Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7251 del 04/03/2022
Cassazione civile sez. lav., 04/03/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7251
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6178-2020 proposto da:
O.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato, MASSIMO GILARDONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL
RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in
persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia
in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 1644/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 13/11/2019 R.G.N. 359/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/11/2021 dal Consigliere Dott.ssa PAGETTA ANTONELLA.
Fatto
RILEVATO
che:
1. la Corte di appello di Brescia ha confermato il rigetto della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria presentata da O.F., cittadino nigeriano;
2. dalla sentenza impugnata si evince che il richiedente ha dichiarato, in sintesi, di essersi allontanato dalla Nigeria per sottrarsi alle minacce della setta degli Ogboni che volevano che egli prendesse il posto del padre deceduto nell’ambito di tale setta; ha riferito di avere opposto un rifiuto in quanto cristiano e che per questo era stato rapito dai membri della setta e quindi lasciato incatenato fuori da un bosco e rimasto lì per sette giorni fino a quando era stato liberato da due cacciatori che gli avevano consigliato di allontanarsi; si era fatto mandare dalla madre i soldi per espatriare lasciando la Nigeria passando per il Niger e la Libia prima di arrivare in Italia;
3. la Corte di merito ha ritenuto la narrazione poco credibile in ragione di elementi contraddittori del racconto e della complessiva inverosimiglianza della vicenda ed evidenziato che quanto raccontato sulla setta degli Ogboni aveva trovato riscontri solo parziali nelle fonti consultate; in merito alla situazione della Nigeria era da escludere che nell’area di provenienza del richiedente – Delta State- collocata nel sud del Paese vi fosse una situazione di violenza generalizzata; non sussistevano i presupposti della protezione umanitaria in assenza di specifici elementi di vulnerabilità addotti dal richiedente e di documentazione attestante il percorso di integrazione in Italia;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Frank O. sulla base formalmente di due motivi ma in realtà di un unico motivo posto che il motivo identificato come primo (ricorso, pag. 4,) non si sostanzia in critiche alla sentenza impugnata ma si limita a ribadire la tempestività del ricorso per cassazione proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 327 c.p.c.; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. con l’unico motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, censurando il rigetto della domanda di protezione umanitaria in particolare sotto il profilo della mancata valorizzazione della minaccia di morte ricevuta dai membri della setta religiosa alla quale aveva rifiutato di aderire; sostiene che la pericolosità di tale setta era attestata da diversi siti web anche nelle regioni meridionali della Nigeria e che essa costituiva un elemento alla stregua del quale doveva essere effettuato il giudizio di comparazione tra il percorso del richiedente in Italia ed il pericolo al quale sarebbe stato esposto una volta rimpatriato;
2. il ricorso è fondato;
2.1. secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. Un. 29459/2019, Cass. n. 4455/2018);
2.2. ai fini del giudizio di bilanciamento funzionale al riconoscimento della protezione umanitaria, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed a quella alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio. A fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni sociopolitiche del Paese d’origine deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone, pertinenti al caso e aggiornate al momento dell’adozione della decisione (Cass. n. 20218/2021, Cass. 22528/2020);
2.3. la decisione di rigetto della domanda di protezione umanitaria non è coerente con tali indicazioni posto che la Corte di merito, nell’esercizio dei poteri istruttori di ufficio, al fine della prescritta valutazione comparativa, avrebbe dovuto approfondire attraverso fonti pertinenti ed aggiornate (l’unica fonte puntualmente citata in sentenza risale al 2012 ed è tratta dalla relazione della Commissione sull’immigrazione e sullo status di rifugiato del Canada del 2012) il tema sollecitato dal racconto del richiedente relativo alle caratteristiche della setta degli Ogboni con particolare riferimento al ricorso da parte della stessa a pratiche anche violente nei confronti di coloro che si rifiutavano di aderirvi;
3. la sentenza pertanto deve essere cassata con rinvio al fine del riesame della fattispecie sulla base del principio affermato;
4. alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022