Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7240 del 22/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, (ud. 27/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2390-2016 proposto da:

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO

18, presso lo studio dell’avvocato MARCELLA COSTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARZIALE giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

e contro

C.I., S.F.R., S.F.A.,

M.F., CI.BR., T.E.;

– intimati –

e contro

S.F.A., C.I., domiciliate in ROMA

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, e rappresentate e

difese dall’avvocato ACHILLE SEPE giusta procura a margine del

controricorso;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 4286/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie di parte ricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

L’odierno ricorrente conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli, C.I., S.F.R. e S.F.A., questi ultimi due all’epoca minori, assumendo che era comproprietario per una quota del 50%, spettando la residua quota ai convenuti, quali eredi del defunto fratello S.P., della nuda proprietà di un appartamento in (OMISSIS), con box auto, siti alla via (OMISSIS) e di un appartamento sito in (OMISSIS), giusta atto di donazione effettuato in favore dei due fratelli dai genitori S.R. e T.E. del (OMISSIS), nonchè che era comproprietario sempre per la medesima quota di un terreno con sovrastante rudere in (OMISSIS), pervenuto ai germani S. sempre con atto di donazione del (OMISSIS) effettuato dal padre S.R..

Conveniva in giudizio altresì T.E. usufruttuaria dei due appartamenti, e chiedeva procedersi allo scioglimento della comunione, dando atto che nelle more le parti avevano sottoscritto un accordo divisionale la cui efficacia era però subordinata al raggiungimento di un’intesa circa il valore da assegnare agli immobili.

Si costituiva la C., anche quale esercente la potestà sui figli minori, che insisteva per l’invalidità della scrittura privata di divisione, e chiedeva a sua volta procedersi alla divisione.

Nel corso del giudizio intervenivano i coniugi M.F. e Ci.Br., i quali esponevano di avere acquistato dalla C. e dai figli la quota loro spettante sul terreno in (OMISSIS), chiedendo pertanto l’attribuzione dell’intera proprietà di tale cespite.

All’esito dell’istruttoria il Tribunale annullava la scrittura privata di divisione, dichiarava non comodamente divisibili i beni comuni, ed assegnava a S.E. l’appartamento in (OMISSIS) ed il terreno in (OMISSIS), previo pagamento dei conguagli rispettivamente in favore della C. e dei figli, e dei coniugi intervenuti. Quanto all’appartamento in (OMISSIS) ne disponeva la vendita, disponendo per il prosieguo delle operazioni divisionali.

Infine condannava C.I. al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 7.047,31, quale rimborso per spese anticipate per le cose comuni.

La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 4286 del 4/11/2015, rigettava l’appello principale dei coniugi M. – Ci., confermando l’attribuzione della proprietà esclusiva del bene in (OMISSIS) in favore dello S., mentre accoglieva parzialmente l’appello incidentale di C.I., S.F.R. e S.F.A..

Riteneva che la massa costituita dai beni in (OMISSIS) era divisibile, in quanto gli appartamenti, sebbene con delle differenze di valore, avevano analoga consistenza, sicchè tenuto conto che la C. ed i figli erano subentrati nei diritti di S.P., in realtà occorreva fare riferimento ad una comunione alla quale partecipavano due quotisti ognuno per una quota del 50%.

Per l’effetto poteva addivenirsi alla formazione di due quote, ed in deroga al criterio del sorteggio attribuiva all’attore il bene sito in (OMISSIS), ed ai convenuti l’immobile in (OMISSIS), disponendo che il primo dovesse versare ai secondi un conguaglio di Euro 99.365,00.

S.R. ha proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di un motivo.

Degli intimati hanno resistito con controricorso, C.I. e S.F.A., proponendo a loro volta ricorso incidentale affidato ad un motivo.

S.R. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.

Gli altri intimati non hanno svolto difese.

Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso contenente il ricorso incidentale in quanto tardivamente notificato, posto che lo stesso ricorrente individua come ultimo giorno per la notifica quello del 23 gennaio 2016.

Trattasi però di un sabato, con la conseguenza che, in applicazione dell’art. 155 c.p.c., comma 4, il termine è prorogato al primo giorno non festivo che è appunto il 25 gennaio 2016, data in cui il controricorso risulta essere stato notificato.

L’unico motivo del ricorso principale denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 1101, 1111, 1114 e 1115 c.c., nonchè l’omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio.

Si rileva che la Corte d’Appello nel riformare la sentenza impugnata, relativamente alla massa costituita dagli appartamenti in (OMISSIS), ha assegnato il bene in (OMISSIS) al ricorrente e quello in (OMISSIS) in favore delle controparti, disponendo a carico del primo il pagamento di un conguaglio, in ragione del maggiore valore economico del primo bene.

Tuttavia, la pronunzia del Tribunale che aveva parimenti assegnato il bene in (OMISSIS) al ricorrente, ma sul presupposto che si trattasse di un bene non comodamente divisibile ex art. 720 c.c., aveva previsto che questi dovesse versare in favore della C. e dei figli l’eccedenza rispetto alla quota di sua spettanza sull’immobile assegnatogli, e per un importo pari ad Euro 324.815,00 (asceso ad 328.712,73 per effetto del cumulo delle spese di precetto).

A tanto aveva provveduto parte ricorrente, come peraltro emerge anche dalla sentenza gravata, sicchè la Corte distrettuale, nel riformare la decisione di primo grado, e nel procedere all’assegnazione dei beni tra i condividenti, non poteva porre a suo carico anche l’ulteriore conguaglio di Euro 99.365,00, bensì avrebbe dovuto condannare i convenuti al pagamento della somma pari alla differenza tra quanto versato dal ricorrente e quanto loro spettante a seguito di conguaglio in conseguenza della riforma della decisione di prime cure.

Il motivo è manifestamente infondato.

E’ indubbio che la Corte d’Appello nel riformare la decisione di primo grado che aveva opinato per la non comoda divisibilità dei beni, procedendo all’assegnazione solo di uno dei cespiti che la componevano in favore del ricorrente, e nel ritenere invece che la massa fosse comodamente divisibile, ha provveduto a dare un nuovo assetto ai rapporti tra i condividenti, al quale conseguiva doverosamente la necessità di assicurare la perequazione in denaro delle differenze di valore tra le quote in natura.

La previsione del conguaglio, nella misura determinata dalla Corte di merito, si palesa quindi come assolutamente necessaria e corretta anche dal punto di vista matematico.

Ciò di cui si duole il ricorrente è in realtà che il giudice di merito non abbia tenuto conto delle somme versate dallo stesso ricorrente in esecuzione della sentenza di primo grado, versamento che risulta però privo di giustificazione a seguito della riforma della decisione appellata. Trattasi a ben vedere della pretesa alla ripetizione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, sicchè affinchè il giudice di appello fosse obbligato a provvedere in tal senso, era necessaria la proposizione di un’apposita domanda, eccezionalmente ammessa anche in grado di appello, e che si ritiene consentita anche per le ipotesi in cui il pagamento avvenga, come nella fattispecie, per effetto di una sentenza non munita di provvisoria esecutorietà (cfr. Cass. n. 18611/2013), essendo anche il pagamento dell’eccedenza dovuto dall’assegnatario del bene ex art. 720 c.c. condizionato al passaggio in giudicato della pronuncia che dispone l’attribuzione.

Il ricorrente non deduce tuttavia di avere avanzato una domanda di tale tenore al giudice di appello, per l’ipotesi di riforma della sentenza gravata, così che deve farsi applicazione dei principi costantemente affermati da questa Corte che impongono la proposizione di una specifica domanda (cfr. ex multis Cass. n. 6457/2015; Cass. n. 16152/2010), affinchè posa dedursi il vizio di omessa pronuncia.

Ne consegue che non è censurabile la decisione gravata per non avere disposto, in assenza di richiesta del ricorrente, la condanna alla restituzione delle somme versate in eccedenza da parte dello S. in esecuzione della sentenza di primo grado, fermo restando il diritto dello stesso ricorrente di poterle eventualmente opporre in compensazione, per la parte corrispondente al credito degli altri condividenti, ovvero, in caso di rifiuto di adempimento spontaneo dell’obbligazione restitutoria, di potere azionare un autonomo giudizio (cfr. Cass. n. 12387/2016).

Il ricorso incidentale è invece inammissibile.

Infatti, costituisce orientamento pacifico della Corte quello secondo cui (cfr. da ultimo Cass. n. 19959/2014) il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito.

La critica dei ricorrenti incidentali appare assolutamente generica e risulta in ogni caso carente la specifica sussunzione delle doglianze in una delle ipotesi tassative mediante le quali la sentenza di merito possa essere denunziata in sede di legittimità.

Inoltre, anche laddove voglia reputarsi dedotta una violazione di legge, il motivo sarebbe del pari inammissibile posto che (cfr. ex multis Cass. n. 635/2015) quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, elementi questi che risultano evidentemente carenti nel ricorso incidentale.

In ogni caso, anche a voler ricavare il senso delle doglianze proposte, la critica alla scelta della Corte di derogare al criterio del sorteggio e soprattutto di revocare la vendita del bene in (OMISSIS), non coglie affatto il reale contenuto della decisione gravata, la quale accogliendo proprio l’appello incidentale proposto dalla C. e dai figli, i quali si dolevano della erronea affermazione di non comoda divisibilità dei beni in comune con il ricorrente, è pervenuta alla formazione di un comodo progetto di divisione in natura, ritenendo che, pur in presenza di condividenti titolari di quote ideali di egual valore, fosse possibile procedere all’assegnazione delle quote in natura senza ricorrere al criterio del sorteggio (dando ampiamente atto delle ragioni per le quali era possibile derogarvi), risultando quindi la revoca della vendita consequenziale al giudizio di fattibilità della divisione in natura.

Il ricorso principale ed incidentale devono pertanto essere rigettati.

Le spese tra le parti costituite vanno compensate per la reciproca soccombenza.

Nulla a disporre per le spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso principale ed incidentali sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono rigettati, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso principale ed incidentale e compensa le spese;

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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