Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7260 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 19/12/2016, dep.22/03/2017),  n. 7260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. FILIPPINI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1608-2012 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA IPPONIO 8,

presso 10 studio dell’avvocato ROBERTO FERRI, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1042/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 26/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/12/2016 dal Consigliere Dott. FILIPPINI STEFANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato FERRI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato BACOSI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 1042 del 12.10.2010 la Commissione Tributaria Regionale di Roma – sez. dist. di Latina- accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da A.G., intermediario finanziario, avverso un avviso di accertamento relativo ad IRPEF e IRAP 2000 con il quale, sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F., si recuperavano a tassazione ricavi non contabilizzati risultanti da versamenti bancari su uno dei propri conti correnti e spese considerate indeducibili. La commissione regionale accoglieva altresì l’appello dell’Amministrazione finanziaria sul capo di sentenza relativo al separato atto di contestazione con il quale erano state irrogate le conseguenti sanzioni.

1.1. Sostenevano i giudici di appello che il ricorso in CTP del contribuente avverso l’autonomo atto di irrogazione delle sanzioni, impugnato in primo grado congiuntamente all’accertamento, doveva giudicarsi inammissibile perchè tardivo, dal momento che la sospensione dei termini determinata dall’istanza di accertamento con adesione (avanzata dal contribuente avverso l’atto di accertamento prima di depositare il ricorso in CTP) non poteva operare in relazione all’autonomo atto di irrogazione delle sanzioni (avverso il quale era solo possibile presentare deduzioni difensive ai sensi dell D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16); quanto invece ai maggiori ricavi determinati nell’atto di accertamento, la CTR rilevava che gli assegni tratti sul c/c BNL relativo all’attività professionale (che a dire del ricorrente erano poi stati versati sul c/c familiare presso il (OMISSIS)) non trovavano corrispondenza nelle entrate sul conto familiare e dunque, in assenza di diverse spiegazioni del contribuente, doveva operare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, con il conseguente recupero a tassazione.

2. Avverso tale statuizione ricorre per cassazione il contribuente sulla base di cinque motivi, cui l’intimata replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la carenza motivazionale della sentenza gravata sostenendo che la Commissione di appello ha omesso di esplicitare le ragioni che l’hanno indotta a ritenere assente il riscontro delle uscite dal c/c (ove confluivano i proventi di lavoro) acceso presso la BNL, nelle entrate del c/c familiare (cointestato con la moglie) presso il Banco di Napoli. Invero, la vaghezza dell’affermazione (che richiama le sole risultanze dell’estratto conto) non permette di comprendere in quale senso i versamenti non riscontrati debbano intendersi quali ricavi non dichiarati.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce ancora, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la carenza motivazionale del profilo in questione, lamentando l’omessa motivazione, da parte della CTR, sulle ragioni per le quali non è stata accolta la spiegazione difensiva relativa al parziale impiego per le esigenze familiari dei contanti prelevati dal c/c BNL e poi solo parzialmente riversati sul c/c del (OMISSIS); inoltre, difetta la motivazione in relazione alla ulteriore deduzione del contribuente secondo la quale ai predetti contanti si univano i proventi direttamente riscossi di un canone di locazione nonchè i prelevamenti da un ulteriore conto corrente, presso la banca MPS, ove confluiva l’indennità relativa a cariche amministrative ricoperte (sindaco e assessore provinciale).

3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce ancora, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la carenza motivazionale sul punto in questione, sotto il profilo della mancata disamina della cointestazione del conto familiare con la moglie nonchè della circostanza, ampiamente documentata, della notevole superiorità del reddito familiare (cioè quello prodotto dal contribuente, dalla moglie e dalla figlia), tutto confluente sul c/c/ BNL, rispetto all’ammontare dei versamenti operati sul c/c acceso presso il (OMISSIS).

4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e agli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., per vizio del ragionamento presuntivo, dal momento che il recupero a tassazione degli importi versati sul c/c presso il Banco di Napoli è stato ritenuto fondato nonostante la pluralità di elementi contrastanti offerti dalla parte (con particolare riguardo alla cointestazione del conto familiare e alla esistenza di proventi dalle cariche amministrative di sindaco e assessore provinciale), sicchè la semplice mancanza di corrispondenza tra date e importi dei prelevamenti rispetto ai versamenti non può costituire valida presunzione utile a fondare l’accertamento.

5. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 1, 2, 3, 5, 6 e 7 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16 per essere stato considerato tardivo e inammissibile il ricorso relativo all’atto di contestazione delle sanzioni per omessa presentazione delle deduzioni difensive e del ricorso in CTP entro i 60 giorni dalla notifica; l’argomento, introdotto dall’amministrazione in sede di appello, deve considerarsi inammissibile e comunque è infondato, avendo il contribuente replicato con il richiamo alla istanza di accertamento per adesione, tempestivamente avanzata rispetto al coevo (rispetto alla contestazione delle sanzioni) avviso di accertamento, sicchè deve ritenersi validamente interrotto il termine per proporre ricorso anche in relazione all’atto relativo alle sole sanzioni.

6. Il ricorso è fondato nei limiti infra precisati.

7. Prioritaria appare la trattazione del quarto motivo di ricorso, attinente alla pretesa violazione di legge, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e agli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., per vizio del ragionamento presuntivo, non avendo la Corte territoriale adeguatamente valutato la documentazione offerta dalla parte al fine di escludere la ripresa a tassazione degli importi relativi ai versamenti sul c/c/ acceso presso il Banco di Napoli.

Osserva il Collegio che, alla luce della condivisa giurisprudenza di legittimità, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 – 01).

Invero, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, poichè questa previsione e quella di cui all’art. 38 del medesimo D.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attività svolta e dalla quale quei redditi provengano (argomentando da Sez. 5, n. 19692 del 27/09/2011, Rv. 619011 – 01).

Ciò posto, considerato che la principale questione controversa va individuata nel recupero a tassazione, quali ricavi non dichiarati, degli importi versati su c/c familiare (acceso presso il Banco di Napoli), la sentenza di appello afferma che, in relazione a tali importi, sulla base degli estratti di conto corrente prodotti dall’interessato “… in effetti gli assegni tratti sul conto corrente della Banca Nazionale del Lavoro che gestisce l’attività professionale dell’ A., e che a dire di quest’ultimo sarebbero transitati sul c/c familiare del Banco di Napoli, non trovano riscontro nell’estratto conto del Banco di Napoli depositato in atti, per cui il ricorso al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, da parte dell’Ufficio trova condivisione. Nè il contribuente fornisce ulteriore elemento probatorio per giustificare i versamenti per contanti sul c/c familiare e richiamati a tassazione dall’ufficio”.

La locuzione “non trovano riscontro”, all’evidenza, non risulta esplicativa delle ragioni per le quali la CTR non ha ritenuto che il contribuente abbia mancato rispetto alla prova liberatoria che gli compete.

Invero, ribadito che in tema di accertamenti in rettifica ai fini IRPEF, gli uffici competenti sono autorizzati, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 37 e seguenti, ad avvalersi della “prova per presunzione”, la quale presuppone la possibilità logica di inferire, in modo non assiomatico, da un fatto noto e non controverso, il fatto da accertare (con conseguente onere della prova contraria a carico del contribuente il quale, ove intenda contestare l’efficacia presuntiva dei fatti addotti dall’ufficio a sostegno della propria pretesa, oppure sostenere l’esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, deve a sua volta dimostrare gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano), nella fattispecie occorreva verificare se i versamenti giustificati dal contribuente come sostanziali giroconti (rispetto alla provvista tratta dal conto presso la BNL o dalla banca MPS -previa deduzione degli importi spesi per le ordinarie esigenze di vita del nucleo familiare) non appaiono con certezza significativi di un reddito non dichiarato, fermo restando che l’onere della prova liberatoria, per il contribuente, si commisura alla natura ed alla impiegati dall’amministrazione.

E dunque, perchè la mancanza di riscontro, tra i prelevamenti ed i versamenti, trovi logica capacità di supporto degli indizi utilizzati dall’Ufficio, in primo luogo occorre comprendere se gli importi usciti dal conto BNL siano superiori a quelli versati sul conto del Banco di Napoli e, in caso positivo verificare se la differenza sia o meno compatibile, anche in relazione al dato temporale, con le ordinarie esigenze di vita, nella misura in cui non siano state addotte spese straordinarie.

La motivazione in relazione a tali elementi di fatto non risulta dunque adeguata e per tale ragione il motivo di ricorso va accolto.

8. L’accoglimento del motivo n. 4 comporta anche l’accoglimento dei primi tre motivi, tutti inerenti il vizio di motivazione in ordine alle giustificazioni addotte dal contribuente.

9. Infondato, nel senso che si precisa, è invece il quinto motivo di ricorso con il quale (” A. lamenta la violazione di legge, sulla statuizione in ordine alla tardività del ricorso relativo all’atto di contestazione delle sanzioni (per omessa presentazione delle deduzioni difensive e del ricorso in CTP entro i 60 giorni dalla notifica), per essere stata eccepita la questione da parte dell’amministrazione solo in sede di appello.

Invero, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio, sulla quale non si era formato il giudicato, legittimo appare il rilievo formulato dalla CTR in conformità della condivisa giurisprudenza di legittimità (argomentando da Sez. 5, n. 7410 del 31/03/2011, Rv. 617465).

Infondato, di conseguenza, è anche il profilo attinente alla tardività dell’impugnazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, risultando il relativo ricorso in CTP proposto oltre il termine di legge. Peraltro, al riguardo occorre precisare che nella fattispecie parrebbe comunque operante l’istituto dell’invalidità caducante, nel senso che l’eventuale annullamento dell’accertamento travolgerebbe anche le sanzioni che quello presuppongono. Infatti, nell’ambito del fenomeno generale dell’invalidità derivata, è utile ricordare, si deve distinguere tra la figura dell’invalidità caducante (o caducazione per rifrazione) e quella dell’invalidità ad effetto viziante. La figura dell’invalidità caducante si delinea allorquando il provvedimento annullato in sede giurisdizionale costituisce il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali, esecutivi e meramente confermativi, sicchè il suo venir meno travolge automaticamente (nel senso che non occorre una ulteriore specifica impugnativa) tali atti successivi strettamente e specificamente collegati al provvedimento presupposto. L’effetto caducante può essere ravvisato solo quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione – consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perchè non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, nè del destinatario dell’atto presupposto, nè di altri soggetti. Si pensi, ad esempio, al rapporto tra bando di gara ed aggiudicazione, o tra bando di concorso e nomina: essi costituiscono evenienze in cui opera l’invalidità derivata ad effetto caducante (e non meramente viziante), in ragione dell’intensità del legame di presupposizione che lega gli atti, tale per cui il bando si pone come presupposto unico dell’atto consequenziale.

10. In conclusione, la gravata sentenza va cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, sez. dist. di Latina, affinchè, in diversa composizione, rinnovi la valutazione degli elementi probatori relativi alla natura dei riscontrati versamenti sul c/c del Banco di Napoli, al fine di comprendere se gli stessi, in ossequio al principio costituzionale della capacità contributiva e nel rispetto dell’onere della prova, costituiscano o meno incrementi reddituali.

PQM

La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, rigetta il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria regionale del Lazio – sez. dist. di Latina – in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5^ sezione civile, del 19 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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