Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7240 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 04/03/2022), n.7240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15954-2020 proposto da:

D.B.C., elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Doretta Bracci, del foro di Perugia

(doretta.bracci.avvocatiperugiapec.it) che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 306/2020 del Tribunale di Perugia;

udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale del

21/10/2021 dal consigliere relatore Dott. Giovanni Ariolli.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. D.B., cittadino del (OMISSIS), ricorre per cassazione avverso il decreto n. 306/2019 del Tribunale di Perugia, con cui è stato rigettato il ricorso avverso la decisione con la quale la commissione territoriale di Firenze (Sezione di Perugia) aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale sussidiaria ed umanitaria.

2. Svolgendo tre motivi chiede l’annullamento del decreto impugnato.

2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di omesso esame e di motivazione inesistente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3 e art. 5, comma 6, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 3,8 e 32, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per non avere valutato la credibilità del ricorrente sulla base dei parametri di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, il cui diniego era stato corredato da una motivazione solo apparente o inesistente. Si lamenta che il Tribunale non ha proceduto all’esame del ricorrente e non ha fatto corretta applicazione dei criteri legali volti a stabilire, in sede di giudizio, la credibilità.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,3,5,6 e 14 e, in particolare del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 25 e degli artt. 2,3,4,5 e 9 Convenzione EDU. La censura attiene all’omessa valutazione dei presupposti, affermati come esistenti, per il riconoscimento della protezione sussidiaria, derivante ò dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato ed internazionale.

2.3. Con il terzo motivo (rubricato nel ricorso al numero 4) deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3 e 5, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19 e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, comma 11, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5 La doglianza attiene ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, alla luce della particolare situazione del ricorrente ed al livello di integrazione da questi raggiunto in Italia.

3. Il Ministero dell’Interno, non essendosi costituito nei termini con controricorso, ha depositato nota al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile.

4.1. Il primo motivo in tema di credibilità del ricorrente ai fini del riconoscimento della protezione internazionale è manifestamente infondato. Il Tribunale, con motivazione esauriente ed adeguata, ha accertato la non credibilità, sia intrinseca che estrinseca, delle dichiarazioni del richiedente, caratterizzata da evidente genericità. Ad ogni modo, i fatti narrati attengono ad una vicenda privata, di pagamento di debiti, del tutto estranea alle ipotesi di protezione internazionale. In difetto di allegazioni circa la sussistenza di ragioni tali da comportare – alla stregua della normativa sulla protezione internazionale – per il richiedente un pericolo di un grave pregiudizio alla persona, in caso di rientro in Patria, la vicenda narrata deve considerarsi, invero, di natura strettamente privata, come tale al di fuori dai presupposti per l’applicazione sia dello status di rifugiato, sia della protezione sussidiaria, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14. I c.d. soggetti non statuali possono, invero, considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave solo ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5 (cfr. ex multis, Cass., 01/04/2019, n. 9043; Cass., 23/10/2020, n. 23281).

4.2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile. Quanto all’art. 14, lett. c), il decreto impugnato si è fatto carico di indicare le fonti internazionali consultate (pag. 13), a fronte delle quali le censure del ricorrente, volte anche a lamentare una mancata integrazione documentali delle fonti, risultano del tutto generiche. Peraltro, va ribadito il principio a mente del quale, chi intenda denunciare la violazione da parte del giudice di merito del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, per avere rigettato la domanda senza indicare le fonti di informazione da cui ha tratto le conclusioni, ha – per vero – l’onere di allegare che esistono COI (Country of Origin Informations) aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto e, conseguentemente, valutare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c. (Cass., 09/10/2020, n. 21932; Cass., 20/10/2020, n. 22769). Nulla di tutto questo è stato fatto dal ricorrente, le cui allegazioni – sul punto – si appalesano del tutto generiche ed astratte.

4.3. Il terzo motivo è inammissibile. Il Tribunale ha accertato che mancavano agli atti “sufficienti allegazioni e verosimili ricostruzioni dei fatti sulla particolare vulnerabilità del ricorrente”. Ne’ a tale fine può ritenersi pertinente l’indicata assenza di condanne e carichi pendenti in Italia, dovendo il ricorrente corredare la domanda con le necessarie e specifiche allegazioni dimostrative di avere intrapreso, con carattere di stabilità, un percorso di effettiva integrazione in Italia. Solo con il ricorso per cassazione l’istante allega – inammissibilmente – una, peraltro, non meglio specificata, depressione ansiosa, senza neppure dedurre che essa – laddove realmente esistente – non sia curabile nel Paese di origine. Il tema, poi, della pandemia, che non consentirebbe all’istante di ottenere la carta sanitaria per curarsi adeguatamente in Italia in caso di covid risulta del tutto estraneo alla materia della protezione internazionale, volta ad attribuire agli extracomunitari o agli apolidi la “qualifica di beneficiario di protezione internazionale” (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1), attraverso le tre forme di protezione (status, protezione sussidiaria ed umanitaria).

5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese stante la mancata costituzione del Ministero intimato.

6. Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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