Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 724 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2017, (ud. 12/12/2016, dep.13/01/2017),  n. 724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrica – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6541/2012, proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Schenker Italiana s.p.a., in persona del legale rappres. p.t.,

elett.te domic. in Roma, alla via Romei n. 27, rappres. e difesa

dall’avv. Enrico Canepa, con procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 179/45/11 della commissione tributaria del

Piemonte, depositata il 27/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/12/2016 dal Consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito per il ricorrente l’avvocato Meloncelli che si riporta agli

atti;

udito per la parte contro ricorrente l’avv. Canepa che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore generale dott.ssa

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Guardia di Finanza, a seguito di verifica presso la sede della “Sifinet”, in data 10.3.2004, in ordine ad operazioni doganali, redasse verbale di constatazione ritenendo che il recupero del tributo fosse prescritto.

Successivamente, la g.d.f., ritenendo che quanto precedentemente riscontrato potesse configurare il reato di contrabbando, redasse nuovo verbale effettuando un riscontro delle fatture rinvenute presso la società con le movimentazioni bancarie, cui seguì la rettifica delle dichiarazioni doganali effettuata dall’ufficio e il relativo verbale del 30.10.07 di accertamento di tributi, relativamente alle operazioni eseguite dalla “Schenker Italia” s.p.a., quale rappresentante della “Sif.net”.

La “Schenker Italia” s.p.a. impugnò, con distinti ricorsi, i suddetti atti, sostenendo la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e formulando altri motivi; si costituì l’ufficio, con controdeduzioni.

La CTP, riuniti i giudizi, rigettò i ricorsi con sentenza che confermò le motivazioni addotte negli atti impugnati; La suddetta società propose appello, accolto con sentenza della CTR, sulla base della sola assorbente motivazione afferente alla violazione del predetto art. 12, in quanto l’avviso di rettifica era stato notificato prima della scadenza del termine di 60 gg. dalla redazione del verbale, prevista dalla norma.

Avverso tale sentenza l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, formulando un unico motivo afferente alla violazione e falsa applicazione del predetto art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Resiste la “Schenker Italia” s.p.a., depositando controricorso ed eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’unico motivo di ricorso e, in subordine, il rinvio della causa ad altra sezione della CTR anche per l’esame degli altri motivi d’appello non trattati nella sentenza impugnata.

Con l’unico motivo del ricorso, l’agenzia delle entrate ha denunciato la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 e art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che: la CTR non aveva considerato che il suddetto art. 12 era norma applicabile solo al contribuente sottoposto a verifiche fiscali con accesso nei luoghi destinati all’esercizio di attività commerciali e industriali, ma non alle verifiche contabili effettuate direttamente in ufficio, senza contraddittorio con il contribuente; l’eventuale violazione del detto art. 12 non avrebbe comunque comportato la nullità dell’avviso di rettifica e di quello relativo all’applicazione della sanzione; nel caso concreto era applicabile la L. n. 241 del 1990, art. 21 octies.

Anzitutto, va rilevato che l’eccezione d’inammissibilità del ricorso è stata formulata genericamente, senza alcuna esplicitazione di motivi specifici, per cui essa va respinta.

Il ricorso è fondato, in quanto l’art. 12, comma 7, presuppone l’ispezione, verifica o accesso presso la sede o i locali ove è esercitata l’attività d’impresa o professionale, mentre nella fattispecie è indubbio che ciò non si sia verificato, trattandosi di verifica documentale da parte dell’ufficio.

La sentenza impugnata non ha correttamente applicato la suddetta norma, interpretandola prescindendo del tutto dalla questione del carattere documentale, o meno, della verifica in questione.

Non presenta pregio l’eccezione della società controricorrente, secondo cui l’inosservanza del termine di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7 comporterebbe in ogni caso la nullità, qualunque sia la natura dell’accertamento.

Invece, la Corte ritiene di dare continuità al consolidato orientamento secondo cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (SU, n. 18184/13).

Pertanto, se la verifica è stata solo documentale, senza alcun accesso o ispezione nei locali destinati all’esercizio dell’attività, è indubbio che l’inosservanza del termine di sessanta giorni non determina nullità dell’avviso.

Infine, non ha nessuna valenza interpretativa, nel senso addotto dalla controricorrente, il richiamo all’ordinanza della Corte n. 6088/2011, in quanto tale pronuncia non afferisce all’oggetto del giudizio, in quanto riguarda la diversa questione dell’applicabilità del termine di sessanta giorni senza che sia dato distinguere i verbali a seconda del loro contenuto.

Pertanto, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della CTR competente.

PQM

accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla CTR della Lombardia, in altra composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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