato in via ordinaria). Ne deriva che, per tutto quanto non specificamente riformato in dispositivo, deve ritenersi confermata la sentenza di primo grado (che aveva gia’ respinto la pretesa relativa ai periodi azionati in via ordinaria). Le ragioni che sono alla base dell’insussistenza della nullita’ lamentata con il primo motivo dimostrano l’infondatezza anche delle censure proposte nel secondo e nel terzo motivo: la descritta corretta lettura del decisum dimostra che non sussistono neanche i lamentati vizi nella decisione di ciascuna delle due pur sempre autonome cause riunite.

4. La censura formulata con il quarto motivo e’ intrinsecamente inammissibile, sulla base della sua stessa prospettazione, in quanto deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione del Regolamento acquedotto del Comune di Pontremoli, certamente non annoverabile tra le norme di legge.

5. Violazione dell’art. 1362 c.c., comma 1. Secondo la ricorrente, il giudice d’appello avrebbe coniato il principio di diritto per cui l’impresa che gestisce il pubblico servizio di distribuzione dell’acqua non ha diritto al corrispettivo nel caso in cui il congegno di misurazione dei consumi non sia in grado di funzionare, mentre avrebbe dovuto affermare quello secondo cui, di fronte all’impossibilita’ di misurare il consumo, il somministrato e’ tenuto a pagare il quantitativo la cui consistenza risulti accertata con metodo scientifico secondo la natura e l’epoca d’insorgenza del guasto e alla misura dei consumi non registrati. Inammissibile anche questa censura, in base alla sua stessa prospettazione: con essa solo apparentemente si deduce una violazione di norme di diritto, mentre si tratta di una semplice ed inammissibile diversa “lettura” delle risultanze probatorie in ordine ai consumi.

Vanno ora esaminati tutti i restanti motivi, ad eccezione dell’11^ che verra’ trattato alla fine dell’esposizione.

6. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso (360 c.p.c., n. 5) per non aver considerato, in situazione di arresto temporaneo dei misuratori, gli addebiti effettuati in via presuntiva, sottostimati, peraltro, rispetto a quelli precedenti il guasto. Si tratta d’inammissibile prospettazione di diversa valutazione rispetto a quella motivatamente fornita dal giudice di appello, ne’ la questione viene proposta sotto il profilo dell’omessa pronuncia (360 c.p.c., n. 4), previa specificazione del se, quando ed in quali termini sia stata proposta nei precedenti gradi.

7. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso (360 c.p.c., n. 5) per non avere il giudice d’appello, riscontrata l’insufficienza della c.t.u. sulla determinazione fittizia dei consumi, anziche’ disporne la rinnovazione, si e’ accontentata del risultato negativo; ha poi illogicamente e con motivazione insufficiente ritenuto impossibile una stima presuntiva e … propone i criteri per un calcolo razionale ed attendibile.

8. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso (360 c.p.c., n. 5) per non avere il giudice d’appello tratto argomenti di prova dal comportamento ostruizionistico del debitore che aveva respinto le richieste del c.t.u. di fornire spiegazioni ed esibire documentazione; relativa all’attivita’ svolta utile al calcolo dei consumi presuntivi.

Con i restanti motivi 9, 10 e dal 12 al 15 si deducono ulteriori vizi di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso (360 c.p.c., n. 5) per non avere il giudice d’appello tenuto conto della non contestazione di documenti da parte del preteso debitore (9 e 12 motivo), per aver tratto, invece, erronei elementi di convincimento dalla riduzione della domanda proposta in via subordinata da essa ricorrente (10); per non aver valutato le sue rigorose argomentazioni sulla rispondenza dei consumi presunti attribuiti all’albergo (13); per non avere accolto la domanda subordinata (14 motivo formulato con un inidoneo momento di sintesi);

per non essersi infine pronunziato sulle istanze istruttorie della ricorrente: rinnovo della c.t.u., ordine alla controparte di esibizione di documenti contabili; informazioni presso l’amministrazione finanziaria. Tutte tali censure, a prescindere dall’inidoneita’ dei momenti di sintesi formulati in relazione a ciascuno di essi, sono inammissibili in quanto non integrano vizi motivazionali secondo il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Tutti questi motivi, cosi come quelli dal 6^ all’8^, sopra riportati, nella parte in cui lamentano vizi di motivazione, si risolvono, in realta’, nella (non piu’ ammissibile) richiesta di rivisitazione di criteri liquidatori del tutto correttamente considerati e non applicati in sede di merito. Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare vizi della sentenza gravata rilevanti, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui ha valutato le risultanze processuali in ordine alla prova del credito azionato, invoca in sostanza una diversa valutazione di tali risultanze, muovendo cosi’ all’impugnata sentenza censure del tutto inammissibili, perche’ la valutazione in discorso postula e involge apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento elementi fattuali con esclusione di altri, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e ipoteticamente verosimili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare ogni e qualsiasi deduzione difensiva.

E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5 non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove, controllandone l’attendibilita’ e la concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione, salvo i casi di prove ed. legali (Cass. n. 2357/04;

14858/00). Inoltre, Al fine di adempiere l’obbligo della motivazione il giudice del merito non e’ tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti essendo sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali e’ fondato il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non siano menzionati specificamente, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 24542/09; 22801/09;

14075/02; 10569/01; 1390/98).

11. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso (360 c.p.c., n. 5), essendo la sentenza affetta da difetto assoluto di motivazione o da motivazione apparente (che sono invece vizi deducibili ex art. 360 c.p.c., n. 4) per avere fatto ricorso alla motivazione per relationem rinviando alle argomentazioni svolte dalla controparte negli scritti difensivi, cosi’ da impedire l’identificazione del procedimento logico – giuridico seguito per giungere alla decisione. La censura e’ infondata, dovendosi ribadire che, il giudice e’ libero di motivare i propri provvedimenti utilizzando le espressioni che ritiene piu’ opportune e, qualora le condivida, anche di adoperare o se del caso pedissequamente riprodurre, facendole proprie, le argomentazioni di una delle parti senza che un tanto possa valere in particolare a fondare motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per mancanza o vizio di motivazione (Cass. n. 10476/06; 8189/02).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 600,00= di cui Euro 400,00= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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