Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7247 del 14/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 14/03/2019, (ud. 08/02/2019, dep. 14/03/2019), n.7247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso l8808-2013 proposto da:

ASCIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DELL’EMPORIO l6/A, presso

lo studio dell’avvocato GIANLUCA BALDACCI, che lo rappresenta e

difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

P. & B. SNC, persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

MICHELE LAI con studio in FIRENZE V.LE G. AMENDOLA 20, con procura

notarile del Dr. C.D. in LUCCA rep. (OMISSIS) del

(OMISSIS);

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 71/012 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata ii 17/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/92/2019 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEDICINI ETTORE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIZZI per delega dell’Avvocato

BALDACCI che si riporta agli atti;

udito per il resistente l’avvocato LAI che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. Ascit Servizi Ambientali spa – società di gestione dei rifiuti urbani per conto del Comune di Capannori (LU) – propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 71/8/12 del 17 maggio 2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, in parziale riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento TIA 2005 notificato alla P. & B. snc, salvo in punto applicazione Iva, sanzioni ed interessi.

La commissione tributaria regionale, per quanto qui rileva, ha ritenuto che: – in assenza di prestazione sinallagmatica, non sussistessero i presupposti per applicare l’Iva sulla tassa rifiuti; – le sanzioni applicate si ponessero in violazione del divieto imposto dal D.Lgs. n. 22 del 1997, risultando inflitte “senza adeguata motivazione e giustificazione”; – parimenti non fossero dovuti gli interessi, stante la mancanza di una “adeguata messa in mora”.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dalla società intimata.

La ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso Ascit lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione di legge; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente escluso l’Iva sulla Tia, nonostante che quest’ultima – indipendentemente dalla questione della sua natura tributaria o privatistica presupponesse comunque la prestazione di un servizio remunerato, così da rientrare in campo Iva D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 3.

p. 2.2 Il motivo è infondato, stante l’effettiva non debenza – come correttamente ravvisato dalla commissione tributaria regionale nella sentenza qui impugnata – dell’Iva sugli importi versati a titolo di tariffa di igiene ambientale.

Si è in materia consolidato l’orientamento secondo cui la TIA (c.d. “TIA 1”) non costituisce un’entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU, disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993, con conseguente sua qualificazione in termini di tributo; tanto da rientrare nella giurisdizione del giudice tributario (tra le altre, ordinanze SSUU 23114/15 e 26268/16).

Da qui deriva l’illegittimità dell’imposizione tributaria sul tributo.

Sul punto specifico della imponibilità Iva della tariffa in questione ricorre, in particolare, quanto affermato da Cass. 4723/15 (con ampi richiami ai profili di compatibilità con il diritto UE) secondo cui: “questa Corte, in plurime occasioni (si veda Cass. Sez. 5, nn. 3293, 3294, 3542, 3755, 3756, 5825, 5826, 5827, 5830, 5831, 5833, 6258, 7333, 7335, 7336, 7338, 7339, 7341, 7342 del 2012; più di recente, Cass. Sez. 5, n. 8383 del 2013) ha avuto modo di chiarire – sulla, base di quanto affermato da Corte Cost. nn. 238/2009, 300/2009 e 64/2010 e ribadito da questa Corte, con le decisioni delle SS.UU. n. 14903/2010 e n. 25929/2011- che “… la TIA ha natura tributaria e quindi non è soggetta ad IVA, dal momento che l’Iva come qualsiasi altra imposta deve colpire una qualche capacità contributiva. Ed una capacità contributiva si manifesta quando un soggetto acquisisce beni o servizi versando un corrispettivo, non quando paga un’imposta, sia pure “mirata” o “di scopo” cioè destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il soggetto stesso. Per quanto attiene poi all’Iva, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, puntualizza che sono soggette a tale imposta solo le prestazioni di servizi “verso corrispettivo” e non quelle finanziate mediante imposte. Dunque solo ove sussista un “corrispettivo” sarà applicabile al D.P.R. n. 633 del 1972, n. 127 sexiesdecies della Tabella A, parte terza allegata, e dovrà essere applicata l’Iva sulle “prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, di rifiuti urbani e di rifiuti speciali nonchè sulle prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione”.

Questo orientamento ha poi trovato definitiva conferma nella decisione SSUU n. 5078 del 15/03/2016, in base alla quale: “la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, oggi abrogato, avendo natura tributaria, non è assoggettabile all’IVA, che mira a colpire la capacità contributiva insita nel pagamento del corrispettivo per l’acquisto di beni o servizi e non in quello di un’imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente”.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso Ascit deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, Reg. Tia Comune di Capannori, artt. 6 e 39, (approvato con Delib. consiliare 9 febbraio 2005, n. 10); insufficiente e contraddittoria motivazione. Per avere la commissione tributaria regionale escluso le sanzioni previste dal D.Lgs. n. 472 del 1997, e da tale regolamento, nonostante che l’avviso di accertamento in questione avesse avuto ad oggetto la contestazione di una maggiore superficie imponibile non dichiarata dalla contribuente e che, pertanto, si vertesse di omessa o infedele dichiarazione; nè sussisteva, nella specie, alcuna incertezza nell’applicazione normativa.

p. 3.2 E’ fondata la censura di violazione normativa.

Va infatti considerato che, in base al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 76: “1. Per l’omessa presentazione della denuncia, anche di variazione, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della tassa o della maggiore tassa dovuta con un minimo di lire centomila. 2. Se la denuncia è infedele si applica la sanzione dal cinquanta al cento per cento della maggiore tassa dovuta. (…)”.

Il Reg. Comunale Tia cit., art. 39, stabilisce che: “per l’omessa presentazione della denuncia di inizio utenza ovvero di variazione delle condizioni di applicazione della tariffa che si riconduce a diversa superficie, diversa destinazione d’uso della superficie, e diverso numero di occupanti, si applica la maggiorazione del 100% della tariffa o della maggiore tariffa dovuta, con un minimo di Euro 100 in ragione di anno, a titolo di risarcimento del danno causato e di rimborso delle spese di controllo”.

Orbene, nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto fondato (salvo che per i profili accessori) l’avviso di accertamento in questione, a sua volta basato sulla individuazione di una superficie tassabile superiore a quella dichiarata dalla società contribuente.

Dalla stessa ricostruzione della fattispecie operata nella sentenza della CTR, in altri termini, si evince come la fattispecie dovesse essere inquadrata in quella di denuncia infedele, per la quale la sanzione (fino al 100% della maggiore tassa dovuta) era prevista sia dalla legge sia dal regolamento.

Nè emergono dagli atti di causa (neppure citati dalla CTR, che si limita a genericamente rilevare un non meglio precisato “divieto” ex D.Lgs. n. 22 del 1997, ed il difetto di motivazione e giustificazione nell’applicazione) elementi specifici ed obiettivi tali da far ritenere che le sanzioni dovessero nella specie ritenersi invece illegittime per insussistenza dell’illecito (conformità della dichiarazione alla superficie produttiva di rifiuti speciali); superamento dei limiti edittali; incertezza di applicazione normativa L. n. 212 del 2000, ex art. 10.

p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso Ascit lamenta violazione e falsa applicazione di legge, per avere la commissione tributaria regionale affermato un principio generale di non debenza degli interessi, nonostante che l’amministrazione comunale applicasse gli interessi in piena conformità alla normativa, e che comunque – nel caso di specie “la somma relativa agli interessi fosse pari a zero”.

p. 4.2 II motivo è inammissibile.

La stessa ricorrente riferisce che, nel caso di specie, nessun interesse per ritardato pagamento era stato applicato, sicchè la cassazione della censurata affermazione della CTR viene qui richiesta al solo fine di ottenere, non un rimedio ad una pratica condizione di soccombenza, bensì un’affermazione di mero principio in ordine alla circostanza che l’amministrazione comunale di Capannori applichi, di prassi, gli interessi in maniera conforme alla legge.

L’interesse ad una simile pronuncia – di carattere generale ed astratto, perchè svincolato dalla specificità della fattispecie in contesa – non integra però il requisito di concretezza ed attualità che deve sussistere, ex art. 100 c.p.c., tanto nell’azione quanto nella impugnazione. E tale non può considerarsi l’intendimento della parte di ottenere la mera correzione di un’affermazione della sentenza impugnata di per sè priva di rilevanza giuridica nella fattispecie, ed inidonea ad arrecare pregiudizio di sorta sull’esito della lite: “L’interesse all’impugnazione – inteso quale manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire e la cui assenza è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo – deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata, non essendo sufficiente l’esistenza di un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica” (Cass. SSUU 12637/08; così Cass. 1236/12 ed altre).

In definitiva, va accolto il secondo motivo di ricorso, respinti gli altri. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè sono state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., mediante dichiarazione di legittimità delle sanzioni comminate con l’avviso di accertamento opposto.

Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio, stante la mancata totale convalida della pretesa tributaria dedotta.

PQM

La Corte:

– accoglie il secondo motivo di ricorso, respinti gli altri;

– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., dichiara legittimo, in punto sanzioni, l’avviso di accertamento opposto;

– compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 8 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019

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