Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7237 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 15/03/2021), n.7237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21020-2019 proposto da:

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona della Sindaca pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

lo studio dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE EDILIZIA SECONDA SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SAVOIA 37, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO ORAZI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 14/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata l’08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO

RITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.-. La società Immobiliare Edilizia Seconda ha impugnato l’avviso di accertamento emesso da Roma Capitale per parziale versamento dell’ICI dell’anno 2009, relativamente all’area fabbricabile sita in località Tor Marancia; ha dedotto che l’area edificabile di cui essa società è proprietaria è stata inserita nel perimetro dell’Appia antica con vincolo di inedificabilità assoluta; che è stato attivato in suo favore l’iter della compensazione urbanistica in virtù del quale la potenzialità edificatoria viene spostata su altre aree, ma che detto iter non è ancora completato; che di conseguenza essa società ha legittimamente continuato a versare l’ICI considerando l’area come terreno agricolo e non come area edificabile, come invece ritenuto dal Comune. Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado. Ha proposto appello Roma Capitale e la CTR del Lazio ha confermato la sentenza di primo grado rilevando che nell’anno di imposta il procedimento di compensazione edificatoria non era ancora concluso mancando la assegnazione e cessione dell’area di c.d. atterraggio; il terreno di c.d. decollo era però da considerarsi già assolutamente inedificabile per effetto del vincolo, con la conseguenza che il terreno non poteva tassarsi come edificabile.

2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione Roma Capitale affidandosi a un motivo. Resiste con controricorso la società contribuente. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso, la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, del D.L. 30 settembre 2005, art. 11-quatordecies, comma 16, del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, in combinato disposto con la L. n. 1150 del 1942, art. 23, e con l’art. 3 delle norme tecniche di attuazione del PRG di Roma, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Deduce che l’area di cui si discute è stata assoggettata sin dal 1997 ad un vincolo assoluto di inedificabilità e che il Comune di Roma ha attuato lo strumento perequativo della compensazione edificatoria da una parte all’altra del territorio, con l’obbligo per i proprietari di cedere le aree originarie al Comune di Roma. Finchè la volumetria edificatoria non viene trasferita sulla nuova area, l’originaria porzione di terreno non può essere considerata come non edificabile perchè il suo valore non è minimamente paragonabile ad un’area agricola non edificabile. E’ chiaro infatti che la volumetria che quell’area originariamente esprimeva e che sarà in un secondo momento localizzata su una diversa area comunque esprime un valore in termini di edificabilità e, di conseguenza, di appetibilità economica e quindi si traduce nell’obbligo di corrispondere l’ICI quale area edificabile.

Deduce che l’area di proprietà della società contribuente nell’anno di imposta che qui interessa risulta inserita in specifici programmi di trasformazione urbanistica presentata al Comune che tengono conto del principio di compensazione; il terreno, anche se non più concretamente edificabile deve considerarsi comunque oggetto di ICI fino al concreto atterraggio della volumetria su altre aree; cita in tal senso un precedente in materia analoga di questa Corte costituito dalla sentenza n. 27575/2018.

Il motivo è infondato.

Questo Collegio non ignora che sussistono taluni precedenti, tra cui quello citato da parte ricorrente, in tema perequazione urbanistica.

Sulla specifica questione sono però di recente intervenute le sezioni unite di questa Corte escludendo la imponibilità ICI, come area edificabile, del terreno dal quale origina il diritto edificatorio compensativo (Cass. sez. un 23902/2020).

Le sezioni unite hanno osservato che il comune denominatore dei diritti edificatori in questione è dato – al di là dei menzionati obiettivi di politica generale nel governo del territorio – dalla loro riconosciuta scorporabilità dal terreno che li ha originati, e dalla conseguente loro autonoma cedibilità negoziale; intendendosi per tale la possibilità – oggi sancita dall’art. 2643 c.c., n. 2 bis cit. del loro trasferimento oneroso tra privati indipendentemente dal trasferimento del terreno. Nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, particolarmente evidente è la progressività dell’iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest’ultima si articola – seguendo la metafora aviatoria utilizzata in materia dagli urbanisti – in una fase (o area) di “decollo”, costituita dall’assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase (o area) di “atterraggio”, data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase di “volo” rappresentata dall’arco temporale intermedio durante il quale l’area di atterraggio ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sè.

Le sezioni unite hanno quindi evidenziato che la disciplina ICI (D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1,2 e 3) quanto agli elementi costitutivi generali del tributo fa inequivoco riferimento al sostrato reale dell’imposta tanto per la legittimazione soggettiva passiva (proprietario o titolare di diritto reale su l’immobile), quanto per il presupposto obiettivo (possesso di fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli) e che questo sostrato reale fa certamente difetto nel caso del diritto edificatorio compensativo.

Il difetto di inerenza si evidenzia in particolare nella fase del “volo”; allorquando il diritto di costruire non può più essere esercitato sul fondo di origine, e non può ancora essere esercitato sul fondo di destinazione perchè non ancora assegnato nè individuato.

Le sezioni unite hanno quindi concluso che un’area già edificabile e poi assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta, non è da considerare edificabile ai fini ICI ove inserita in un programma attributivo di un diritto edificatorio compensativo, dal momento che quest’ultimo non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca e è trasferibile separatamente da esso.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

In considerazione del recente intervento di questa Corte a sezioni unite in materia ove non vi erano specifici precedenti, le spese del giudizio di legittimità sono da compensare.

PQM

Rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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