Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7234 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 04/03/2022), n.7234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9138-2021 proposto da:

C.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ADALBERTO NERI;

– ricorrente –

Contro

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 268/2021 del TRIBUNALE di BERGAMO, depositata

il 10/02/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 07/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

C.A. si opponeva ex art. 617 c.p.c., a una cartella esattoriale per spese di giustizia deducendo la mancanza di motivazione della stessa;

il Tribunale, davanti al quale resisteva l’Agenzia delle Entrate Riscossione che, a sua volta, chiamava in giudizio il Ministero della giustizia, respingeva l’opposizione ritenendo che la motivazione della cartella, redatta secondo il modello ministeriale, contenesse gli elementi individualizzanti necessari, evidenziando che non era stato fatto accesso agli atti né comunque allegato lo specifico pregiudizio subito, oltre alla circostanza che l’Agenzia aveva prodotto in giudizio la sentenza penale della Cassazione sottesa;

avverso questa decisione ricorre C.A. sulla base di un unico motivo, corredato da memoria;

resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione, mentre è rimasto intimato il Ministero della giustizia.

Diritto

RITENUTO

che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, poiché il Tribunale avrebbe motivato in modo meramente apparente, posto che nella cartella era solo riportata la data del provvedimento giurisdizionale sotteso e non l’autorità né il numero, laddove il pregiudizio alla difesa avrebbe dovuto individuarsi proprio nella impossibilità di opporsi alla esecuzione, mentre il riferimento alla possibilità di accesso agli atti confermava le carenze della cartella quali dedotte;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è infondato;

la censura dedotta è la carenza di motivazione, mentre, come desumibile da quanto riferito in parte narrativa, la stessa è pienamente individuabile;

in ogni caso, le deduzioni riferibili alla mancanza di motivazione della cartella avrebbero dovuto dirsi in parte inammissibili, in parte infondate, per come esposte;

infatti, per un verso la deduzione per cui il “vulnus” sarebbe consistito nella impossibilità di proporre opposizione all’esecuzione non si chiarisce e dimostra in ricorso quando allegata nella fase di merito, per altro verso la stessa non appare concludente non essendo corredata dalla specificazione del perché non sarebbe stato individuabile, attraverso la data, il provvedimento giurisdizionale sotteso alla cartella, ad esempio in quanto mai conosciuto né conoscibile, ovvero perché sovrapponibile ad altri, così potendosi e dovendosi integrare la motivazione del giudice di merito nei limiti della corretta sussunzione legale della fattispecie, e fatto quindi salvo l’apprezzamento fattuale proprio del solo giudice di merito;

proprio per questo la costante nomofilachia ha ripetutamente chiarito, anche in altri e contigui ambiti, che nella cartella esattoriale non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso, al quale sia stato fatto riferimento, essendo sufficiente l’indicazione di circostanze univoche che consentano l’individuazione di quell’atto, al fine di tutelare il diritto di difesa del destinatario rispetto alla verifica della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (cfr. Cass., 11/10/2018, n. 25343);

e in questo senso è stato ulteriormente precisato (Cass., 30/01/2019, n. 2553, pagg. 11-12) come il ricorrente che alleghi lacune nell’identificabilità dei provvedimenti giurisdizionali sottesi alla cartella, contenenti le ragioni dei crediti, deve altresì spiegare quale avrebbe potuto essere, in concreto, la lesione del diritto di difesa subita per questo motivo nell’opporsi ex art. 615 c.p.c., ossia quale sarebbe stata l’ulteriore deduzione che in quella sede avrebbe svolto dopo la migliore conoscenza delle statuizioni, invece assunta come inibita;

fermo rimanendo che la concreta sussistenza del discusso pregiudizio e della discussa utile conoscibilità è oggetto di un effettuato accertamento in fatto, come tale sindacabile, in sede di legittimità, solo ex art. 360 c.p.c., n. 5, solamente nei limiti di ammissibilità di questo;

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 1.200,00, oltre a spese prenotate a debito, 15% di spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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