Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7258 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 04/03/2022), n.7258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36509/2019 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Romagna n. 26, presso lo

studio dell’avvocato Roberto Sorcinelli, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via Portuense n. 104, presso lo

studio del Dott. Fabio Trinca, rappresentato e difeso dall’avvocato

Andrea Pogliani, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 26/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 23/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2022 dal cons. Dott. ANDREA FIDANZIA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Cagliari ha rigettato il reclamo L.Fall., ex art. 18 proposto da (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari che, nella contumacia della società reclamante, ne aveva dichiarato il fallimento.

La corte del merito, dichiarata infondata l’eccezione sollevata dalla reclamante, di nullità della notifica dell’istanza di fallimento (eseguita mediante deposito dell’atto presso la casa comunale, dopo che l’ufficiale giudiziario aveva inutilmente esperito l’accesso presso la sede) ha accertato la sussistenza dello stato di insolvenza della società, attesa la sua incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni con mezzi normali di pagamento, non rilevando che essa fosse titolare di un notevole patrimonio immobiliare.

(OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidandolo a due motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

La creditrice istante, A.R., non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione della L.Fall., art. 15, comma 3.

La ricorrente lamenta il rigetto dell’eccezione di nullità della notifica dell’istanza di fallimento e del correlato decreto di convocazione, sostenendo che, poiché essa aveva in precedenza sempre ritirato le notificazioni indirizzate alla sua sede legale, l’Ufficiale Giudiziario non avrebbe potuto eseguire la notifica presso la casa comunale limitandosi ad attestare (senza neppure dare atto del proprio accesso in loco) l’impossibilità di compierla presso la predetta sede, ma avrebbe prima dovuto svolgere ricerche e chiedere informazioni in modo adeguato, indicandone l’esito nella relazione di notificazione.

2. Il motivo è infondato.

La L.Fall., art. 15, comma 3, (nel testo, qui applicabile, novellato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 17, comma 1, lett. a) convertito dalla L. n. 221 del 2012) prevede, nell’ordine ed in via man mano subordinata, tre sole distinte forme di notificazione del ricorso di fallimento e del relativo decreto di convocazione: la notifica va in primo luogo eseguita, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore (risultante dal R.I. o dall’indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti); nel caso in cui, per qualsiasi ragione, questa modalità di notificazione non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica, a cura del creditore istante, va effettuata dall’Ufficiale Giudiziario di persona, a norma del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107, comma 1, presso la sede del debitore risultante dal R.I.; infine, qualora neppure questa modalità sia attuabile, la notifica si esegue con il deposito dell’atto presso la casa comunale della sede iscritta nel R.I. e si perfeziona nel momento del deposito stesso.

Il sistema di notificazione sopra illustrato – come sottolineato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 146 del 2016 – tiene conto della specialità e della complessità degli interessi (comuni ad una pluralità di operatori economici, ed anche di natura pubblica in ragione delle connotazioni soggettive del debitore e della dimensione oggettiva del debito) che il legislatore del 2012 ha inteso tutelare con l’introdotta semplificazione del procedimento notificatorio nell’ambito della procedura fallimentare e che segnano l’innegabile diversità tra il suddetto procedimento e quello ordinario di notifica ex art. 145 c.p.c. In particolare, a differenza di quest’ultima norma che è esclusivamente finalizzata all’esigenza di assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, il riformulato L. Fall., art. 15, comma 3, – come emerge, del resto, dalla relazione di accompagnamento del D.L. n. 179 del 2012, art. 17 il cui testo, in parte qua, non è stato oggetto di modifiche in sede di conversione – si propone di “coniugare” quella stessa finalità di tutela del diritto di difesa dell’imprenditore (collettivo) “con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale”. A tal fine, il tribunale non è tenuto all’adempimento di ulteriori formalità, ancorché normalmente previste dal codice di rito, quando il mancato rinvenimento dell’imprenditore presso la propria sede deve imputarsi all’imprenditore medesimo.

Tale impostazione è stata confermata dalla Consulta nell’ordinanza n. 162 del 2017, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del R.D. n. 267 del 1942, art. 15, comma 3, come sostituito dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 17, comma 1, lett. a), (conv., con modif., nella L. n. 221 del 2012), nella parte in cui consente che la notifica del ricorso e del decreto di convocazione per la dichiarazione di fallimento di imprese esercitate in forma collettiva – quando non possa essere eseguita all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) né al destinatario presso la sede legale – si perfezioni con il solo deposito nella casa comunale, senza le ulteriori cautele previste dall’art. 145 c.p.c. per le notifiche a persona giuridica (e cioè senza alcuna necessità di dare conto e notizia di tale incombente).

Non può dunque essere condiviso il principio di diritto enunciato, peraltro in obiter, da Cass. n. 28803/2018, che (richiamando Cass. n. 6761/2004, ovvero un precedente riferito a fattispecie regolata dall’art. 15 ante – riforma, in cui, in difetto di specifiche disposizioni, le modalità di notificazione dell’istanza erano necessariamente quelle previste dal codice di rito) ha affermato che “per ritenere l’irreperibilità di una società, è necessario che l’ufficiale giudiziario abbia svolto ricerche documentate nella relazione di notifica e chiesto informazioni in modo adeguato, così da consentire di presumere che il diverso esito delle precedenti notificazioni fosse riconducibile non ad una doverosa e diligente attività di ricerca del destinatario, ma a circostanze fortunate non sempre ripetibili”.

Nella specie va invece fatta applicazione del seguente principio di diritto: “la L.Fall., art. 15, comma 3, come novellato dal D.L. n. 179 del 20012, art. 17, comma 1, lett. a) convertito dalla L. n. 221 del 2012, nel prevedere tre distinte, e fra loro subordinate, modalità di notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del correlato decreto di convocazione, non richiede, nel caso in cui la notifica a mezzo PEC non sia andata a buon fine, che l’ufficiale giudiziario che si è recato personalmente presso la sede dell’impresa e che, per qualsiasi ragione, non ha potuto ivi eseguire la notificazione, effettui ulteriori ricerche onde accertare l’irreperibilità del destinatario; pertanto, una volta che l’ufficiale giudiziario abbia attestato l’impossibilità di compimento della notifica presso la sede, la notificazione deve ritenersi correttamente eseguita e perfezionata con il deposito dell’atto presso la casa comunale.

Va infine rilevato che il motivo in esame è inammissibile laddove deduce, in via generica, che l’ufficiale giudiziario non avrebbe effettuato alcun tentativo di accesso presso la sede della debitrice, atteso che l’attestazione del notificante di “impossibilità di notificare l’atto di persona presso la sede”, avente fede privilegiata, avrebbe dovuto essere impugnata con querela di falso.

3. Con il secondo motivo è stato dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.

La ricorrente lamenta che la corte d’appello non abbia tenuto conto che la propria attività sociale è quella di costruzione, gestione e vendita di immobili di proprietà; deduce, pertanto, che il suo stato di insolvenza non poteva essere desunto dal fatto che i debiti da essa contratti venivano onorati con i proventi di detta attività ed assume che, in tale prospettiva, il valore degli immobili cedibili, lungi dall’essere irrilevante, avrebbe dovuto rappresentare il principale parametro in base al quale verificare la sua capacità di far fronte alle obbligazioni sociali.

4. Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella richiesta di un diverso apprezzamento, in fatto, di una circostanza già dedotta in sede di reclamo, che la corte del merito ha esaminato, ritenendola tuttavia ininfluente al fine di escludere la sussistenza dello stato di insolvenza.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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