Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7248 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2022, (ud. 06/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6128-2020 proposto da:

H.N., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI MIGLIACCIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1418/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 01/07/2019 R.G.N. 1681/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

16/11/2021 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di appello di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con la quale il giudice di primo grado aveva respinto la domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria avanzata da H.N., cittadino del Bangladesh;

1.1. dallo storico di lite della sentenza impugnata si evince che l’ H. ha motivato l’allontanamento dal Paese di origine con la perdita di un terreno determinata dall’alluvione del 2008 e con il timore, in caso di rientro in patria, di avere problemi con la banca che gli aveva concesso un prestito che non era riuscito ad estinguere; ha precisato di essere entrato in Italia nel 2012 e di avere chiesto in ritardo la protezione internazionale perché non aveva consapevolezza dei suoi diritti;

1.2. la Corte distrettuale, esclusi i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato avendo il richiedente motivato la fuga dal paese di origine esclusivamente per ragioni economiche, ha ritenuto che non sussistevano neppure i presupposti per la protezione sussidiaria ai sensi della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), e osservato, quanto all’ipotesi di cui all’art. 14 cit., lett. c), che le fonti consultate escludevano nella regione di provenienza del richiedente la esistenza di una situazione di violenza generalizzata tale da esporre quest’ultimo ad un rischio effettivo per la vita e l’incolumità personale; infine, non poteva essere riconosciuta la protezione umanitaria in quanto dal racconto dell’ H. non emergevano concreti ed oggettivi elementi che inducessero a ritenere in ipotesi di rientro in Bangladesh l’immissione in un contesto sociale, politico ed ambientale tale da determinare una significativa compromissione dei diritti fondamentali o della possibilità di soddisfare bisogni ineludibili della vita personale quali quelli connessi al proprio sostentamento e al raggiungimento dei livelli minimi per un’esistenza dignitosa;

2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso H.N. sulla base di tre motivi, illustrati con memoria;

3. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo parte ricorrente deduce omesso esame di fatti decisivi al fine della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); premette di avere allegato il rischio in patria di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti in ragione della condizione debitoria dovuta ad un prestito contratto con un istituto di credito in quanto il violento alluvione del 2008, che aveva interessato anche il suo villaggio, aveva coinvolto terreni coltivati di sua proprietà ed egli per far fronte alla condizione nella quale si era venuto a trovare aveva contratto un debito dando in garanzia la propria abitazione, unico bene di sua proprietà, debito destinato a divenire in caso di ritorno in Bangladesh definitivamente inestinguibile, sostiene di avere supportato tali allegazioni con articoli di stampa riferiti alla perdurante diffusione in Bangladesh di fenomeni assimilabili alla schiavitù per debiti, con pratiche di asservimento al debitore; la Corte aveva del tutto obliterato tale aspetto laddove aveva qualificato le ragioni dell’allontanamento come di ordine meramente economico senza contestualizzare il profilo dell’insolvenza nella realtà bengalese caratterizzata dalla diffusione di pratiche inumane ai danni del debitore insolvente, anche da parte di enti istituzionali e dove è consentita la carcerazione per debiti; denunzia quindi omesso esame in relazione alla questione debitoria ed ai rischi connessi alla sopravvenuta condizione di insolvenza; si duole, inoltre, del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), pur a fronte di allegazione di report sulle condizioni del Paese e sulle sue più recenti evoluzioni; evidenzia il difetto di specificità e la non conferenza delle fonti citate nella decisione impugnata;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. b) e c), per violazione da parte del giudice di merito dell’obbligo di cooperazione istruttoria in merito alle allegazioni rilevanti ai sensi del D.Lgs. cit., art. 14, lett. b), collegato al rischio di trattamenti inumani e degradanti legati alla denunziata condizione debitoria in patria;

3. con il terzo motivo di ricorso deduce omesso esame di fatti decisivi in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, rappresentati dalla mancata considerazione delle dichiarazioni, mai messe in dubbio, rese in sede amministrativa e giudiziale circa il violento alluvione che nell’anno 2008 aveva travolto il suo villaggio distruggendo le sue proprietà agricole, la sua condizione debitoria e la crisi umanitaria nella regione di provenienza;

4. premesso che la finalità meramente illustrativa e non integrativa della memoria di cui di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2, (v. tra le altre, Cass. n. 760/2018, Cass. n. 17603/2011) depositata dal ricorrente preclude l’esame del vizio di motivazione apparente denunziato solo con detto atto, il ricorso è meritevole di accoglimento per quanto di ragione;

5. secondo la costante giurisprudenza di questa Corte ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (cfr. tra le altre, Cass. n. 28990/2018, Cass. n. 17075/2018, Cass. n. 17069/2018, Cass. n. 9427/2018, Cass. n. 14998/2015). Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e quindi alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa;

5.1. è stato in particolare specificato che nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente (Cass. n. 9230/2020);

5.2. l’accertamento alla base della sentenza impugnata non soddisfa i prescritti requisiti in tema di dovere di cooperazione istruttoria del giudice;

5.3. invero il richiedente, del cui racconto non è posta in discussione la credibilità, ha indicato dei fatti specifici in merito alle ragioni dell’allontanamento dal Bangladesh ed ai pericoli ai quali sarebbe stato esposto una volta rientrato in patria; ha infatti fatto riferimento ad una calamità naturale, rappresentata dall’alluvione dell’anno 2008 che aveva colpito il villaggio di origine e che aveva comportato la perdita del terreno coltivato di proprietà ed al fatto che in conseguenza di tale calamità egli era stato costretto a contrarre un prestito con un istituto di credito dando in garanzia la propria casa; ha richiamato le conseguenze connesse alla condizione debitoria nel paese di origine;

5.4. tanto imponeva alla Corte di merito, al fine di valutare i presupposti per la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, in tutte le sue articolazione e la sussistenza di un’eventuale situazione di vulnerabilità al fine del riconoscimento della protezione umanitaria, di acquisire attraverso fonti autorevoli ed aggiornate, informazioni attinenti sia all’alluvione del 2008, alla relativa dimensione, all’impatto che aveva avuto sull’economia delle aree coinvolte, sia al trattamento della condizione dei debitori in Bangladesh, anche in ipotesi di credito acceso presso istituti di credito; in particolare, occorreva indagare le conseguenze connesse alla mancata estinzione del debito e se le stesse implicavano il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti o a regimi detentivi in contrasto la dignità della persona (vedi su tutte: Cass. n. 29142/2020);

5.5. tale accertamento è del tutto carente nel provvedimento impugnato risolvendosi esso in una generica rappresentazione delle condizioni generali del Bangladesh, rappresentazione priva di pertinenza con la specifica vicenda alla base del racconto del richiedente; è ancora da evidenziare che le fonti consultate vengono individuate mediante il riferimento al solo nome del sito internet senza alcuna precisazione circa l’epoca alla quale si riferiscono le informazioni tratte (tranne che per il sito indicato a pag. 7 della sentenza che comunque indica una fonte del 2015); ciò in violazione del principio secondo il quale il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (v. tra le altre, Cass. n. 13449/2019)

5.6. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, assorbita ogni altra censura, e la sentenza cassata con rinvio al fine del riesame della vicenda sulla base degli enunciati principi.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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