Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7250 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6167-2020 proposto da:

O.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2976/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/07/2019 R.G.N. 1953/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/11/2021 dal Consigliere Dott.ssa PAGETTA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Venezia ha confermato il rigetto della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria presentata da O.G., cittadino nigeriano;

2. la Corte di merito, rilevato il passaggio in giudicato dell’accertamento relativo alla non credibilità del racconto del richiedente, ha escluso il ricorrere dei presupposti della protezione sussidiaria osservando che dalle COI consultate non emergeva la esistenza di una situazione di violenza generalizzata in danno della popolazione civile ed evidenziato che pur presentando la violenza politica e la violenza comune una certa diffusione in Nigeria, il Paese era dotato di adeguati strumenti repressivi disponendo di uno degli eserciti più potenti del continente africano del quale costituiva uno dei maggiori attori politici; non sussistevano, infine, le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto a tal fine non era sufficiente il grado di integrazione del richiedente in Italia occorrendo, in conformità delle indicazioni del giudice di legittimità, la comparazione con le condizioni di vita in caso di rientro nel Paese di origine ed in particolare la verifica se tale rientro poteva comportare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al disotto del nucleo ineliminabile costituito dallo statuto di dignità personale, situazione in concreto non ravvisabile alla luce delle fonti consultate;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso George Oribahor sulla base di un articolato motivo; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. O.G. ha premesso di essere nato nel Delta State e di essere stato allevato da un militare molto duro che lo aveva fatto diventare militante; con un gruppo di militanti era partito per la Libia dove era rimasto fino all’anno 2007 successivamente imbarcandosi per l’Italia; ha allegato di essere stato in seguito rimpatriato perché confuso con altra persona e poiché non voleva tornare al villaggio di origine ha riferito di essere andato a Lagos e di avere ivi svolto l’attività di autista per quattro anni fino a quando in seguito ad un nuovo attacco terroristico era stato di nuovo costretto a fuggire dal suo paese;

2. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett. a) punto 2 Convenzione di Ginevra, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, mancanza o apparenza di motivazione; nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,113,156 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27; ammessa la insussistenza di presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, e per la protezione ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) (v. ricorso pag. 7), sostiene che nello specifico, nel Paese di origine vi era una situazione di violenza indiscriminata secondo quanto attestato dai report e dalle informazioni reperite sui vari siti internet (che però non cita, tranne quello ministeriale ” Viaggiare sicuri” richiamato da altra pronunzia di merito). Deduce che se dovesse essere rimpatriato avrebbe come Paese di riferimento o il Delta State, città di origine della famiglia da dove verrebbe con ogni probabilità ucciso dai militanti ai quali è sfuggito o il Borno State dove aveva lavorato negli ultimi quattro anni e da dove era stato costretto a fuggire per gli attacchi terroristici in atto; richiama pronunce di merito, peraltro risalenti, sulla situazione di violenza in Nigeria e la documentazione prodotta che asserisce dimostrativa del grado di integrazione, anche lavorativa, raggiunto in Italia;

3. il ricorso è inammissibile per la assoluta genericità delle censure articolate;

3.1. secondo il giudice di legittimità in tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. n. 26 728/2019);

3.2. parte ricorrente, in relazione alla protezione D.Lgs. n. 2511 del 2007, ex art. 14, lett. c), l’unica fra quelle relative alla protezione sussidiaria, ancora sub iudice, non ha osservato tali prescrizioni limitandosi a prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perché esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (v. tra le altre, Cass. n. 2563/2020); in particolare, l’accertamento della Corte distrettuale, fondato su una pluralità di fonti puntualmente richiamate in sentenza, non appare incrinabile dalle informazione generiche invocate per il tramite del riferimento ad altra pronunzia di merito, fondata su informazioni tratte dal sito del Ministero degli Esteri ” Viaggiare sicuri” il cui scopo e funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti di protezione internazionale (Cass. n. 8819/2020);

3.3. analoga genericità si rinviene in relazione alla censura intesa a contestare il rigetto della protezione umanitaria; tale censura si limita, infatti a richiamare, senza conformarsi peraltro alle prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la documentazione prodotta relativa alla integrazione lavorativa e sociale in Italia ma non si confronta, e quindi non contrasta specificamente l’affermazione della Corte di merito, che costituisce il nucleo della ratio decidendi del rigetto della protezione umanitaria, rappresentato dalla insufficienza a tal fine della sola integrazione in Italia e dalla necessità di una comparazione con le condizioni di vita nel Paese di origine che evidenzi la violazione del nucleo fondamentale di diritti inviolabili della persona;

4. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo il Ministero dell’Interno, tardivamente costitutosi, svolto attività difensiva;

5. si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

 

 

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