Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7233 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/03/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 13/03/2020), n.7233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1454-2018 proposto da:

D.S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LAMBERTO PAGNOTTA;

– ricorrente –

contro

D.S.F., N.D.S.E., D.S.C.,

N.L., DE.SI.FE., D.S.L., SOCIETA’ SPALIC LLC,

A.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4301/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – D.S.R. ricorre per un unico articolato motivo, nei confronti di D.S.F., N.D.S.E., D.S.C., Eredi D.S.E. impersonalmente e collettivamente, nonchè i medesimi N.L., D.S.L. e De.Si.Fe., personalmente, Spalic Llc, A.C., quale amministratore di sostegno di esso D.S.R., contro la sentenza del 28 giugno 2017 con la quale la Corte d’appello di Roma aveva dichiarato inammissibile l’appello dello stesso D.S.R. avverso la sentenza del Tribunale di Velletri che, rigettando la domanda del D.S.F. di interdizione del proprio fratello, D.S.R., aveva disposto la trasmissione degli atti al giudice tutelare, nominando, in via provvisoria, quale amministratore di sostegno, l’avvocato A.C..

La dichiarazione di inammissibilità è stata determinata dall’inosservanza, da parte dell’appellante D.S.R., del termine, a tal fine assegnatogli ai sensi dell’art. 331 c.p.c., per l’integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario D.S.C..

2. Gli intimati non spiegano difese.

3. – La proposta del relatore non è stata contrastata da memoria di parte ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. – Il ricorso è fondato sui seguenti motivi: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per la decisione del Giudizio. Il ricorso per interdizione o inabilitazione è sfornito di prova come meglio precisato nella memoria integrativa redatta dall’Ing. D.S., a sua firma, allegata all’iscrizione a ruolo del giudizio. La relazione del CTU è nulla per mancato inizio delle operazioni peritali in quanto il periziando D.S.R. non è stato mai chiamato per partecipare all’inizio delle operazioni peritali; La relazione del CTU, pur ammettendo la sua validità ed autenticità per assurdo – il che non è, per principio non può sostituire l’onere della prova (come insegna costante giurisprudenza della Corte). La motivazione con cui il Giudice di Appello ha respinto la domanda proposta D.S. è solo apparente ed è viziata per insufficiente motivazione. Nella decisione la Corte di Appello di Roma nel respingere la domanda si basa sulla sola mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della convenuta appellata D.S.C.. La difesa dell’appellante non ha potuto provvedere al rinnovo della notifica non avendo potuto prendere visione del fascicolo di primo grado che è pervenuto in ritardo dalla Cancelleria del Tribunale di Velletri. Questo aspetto non è stato considerato dalla Corte di Appello che, non ha concesso il termine e si è limitata a dedurre in motivazione sul solo punto per confermare la sentenza. La sentenza di appello è errata e viola anche il principio della motivazione tra il chiesto ed il pronunciato: non ha tenuto conto liquidando le spese di lite della espressa rinuncia alle stesse da parte dell’unico appellato costituito sig. D.S.F.. E non motiva perchè si è discostata da tale richiesta. La motivazione viola l’art. 112 c.p.c., che impone la corrispondenza della pronuncia alle richieste delle parti e la motivazione nel discordarsi dalle stesse. Il punto focale che rende nulla ed inesistente la sentenza di appello è quello relativo alla nullità assoluta ed insanabile della consulenza tecnica di ufficio in primo grado, e su tale punto la Corte di Appello non si è pronunciato, violando il principio del contraddittorio. In effetti il perito è incorso in una irregolarità nello svolgimento del proprio incarico omettendo la comunicaione della data di inizio delle operazioni peritali alle parti, e questo vizio del procedimento rende nullo l’elaborato peritale. Questa nullità insanabile non è stata dichiarata dal Giudice di primo grado e non è stata dichiarata da quello di secondo grado, che ha omesso di pronunciarsi sul punto, anche se dalla nullità della perizia discende la illegittimità della sentenza appellata. Lo stesso Pubblico Ministero partecipando al Giudizio di Appello fa proprie le conclusioni della CTU ed a queste fa riferimento per chiedere la conferma della sentenza di primo grado, è di tutta evidenza che la omessa dichiarazione di nullità della perizia in primo grado e la ripetuta omissione in secondo grado viola l’art. 162 c.p.c.; Si ripete la CTU non può sostituire l’onere della prova e non può essere disposta in assenta di prova su una patologia, peraltro inesistente ed indimostrata; Si è costituita una evidente violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per evidente insufficiente motivazione sulle ragioni di rigetto dell’appello. Non solo ma vi è stata violazione dell’art. 713 c.p.c., per omessa verbalizzazione della partecipazione del P.M. nel giudizio di primo grado, questa violazione si riflette sul giudizio di appello. Nel Giudizio di primo grado all’udienza del 10.12.2014, come riferisce l’Ing. D.S., il P.M. aveva esaminato la relazione del CTU concludendo per la sua falsità e questa verbalizzazione, è sparita dal verbale di udienza come riferito dall’Ing. D.S.; Per meglio chiarire le violazioni di legittimità indicate nel ricorso si chiede la rilettura di tutti gli atti del giudizio ed in particolare della memoria documentata redatta dall’Ing. D.S.R. allegata all’iscrizione a ruolo del giudizio”.

RITENUTO CHE:

5. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

6. – Il ricorso è inammissibile.

6.1. Lo è innanzitutto per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, dal momento che si fonda su taluni atti e documenti, come richiamati nel motivo precedentemente trascritto, che non solo non sono comprensibilmente riassunti, ma non sono neppure localizzati. Vale allora rammentare che l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, stabilisce che: “Il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità… 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”. Questa Corte ha in più occasioni avuto modo di chiarire che detta disposizione, oltre a richiedere l’indicazione degli atti e dei documenti, nonchè dei contratti o accordi collettivi, posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale tali atti o documenti risultino prodotti, prescrizione, questa, che va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Il precetto di cui al combinato disposto delle richiamate norme deve allora ritenersi soddisfatto:

-) qualora l’atto o il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui l’atto o il documento è rinvenibile;

-) qualora l’atto o il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che esso è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non partecipi al giudizio di legittimità o non depositi il fascicolo o lo depositi senza quell’atto o documento (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475).

La stessa regola è naturalmente operante con riguardo a quanto eventualmente contenuto nel fascicolo d’ufficio e posto a fondamento del ricorso.

6.2. – L’inammissibilità del ricorso, d’altro canto, discende dalla circostanza che esso sia stato formulato in relazione ad una previsione non più vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il quale si riferisce oggi, nel testo ratione temporis applicabile al caso in questione, trattandosi di sentenza pronunciata nel 2017, all’omessa considerazione di un fatto storico decisivo e controverso, esclusa sotto ogni profilo l’ammissibilità di una denuncia di insufficienza della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

6.3. Ed inoltre il ricorso è altresì inammissibile non soltanto per tutto quanto non ha a che vedere con la ratio decidendi posta a fondamento della decisione impugnata (sicchè sono inammissibili le doglianze concernenti la consulenza tecnica d’ufficio e la sussistenza dei presupposti per l’amministrazione di sostegno), ma anche perchè non contrasta utilmente la motivazione addotta dal giudice di merito, laddove ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per omessa integrazione del contraddittorio, nonostante l’assegnazione di apposito termine ai sensi dell’art. 331 c.p.c..

Vale difatti osservare che la decisione del giudice d’appello è conforme all’insegnamento di questa Corte secondo cui, qualora il giudice abbia pronunziato l’ordine di integrazione del contraddittorio in causa inscindibile e la parte onerata non vi abbia provveduto, non può essere assegnato un nuovo termine per il completamento dell’integrazione, che equivarrebbe alla concessione di una proroga del termine perentorio precedentemente fissato, vietata espressamente dall’art. 153 c.p.c., salvo che l’istanza di assegnazione di un nuovo termine, tempestivamente presentata prima della scadenza di quello già concesso, si fondi sull’esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata o, comunque, risulti che la stessa ignori incolpevolmente la residenza dei soggetti nei cui confronti il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato (p. es. Cass. 11 aprile 2016, n. 6982).

Ciò detto, la Corte territoriale ha osservato di aver assegnato all’appellante termine per provvedere alla instaurazione del contraddittorio nei confronti della D.S.C., ma che lo stesso appellante, ah udienza successiva, aveva dichiarato di non aver provveduto all’adempimento nè di essersi neanche attivato al riguardo, null’altro aggiungendo a giustificazione della propria inerzia.

Va da sè che la circostanza addotta a base del motivo di ricorso, concernente la ritardata acquisizione del fascicolo di primo grado (fascicolo che peraltro la parte interessata bene avrebbe potuto compulsare presso il giudice a quo) è inammissibile per la sua novità, trattandosi di questione non emergente dalla sentenza impugnata, che l’interessato non ha indicato di aver utilmente sollevato in fase di merito.

6.4. – Resta soltanto da dire che l’inammissibilità si estende alla parte della censura concernente la liquidazione delle spese di lite, poichè fondata su una rinuncia della controparte alle spese del doppio grado, riguardo alla quale il ricorso è ancora una volta totalmente privo del requisito dell’autosufficienza.

7. Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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