Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7242 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. III, 26/03/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 26/03/2010), n.7242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3835/2009 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato LUBERTO ENRICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ZURLO Nicolangelo, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CA.CA.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 135/2008 del TRIBUNALE di BRINDISI, SEZIONE

DISTACCATA di OSTUNI del 19/11/08, depositata il 21/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

ha concluso per l’inammissibilità della rinuncia.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. C.M. ha proposto ricorso per cassazione contro Ca.Ca. avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi, Sezione Distaccata di Ostuni, del 21 novembre 2008 e due ordinanze pronunciate nel corso del relativo svolgimento processuale e qualificate nel ricorso come interinali.

Con detta sentenza è stata rigettata l’opposizione proposta dal ricorrente avverso un precetto intimatogli dal Ca..

Quest’ultimo – cui, peraltro, il ricorso è stato notificato personalmente e non presso il suo difensore – non ha resistito.

p.2. Il ricorso è soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (art. 27, comma 2 di tale D.Lgs.).

Essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione alla stregua di tale norma, che è stata notificata all’avvocato del ricorrente e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. La relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha avuto il seguente tenore:

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile per il difetto di carattere decisorio dei provvedimenti impugnati, cioè le due ordinanze che lo stesso ricorrente dice emesse in via interinale, le quali, comunque, sono assorbite dalla sentenza. Ciò, in disparte la questione della tardività del ricorso, che sarebbe stato proposto avverso di esse ben oltre il termine c.d. lungo (peraltro, da calcolarsi senza la sospensione feriale dei termini).

3.1. Il ricorso appare inammissibile anche nei confronti della sentenza, perchè i sette motivi su cui si fonda non si concludono con la formulazione di quesiti di diritto idonei ad assolvere la funzione indicata dall’art. 366 bis c.p.c., per quanto attiene ai motivi deducenti vizi ai sensi dei nn. 2 e 3 dell’art. 360 c.p.c., mentre, quanto ai vizi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non contengono (in termini, Cass. sez. un. n. 20603 del 2007, ex multis) un momento di sintesi espressivo della c.d. “chiara indicazione”, cui allude la stessa norma dell’art. 366 bis c.p.c..

Il primo motivo deduce “violazione art. 480 c.p.c., comma 3, artt. 26 e 27 competenza territoriale art. 112 c.p.c. e art. 113 c.p.c., comma 1 e art. 360 c.p.c., nn. 2, 3 e 5, inerenti alla violazione delle norme sulla competenza, violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se il giudicante ha omesso di pronunciarsi sulla disquisizione giuridica ai sensi artt. 112 e 113 c.p.c., ma ha correttamente trattenuto il giudizio presso la sede giudiziaria della sezione distaccata ostunese ai sensi art. 480 c.p.c., comma 3, artt. 26 e 27 e art. 360 c.p.c., nn. 2, 3 e 5?”.

Il secondo motivo lamenta “violazione art. 112 c.p.c. e art. 113 c.p.c., comma 1, artt. 125 e 480 assenza requisiti atti nulli sanati e 360 numeri 3 e 5 inerenti a violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se vi è stata omissione di pronuncia sulla juris questio sviluppata sui suddetti vizi sanati e se vi è stata violazione artt. 112, 113, 125 e 480 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5?”.

Il terzo motivo deduce “violazione D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 e art. 112 c.p.c. e art. 113 c.p.c., comma 1, notifica nulla sanata e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 inerenti a violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se vi è stata omissione di pronuncia sulla juris questio sviluppata sui suddetti vizi sanati e se vi è stata violazione D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 e artt. 112 e 113 c.p.c. e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5?”.

Il quarto motivo deduce “violazione art. 113 c.p.c., comma 1, art. 100 c.p., artt. 185, 195 e 197 c.p.p., art. 187 c.c., artt. 1228, 2043, 2049, 2059 e 2325 c.c., assenza legittimazione passiva parte estromessa e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 inerenti a violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se il giudicante doveva dichiarare la persona fisica estromessa e se vi è stata violazione art. 113 c.p.c., comma 1, art. 100 c.p., artt. 185, 195 e 197 c.p.p., art. 187 c.c., artt. 1228, 2043, 2049, 2059 e 2325 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5?”.

Il quinto motivo deduce “violazione D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e 25, D.P.R. del 1972, artt. 1, 5, 6 e 21 richiesta arbitrarie art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, art. 391 bis c.p.c., D.M. del n. 127 del 2004, artt. 1, 2, 5 e 14, art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, inerenti a violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se il giudicante doveva dichiarare estinta la rispettiva obbligazione civile delle spese legali e se vi è stata violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e 25, D.P.R. del 1972, artt. 1, 5, 6 e 21 richiesta arbitrarie art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, art. 391 bis c.p.c., D.M. n. 127 del 2004, artt. 1, 2, 5 e 14 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5?”.

Il sesto motivo deduce “violazione art. 113 c.p.c., comma 1, artt. 615 e 624 sospensiva, D.M. n. 127 del 2004, artt. 1, 2, 5 e 14 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, inerenti a violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se il giudicante doveva sospendere e se vi è stata violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 1, art. 615 e 624 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004, artt. 1, 2, 5 e 14 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5?”.

Il settimo motivo deduce “violazione art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, artt. 31, 35 e 36 domanda riconvenzionale c.p. art. 198 c.p. art. 1241 c.c., e segg., artt. 1219, 2043, 2059 compensazione impropria e risarcimenti e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, inerenti a violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

L’illustrazione è conclusa dal seguente quesito: “se il giudicante ha errato ad omettere di pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale e se vi è stata violazione art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, artt. 31, 35 e 36 domanda riconvenzionale art. 198 c.p., art. 1241 c.c., e segg., artt. 1219, 2043, 2059 c.c. e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5?”.

3.2. – In disparte il rilievo che la stessa formulazione della intestazione dei motivi appare non del tutto comprensibile nella consecuzione delle espressioni con cui è articolata, tutti i quesiti si risolvono nella mera interrogazione alla Corte sul se siano state violate una serie di norme o, talvolta, in interrogativi comunque astratti.

Essi sono del tutto inidonei ad assolvere al requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c..

Sotto il primo profilo, ex multis, si veda Cass. sez. un. n. 19811 del 2008 (secondo cui: “E’ inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc civ., il ricorso per cassazione in cui l’espressione “quesito giuridico” sia seguita da una mera elencazione di norme, asseritamente violate, senza che – a conclusione o nel corpo del mezzo impugnatorio – risulti formulato il quesito in ordine al quale si chiede alla Corte l’enunciazione del correlativo principio di diritto”), mentre, sotto il secondo profilo, si vedano, sempre ex multis, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008 e n. 6420 del 2008).

3.3 – Il ricorso sembra, dunque, doversi dichiarare inammissibile.

L’inammissibilità rende superfluo ordinare il rinnovo della notificazione all’intimato presso il suo difensore, in ragione della palese nullità in quanto eseguita a lui personalmente”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni svolte dalla relazione.

Nell’imminenza dell’adunanza della Corte, la parte ricorrente ha depositato “rinuncia agli atti del giudizio ai sensi dell’art. 306 c.p.c.”.

L’atto, tuttavia, è sottoscritto personalmente dalla parte, C. M. e non anche dal suo difensore.

Ne discende che si tratta di una rinuncia priva degli effetti, posto che, pur qualificata ai sensi dell’art. 390 c.p.c., non è rispettosa del secondo comma di detta norma. Viene, dunque, in rilievo il principio di diritto secondo cui “l’atto di rinuncia al ricorso per Cassazione e invalido e, quindi, inidoneo a produrre gli effetti suoi propri, ove non sia sottoscritto congiuntamente dalla parte e dal suo avvocato, dovendosi tale formalità, cioè la duplice sottoscrizione, ritenere prescritta ad substantiam” (Cass. n. 1844 del 1976). Nè, nella specie, tenuto conto del contenuto della rinuncia, che esprime soltanto la volontà della parte di rinunciare al ricorso, può venire in rilievo il principio di diritto, di cui a Cass. n. 2103 del 1988, secondo la quale “la rinuncia al ricorso per Cassazione, che non sia formalmente perfezionata per il difetto della sottoscrizione dell’avvocato del rinunciante, richiesta dall’art. 390 cod. proc. civ., comma 2, può tuttavia rivelare l’intervenuta cessazione della materia del contendere e la sopravvenuta mancanza d’interesse del ricorrente, quando la controparte abbia aderito a tale atto o non si sia neppure costituita”. Nemmeno può venire in rilievo il principio di cui a Cass. n. 10809 del 2004, atteso che sull’atto di rinuncia figura solo l’indicazione dell’avvocato del ricorrente e manca alcuna segno che possa essere inteso come una sua sottoscrizione.

Inoltre, la sottoscrizione del ricorrente è autenticata dall’Ufficiale d’anagrafe del Comune di Ostuni e, quindi, non ha valore ai fini del presente giudizio di cassazione, atteso che il potere di cui è espressione, previsto dalla L. n. 15 del 1968, art. 20, concerne soltanto le istanze rivolte alla Pubblica Amministrazione (in termini, Cass. n. 3426 del 1998; n. 844 del 2002.

D’altro canto, neppure è rilevante quell’orientamento che ha così statuito: “La rinuncia agli atti del processo, come quella al ricorso per Cassazione, e un atto dispositivo del processo riservato alla parte e per il quale il difensore non ha il potere di rappresentanza tranne che sia munito di procura speciale. Mentre, pero, la prima può essere fatta direttamente dalla parte con dichiarazione verbale resa in udienza e senza il tramite del difensore costituito, la rinuncia al ricorso per Cassazione – non essendo consentita la comparizione personale delle parti in tale Sede – non può compiersi che per atto scritto autenticato dal difensore del ricorrente a garanzia della provenienza dell’atto dal rinunciante. Poichè, però, l’omessa sottoscrizione da parte del difensore non è colpita da nullità, deve ritenersi valido, al fine del raggiungimento dello scopo cui è preordinata la cennata autenticazione, l’atto di rinuncia la cui sottoscrizione sia stata autenticata da un notaio”.

(Cass. (ord.) n. 57 del 1979; nella stessa logica, si veda Cass. n. 9767 del 1996). E’ palese che nemmeno questo caso ricorre nella specie.

La rinuncia di cui si è detto deve, dunque, considerarsi tamquam non esset.

p.2.1. Tuttavia, in data 9 febbraio, è pervenuta altra rinuncia di identico tenore, sulla quale figura la sottoscrizione del difensore del ricorrente.

Si tratta di rinuncia rituale e ammissibile, contrariamente all’avviso espresso dal Pubblico Ministero presso la Corte, Le Sezioni Unite, infatti, hanno statuito che “In tema di giudizio di cassazione e di procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ove la parte che ha proposto ricorso per cassazione vi rinunci, alla manifestazione di tale volontà abdicativa segue la declaratoria di estinzione, anche se sussista una causa di inammissibilità dell’impugnazione evidenziata dal relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ.” (Cass. sez. un. n. 19514 del 2008).

Dev’essere, pertanto, dichiarata l’estinzione.

p.3. Il ricorso è, dunque, dichiarato estinto.

Nulla sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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