Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7244 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. II, 15/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 15/03/2021), n.7244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22094/2019 R.G. proposto da:

N.M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Cristina

Uberti Foppa, con domicilio in Milano, Via Conio Zugna n. 5.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del tribunale di Milano n. 5922/2019, depositato

in data 9.7.2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 22.9.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto n. 5922/2019, il tribunale di Milano ha respinto la domanda di protezione internazionale proposta da N.M.M..

Quest’ultimo aveva dedotto di provenire da (OMISSIS); di aver lasciato il paese durante il conflitto armato con l’India, essendo stata distrutta la sua abitazione ed essendo stato ferito ad una gamba di non avere i mezzi di sostentamento per sè e la propria famiglia e di esser, per tali motivi, giunto in Italia.

Il tribunale ha ritenuto che nelle vicende narrate dal ricorrente non fosse dato rinvenire gli estremi della persecuzione per ragioni politiche, religiose etc., nè il rischio di un danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), osservando che, in realtà, il ricorrente si era allontanato dal paese di origine per ragioni prevalentemente economiche, come comprovava il fatto che egli aveva presentato la domanda di protezione sei anni dopo il suo arrivo in Italia.

Quanto all’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c), del citato Decreto, la pronuncia ha escluso che il Pakistan fosse caratterizzato da una violenza indiscriminata, osservando che era ormai in corso un processo di pacificazione tra le parti in conflitto.

In merito alla domanda di protezione umanitaria, il giudice ha precisato che gli elementi rappresentati in giudizio descrivevano una situazione di disagio economico di carattere personale e contingente, e che non erano emerse condizioni ostative per un reinserimento socio-lavorativo nel paese di provenienza.

La cassazione del decreto è chiesta da N.M.M. con ricorso basato su un unico motivo.

Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, art. 10 Cost., comma 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamentando che la pronuncia abbia negato la protezione umanitaria senza considerare che la condizione di vulnerabilità soggettiva può essere ricollegabile anche alla mancanza delle condizioni minime per condurre un’esistenza in cui non sia compromesso il godimento dei bisogni e delle esigenze essenziali della persona, situazione, quest’ultima, evincibile da una molteplicità di fonti attendibili, conseguendone l’impossibilità di un reinserimento del ricorrente nel tessuto socio-economico del Pakistan, anche considerando la grave situazione di instabilità politica interna e la frequenza degli attacchi terroristici. Il giudice avrebbe dovuto comparare la condizione in cui verrebbe immesso il ricorrente in caso di rimpatrio e il grado di inserimento conseguito in Italia.

2. Il ricorso è infondato.

La pronuncia ha escluso che le condizioni economiche del Pakistan fossero tali da porre a rischio il soddisfacimento delle esigenze fondamentali di sostentamento del ricorrente (cfr. decreto, pag. 11), dando atto che le stesse allegazioni dell’interessato rappresentavano una situazione di disagio di carattere personale e familiare, nel contesto di una crisi economica occasionata da fattori congiunturali, tale da non delineare comunque una grave violazione dei diritti umani.

La stessa situazione di sicurezza interna e i rischi creati dagli attentati terroristici è stata compiutamente esaminata dal tribunale, che, con motivato convincimento, ha dato atto di un percorso di progressiva stabilizzazione interna e di contenimento dei conflitti armati.

A fronte del dichiarato difetto di una specifica condizione di vulnerabilità, il ricorso si limita – per contro – a prospettare la sussistenza di gravi violazioni dei diritti umani ricollegabili alle condizioni di povertà del paese di origine sulla base di informazioni di una fonte isolata, non accreditata, e una generale situazione di insicurezza, desunta da fonti meno aggiornate di quelle utilizzate dal giudice di merito, finendo per sconfinare sul piano delle valutazioni rimesse al giudice di merito, come tali insindacabili sotto i profili denunciati.

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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