Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7242 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/03/2020, (ud. 06/03/2019, dep. 13/03/2020), n.7242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9464-2014 proposto da:

BELGAMES S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato AGOSTINO FULVIO

LICARI;

– ricorrente –

contro

ISPETTORATO PROVINCIALE LAVORO DI ENNA – ASSESSORATO REGIONALE AL

LAVORO – DIPARTIMENTO LAVORO, oggi ASSESSORATO REGIONALE DELLA

FAMIGLIA, DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL LAVORO, DIPARTIMENTO

REGIONALE DEL LAVORO, DELL’IMPIEGO, DELL’ORIENTAMENTO, DEI SERVIZI E

DELLE ATTIVITA’ FORMATIVE SERVIZIO XXII, DIREZIONE TERRITORIALE DEL

LAVORO ENNA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 12/2013 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 24/01/2013 R.G.N. 481/2010.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza depositata in data 24.1.2013, ha respinto il gravame interposto dalla S.r.l. Belgames, nei confronti dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Enna, avverso la pronunzia del Tribunale di Enna n. 139/2009, con cui era stata rigettata l’opposizione proposta dalla società all’ordinanza ingiunzione emessa il 21.5.2008 dall’Ispettorato, con la quale era stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 223 del 2006, art. 3, comma 3, “per l’assunzione in nero di 3 lavoratori presso la predetta impresa di ristorazione: C.G., T.D. e A.L.”, ed applicata la sanzione amministrativa di Euro 14.125,81;

che la Corte di merito, per quanto ancora rileva in questa sede, ha osservato che “La presenza di lavoratori in un sito di lavoro non può, in mancanza di specifica e rigorosa prova sul punto, configurarsi come atto di mera liberalità o cortesia, dovendosi, invece, ritenere, per una presunzione di favor dell’attività lavorativa e per la repressione delle assunzioni illegali, come attività retribuita di lavoro”, ed inoltre, che “Perchè si possa parlare di lavoro a progetto occorre la forma scritta ai fini della individuazione della data di inizio del lavoro stesso; mentre la data certa è solo quella della denunzia nominativa all’INAIL del 6.11.2006, che è successiva alla data dell’ispezione del 22.10.2006”;

che per la cassazione della sentenza la S.r.l. Belgames ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi, notificato all’Avvocatura Generale dello Stato, anzichè all’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Enna, Autorità amministrativa che ha emesso l’ordinanza ingiunzione di cui si tratta, la quale, pertanto, non ha svolto attività difensiva;

che sono state comunicate memorie nell’interesse della società; che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e si lamenta che l’autorità pubblica intimante sarebbe stata tenuta a prospettare le circostanze in forza delle quali ha ritenuto la sussistenza del carattere della subordinazione “con riferimento alle situazioni rinvenute in occasione dell’accesso ispettivo” e che la Corte distrettuale non avrebbe rilevato il difetto di compiuta esplicitazione della causa petendi, in palese violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, perchè i giudici di merito avrebbero erroneamente ritenuto che sussistesse la prova della subordinazione dei rapporti di cui si tratta, mentre, a parere della società ricorrente, l’autorità pubblica intimante nulla avrebbe offerto, al riguardo, in termini di prova e, dunque, “nessuna prova in senso proprio” sarebbe stata acquisita in relazione al profilo della subordinazione, da poter porre ragionevolmente a fondamento della decisione: per la qual cosa, sarebbe stato violato, altresì, la L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, ai sensi del quale “Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto e/o insufficienza di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere i giudici di merito “apprezzato alcun elemento di fatto”, pur presente in atti, dal quale poter escludere il carattere della subordinazione;

che, preliminarmente, va osservato che, in tema di legittimazione passiva nel giudizio di opposizione a sanzioni amministrative in materia di lavoro, “legittimata passivamente è solo l’Autorità che ha emesso il provvedimento opposto, ancorchè si tratti di organo periferico dell’Amministrazione statale che agisca in virtù di una specifica autonomia funzionale; e tale legittimazione esclusiva persiste anche nella fase di impugnazione davanti alla Cassazione, in mancanza di alcuna disposizione da cui sia desumibile il subentro del Ministero” (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 15169/2015; 8316/2015; 6788/2015; 6316/2015; 21511/2008; 12742/2007; Cass. ord. n. 6068/2018): pertanto, nella fattispecie, legittimato passivamente è l’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Enna, che ha, appunto, emesso il provvedimento opposto e, quindi, la notifica del ricorso non avrebbe dovuto essere effettuata in Roma, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, come, invece, erroneamente, è avvenuto;

che, ciò premesso, dovendosi, comunque dichiarare il ricorso inammissibile per i motivi di seguito esplicitati, è assorbente tale soluzione, in base alla quale la questione può decidersi, per il principio della “ragione più liquida” (cfr., per tutte, Cass., Sez.Un., n. 26242/2014), senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre, secondo l’ordine previsto dall’art. 276 codice di rito e art. 118 disp. att.;

che, ciò premesso, il primo motivo è inammissibile, poichè la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. “deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; pertanto, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale siffatta censura sia proposta” – come nel caso di specie – “sotto il profilo della violazione di norme di diritto (riconducibile al n. 3 del citato art. 360)” (cfr., ex multis, Cass. n. 13482/2014); che il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione, sono, altresì, inammissibili; ed in particolare, l’ultimo motivo per la formulazione non più consona con le modifiche introdotte all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile, ratione temporis, al caso di specie poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata, come riferito in narrativa, il 24.1.2013; ed il secondo motivo – che attiene, nella sostanza, alla valutazione degli elementi probatori -, in quanto, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte (cfr., ex multis, Cass. nn. 17611/2018; 13054/2014; 6023/2009), la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità del relativo apprezzamento (nella fattispecie, peraltro, del tutto congrua, condivisibile e scevra da vizi logici);

che, nel caso di specie, invero, la contestazione sulla pretesa errata valutazione delle emersioni probatorie non specifica i punti ritenuti fondamentali al fine di consentire il vaglio di decisività, che avrebbe eventualmente dovuto condurre i giudici ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione anche alle dichiarazioni testimoniali relativamente alle quali si denunzia il vizio; la stessa si risolve, dunque, in una inammissibile richiesta di riesame di elementi di fatto e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione sarebbe mancata o sarebbe stata illogica (cfr. Cass. nn. 24958/2016; 4056/2009), finalizzata ad ottenere una nuova pronunzia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014);

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che nulla va disposto per le spese nei confronti dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Enna che, per i motivi innanzi esplicitati, è rimasto intimato;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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