Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7242 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, (ud. 27/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2608/2016 proposto da:

COOPERATIVA ORCHIDEA SRL, domiciliata in ROMA presso la cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

ENRICO CASTALDO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.C., ARMET SAS DI E.D.M. E SOCI,

M.M., E.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato MARIA LIMONGI,

rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO MACCHIA giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 706/2014 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 18/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie di parte ricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Salerno con la sentenza n. 706 del 18/12/2014, dopo avere dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 209/2009, oggetto di gravame, in quanto emessa nella contumacia della società appellante, ed all’esito della notifica di un atto di riassunzione, scaturente dal precedente annullamento di altra sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore (con la quale era stato dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda dei controricorrenti), avvenuta senza il rispetto dei termini a comparire, decidendo nel merito, ha riscontrato la sussistenza della dedotta lesione delle distanze legali tra la proprietà degli attori ed il fabbricato della odierna ricorrente, condannandola ad abbattere le opere eseguite ad una distanza inferiore ai cinque metri dal confine della stradetta di proprietà degli attori.

Infatti, riteneva che dalla relazione del CTU espletata già nel corso del precedente giudizio di primo grado, all’esito del quale era stata adottata la sentenza poi annullata dalla Corte d’Appello, e che aveva dato vita alla riassunzione del giudizio ex art. 354 c.p.c., si evinceva chiaramente la lamentata violazione delle distanze legali, e che, per quanto ancora rileva in questa sede, non poteva avere alcuna efficacia esimente dall’obbligo del rispetto delle distanze di legge la presenza di una stradina tra la costruzione della cooperativa e la proprietà degli attori. Infatti, doveva escludersi la natura pubblica della strada ai fini dell’applicazione del secondo comma dell’art. 879 c.c., trattandosi di strada non inclusa nell’elenco delle strade pubbliche. Inoltre, sebbene ai fini dell’applicazione della previsione de qua debba farsi riferimento anche alle costruzioni a confine con strade private gravate da servitù pubbliche di passaggio, essendo a tal fine rilevante l’uso concreto che della strada possa farne la collettività, la sentenza gravata ha evidenziato che la strada non era classificata tra le strade pubbliche e che l’appellante non aveva fornito adeguata prova degli elementi idonei a far ritenere la strada come pubblica nel senso richiesto dall’art. 879 c.c..

La Cooperativa Orchidea S.r.l. ha proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di due motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati attesa la connessione delle questioni coinvolte, ad avviso del relatore sono infondati.

Con il primo motivo, infatti, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 879 e 2697 c.c., e della L. n. 2248 del 1865, art. 22, comma 3, in quanto la decisione gravata avrebbe escluso l’applicabilità dell’art. 879 c.c., sebbene la strada in questione risulti suscettibile di rientrare nell’ambito delle strade per le quali si presume la natura pubblica ai sensi del citato art. 22.

La decisione avrebbe poi invertito l’onere della prova, ritenendo che fosse la cooperativa onerata di dimostrare, nonostante la situazione oggettiva dei luoghi, la natura pubblica della strada. Inoltre avrebbe trascurato di considerare una serie di elementi probatori, che deponevano per la natura pubblica, o comunque per l’utilizzazione pubblica del bene.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame della natura della strada de qua, assumendosi che si tratti di circostanza decisiva per il giudizio, ai fini dell’applicabilità dell’art. 879 c.c., comma 2, in quanto la decisione impugnata, nonostante la questione in esame avesse costituito oggetto di discussione tra le parti, aveva omesso di motivare sulla natura della strada, omettendo di esaminare gli elementi che deponevano per la natura pubblica.

Ad avviso del Collegio deve escludersi che sussistano le denunziate violazioni di legge.

Ed, invero, affinchè possa ritenersi operante la presunzione di demanialità di cui al menzionato art. 22, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 8876/2011) non è sufficiente che si tratti di un’area contigua e/o comunicante con la strada pubblica, ma è necessario che tale area per l’immediata accessibilità appaia integrante della funzione viaria della rete stradale, così da costituire una pertinenza della strada stessa (conf. Cass. n. 4975/2007, che ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la natura pubblica di uno slargo adiacente una via comunale, benchè fosse privo di sbocchi di transito e potesse essere utilizzato dai soli frontisti, oltre a risultare in parte catastalmente intestato ai suddetti privati; Cass. 5262/2006).

In tal senso l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la parte appellante non aveva fornito la prova di elementi idonei a far ritenere la strada come pubblica ai sensi dell’art. 879 c.c., lungi dall’avere posto in essere un’indebita inversione dell’onere della prova, ben può essere intesa come volta a rimarcare che nella fattispecie, attesa la natura privata della strada dal punto di vista dominicale, e la mancata inclusione della stessa nell’elenco delle strade comunali, era comunque onere della parte interessata dimostrare che ricorrevano le condizioni di fatto alle quali il legislatore correla la presunzione di cui alla L. n. 2248 del 1865, art. 22, all. F.

Peraltro, in motivazione si è altresì aggiunto che per la configurazione di una servitù di uso pubblico gravante sulla strada privata, non è sufficiente l’utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario l’asservimento della strada all’utilizzo della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione.

Trattasi di affermazioni condivise dalla stessa giurisprudenza di questa Corte e che permettono quindi di escludere la denunziata violazione di legge.

Quanto poi alla valutazione circa la sussistenza degli elementi per fondare la invocata presunzione, si è anche ribadito che (cfr. Cass. n. 238/2004) trattasi di tipica indagine di fatto istituzionalmente attribuita dalla legge al giudice del merito e sindacabile in sede di legittimità, solo per carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.

In termini si veda anche ex multis, Cass. n. 7708/2002 nonchè Cass. S.U. n. 5522/1996, che dispone che la presunzione di demanialità stabilita dalla L. n. 2248 del 1865, art. 22, all. F – la quale non si riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle aree che, per l’immediata accessibilità, appaiono integranti della funzione viaria della rete stradale, in guisa da costituire pertinenza della strada – ha carattere relativo e, come tale, è destinata a cadere di fronte all’esistenza di elementi probatori che, secondo il prudente ed incensurabile apprezzamento del giudice di merito, siano idonei a dimostrare il carattere privato degli spazi medesimi.

La limitata sindacabilità della motivazione ai sensi dell’abrogato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., esce vieppiù rafforzata dalla modifica alla norma di cui alla novella del 2012, dovendosi nella fattispecie escludere che possa ricondursi la censura nell’ambito applicativo della previsione come modificata dal legislatore, e ciò sia in ragione del fatto che la questione della natura privata o meno della strada è stata esaminata dal giudice di merito, il quale ha attribuito rilevanza risolutiva alla circostanza che la strada aveva natura privata, dal punto di vista dominicale, ed alla mancata inclusione della stessa nel novero delle strade pubbliche, sia in considerazione del fatto che gli elementi addotti da parte ricorrente non appaiono connotarsi di per sè del carattere della decisività, trattandosi appunto di elementi che possono concorrere a fondare il giudizio circa la natura pubblica o meno della strada, ma senza assumere carattere dirimente, essendo comunque rimesso al giudice di merito il loro apprezzamento in maniera comparata.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nei confronti dei controricorrenti.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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