Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7227 del 22/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, (ud. 27/01/2017, dep.22/03/2017),  n. 7227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9020/2016 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO RINASCIMENTO

11, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SANTONI, rappresentato e

difeso dagli avvocati ANGELO SCALA, LUCA PISANI;

– ricorrente –

contro

S.M., S.M. (in proprio e nella qualità di

legale rappresentante delle figlie minori

S.d.M.S. e S.) e S.G. (in proprio e nella qualità di

legale rappresentante dei figli minori F.G.A. e

M.E.), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3,

presso lo studio degli avvocati MICHELE SANDULLI, GIACOMO D’ATTORRF,

e ANTONIO NARDONE; dai quali sono rappresentati e difesi;

nonchè

S.F., S.L., SO.MA.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA, rappresentati e

difesi dall’avvocato SETTIMIO DI SALVO;

– controricorrenti –

nonchè

L’INIZIATIVA SRL, GEA SRL, L’INTRAPRESA SRL, C.E.,

S.M.A., S.C., S.P.,

S.S. (quali eredi di S.R.);

– intimate –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il

01/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Nella lite tra gli eredi S. promossa da S.L. nel febbraio 2015 contro il nipote S.S.M. ed altri (RG n. 3272/2015), il Tribunale di Napoli con ordinanza 1.4.2016 ha dichiarato la propria incompetenza per materia, ritenendo la controversia di competenza della sezione specializzata per le imprese presso il medesimo Tribunale ai sensi del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 2, lett. b), perchè era sorta controversia anche sulla titolarità di partecipazioni sociali e sulle operazioni contrattuali che ne avevano determinato il trasferimento.

2. Contro tale decisione l’attore ha proposto istanza di regolamento di competenza a cui hanno aderito, con memoria, S.F., Ma. e L., mentre S.M., M. e G. (queste ultime anche in qualità di esercenti la potestà sui rispettivi figli minori) hanno resistito con memoria difensiva, ritenendo invece corretta l’ordinanza del Tribunale.

Il Procuratore Generale ha rassegnato a sua volta conclusioni scritte chiedendo che l’istanza venga dichiarata inammissibile.

Le parti hanno depositato memorie.

3. In via preliminare e del tutto assorbente rispetto ad ogni altra questione sull’oggetto del giudizio, l’istanza di regolamento di competenza va dichiarata inammissibile, conformemente alla richiesta del Procuratore Generale.

Alla Corte di Cassazione viene chiesto di stabilire se competente a decidere la lite sia la sezione ordinaria del Tribunale di Napoli (l’ottava) o quella specializzata per le imprese presso il medesimo ufficio giudiziario.

Ritiene la Corte di dover confermare l’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità secondo cui la ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio (v. tra le varie, Sez. 6-1, Ordinanza n. 24656 del 22/11/2011 Rv. 620421 – 01; Sez. 6-1, Ordinanza n. 21668 del 20/09/2013 Rv. 627812 – 01; Sez. 6-1, Ordinanza n. 11448 del 23/05/2014 Rv. 631473 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 12326 del 2015 in motivazione). Ne consegue che, ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione specializzata è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’indicata pronuncia, poichè in siffatti casi trattasi di questione che concerne la ripartizione degli affari all’interno dello stesso ufficio. Tale principio è stato ripetutamente affermato da questa Corte per quanto riguarda le controversie all’interno del medesimo ufficio giudiziario ripartite tra la sezione lavoro e quella ordinaria (v. Cass. 20494/09 v. anche Cass., 19 febbraio 1979 n. 1084; Cass. 1 dicembre 1981 n. 6379; Cass. S.U., 7 febbraio 1994 n. 1238 Cass. ord. 9.8.2004 n. 15391; Cass. ord. 9.11.2006 n. 23981; Cass. S.U., ord. 31.10.2008 n. 26926), ovvero tra la sezione competente in materia societaria e la sezione ordinaria (Cass. 23891/06). Analogamente è stato ritenuto in materia fallimentare, laddove è stato affermato che quando il Tribunale in sede ordinaria ed il Tribunale fallimentare individuato nell’apposita sezione dello stesso, espressione dell’organizzazione interna dell’ufficio giudiziario e non già ufficio autonomo munito di propria competenza, non siano territorialmente diversi, l’adizione del primo, in luogo del secondo, non fa sorgere una questione di competenza suscettibile di essere fatta valere con il corrispondente regolamento, ma integra piuttosto un’ipotesi di improcedibilità della domanda denunziabile mediante gravame ordinario. (Cass. 8025/01). Nel caso di specie – richiamandosi le argomentazioni esposte con la citata Ordinanza 24656/2011 – non vi è ragione alcuna per estendere gli evidenziati principi anche alle sezioni specializzate per le imprese, non potendosi ad esse applicare il diverso principio affermato in riferimento alle sezioni agrarie in ordine alle quali si è ritenuto sussistere una questione di competenza ove si discuta se la causa debba essere decisa da dette sezioni o da quelle ordinarie (Cass. 19984/04; Cass. 5829/07; Cass. sez. un. 19512/08; Cass. 17502/10). Questa Corte, infatti, ha a più riprese chiarito che i presupposti su cui si basa la competenza delle sezioni agrarie si fondano su una normativa del tutto peculiare in base alla quale il rapporto di dette sezioni con le altre del medesimo tribunale si connota “nel senso di suggerire che tale rapporto si iscrive nell’ambito della nozione di competenza, in quanto all’unico dato contrario (e favorevole alla riconducibilità alla nozione della ripartizione interna ad un unico ufficio), rappresentato dall’essere la Sezione incardinata nell’ambito del Tribunale e, quindi, organizzativamente e burocraticamente nell’Ufficio del Tribunale, se ne contrappongono tre favorevoli, costituiti il primo dall’uso da parte del legislatore del termine competenza per individuare la potestà giurisdizionale delle Sezioni, il secondo dall’espresso riferimento della competenza proprio alla Sezione, il terzo dall’essere la composizione della sezione del tutto peculiare, in quanto scaturente dall’apporto di magistrati ordinari togati in servizio presso il Tribunale e di magistrati onorari, i cd. esperti, altrimenti estranei al normale apparato organizzativo del Tribunale” (Cass 189984/04). Questi ultimi tre dati, in sostanza, mostrano che, nelle intenzioni del legislatore, seppure ai fini burocratici la Sezione risultasse incardinata nell’ambito dell’ufficio del tribunale (o della Corte) e, quindi, istituita “presso” il Tribunale (o la Corte d’Appello), in ossequio, del resto, al dettato dell’art. 102 Cost., comma 2, secondo inciso, tuttavia, ai fini della disciplina della competenza costituiva il punto di riferimento di una vera e propria competenza anche nei riguardi dell’ordinaria articolazione di tale ufficio e, quindi, se del caso, delle altre sezioni” (Cass. 19984/04).

Tali presupposti non ricorrono però nel caso delle sezioni specializzate per le imprese, che non dispongono di una propria autonoma competenza nei riguardi dell’articolazione dell’ufficio giudiziario cui appartengono: l’elemento decisivo per pervenire a tale conclusione è contenuto nel D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 2, comma 2 ove si stabilisce che “ai giudici delle sezioni specializzate può essere assegnata, rispettivamente dal Presidente del tribunale o della corte d’appello, anche la trattazione di processi diversi, purchè ciò non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia di impresa”. In altri termini le sezioni specializzate possono essere, ed in molti casi lo sono, delle sezioni “miste” in cui possono essere trattate sia materie riguardanti la competenza esclusiva in materia di impresa che cause ordinarie rientranti nella normale sfera di competenza del Tribunale. Ciò dimostra che la competenza specializzata resta comunque inserita nell’ambito dell’articolazione dell’ufficio giudiziario e non da luogo ad una competenza separata. Un ulteriore argomento lo si deduce dal D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, che espressamente qualifica come competenza per materia quella delle sezioni per le imprese, alla stessa stregua dell’art. 413 c.p.c., che attribuisce la competenza a decidere sui rapporti di cui all’art. 409 c.p.c., al giudice del lavoro nonchè della L. Fall., art. 24, che stabilisce la competenza del tribunale fallimentare a decidere di tutte le controversie che derivano dal fallimento.

Anche il fatto che in conformità al “processo del lavoro” e in difformità dal “processo agrario”, l’organo giudicante non sia integrato da componenti non togati, ma ne viene solamente stabilito (peraltro non senza eccezioni) il carattere collegiale, analogamente a quanto stabilito, per il procedimento ordinario, dall’art. 50 bis c.p.c., costituisce elemento che induce a ritenere la non assimilabilità della sezione specializzata per le imprese a quelle agrarie.

Il Collegio non ignora qualche precedente in senso contrario (Sez. 6-L, Ordinanza n. 15619 del 24/07/2015 Rv. 636585 – 01) che fa leva sulla necessità di eliminare una asimmetria di trattamento tra i casi in cui il Tribunale per le imprese sia o meno costituito presso il Tribunale ordinario, ma ritiene di confermare l’orientamento assolutamente maggioritario per le ragioni sopra esposte, rilevando che in ogni caso il controllo sulla materia da assegnare alle sezioni viene pur sempre effettuato dal capo dell’Ufficio (preposto per legge a tale compito) ed alle parti non è comunque vietato di interloquire.

Dalle esposte considerazioni discende inevitabilmente l’inammissibilità dell’istanza di regolamento di competenza, soluzione proposta – come si è detto – dal Procuratore Generale e su cui in sostanza finisce per concordare lo stesso ricorrente (v. pagg. 16 e 17 del ricorso).

Resta solo da precisare che lo stallo paventato dal ricorrente è agevolmente superabile nel caso di specie perchè il Presidente del Tribunale si è comunque già espresso e quindi il giudizio dovrà necessariamente proseguire, previa istanza di fissazione dell’udienza a cura della parte interessata, davanti al giudice già designato della sezione ordinaria del Tribunale di Napoli, dovendosi ritenere che impropriamente quel il giudice abbia declinato la propria competenza in favore di una sezione costituita all’interno dello stesso ufficio.

Il provvedimento oggi impugnato con regolamento di competenza, in altri termini, seppure formalmente emesso come ordinanza di incompetenza per materia non può ritenersi produttivo di quell’effetto traslativo tipico dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 38 c.p.c., proprio perchè – lo si ripete – ha deciso su una questione di riparto degli affari tra le sezioni del medesimo ufficio giudiziario.

L’esistenza di qualche precedente giurisprudenziale in senso difforme giustifica senz’altro la compensazione delle spese.

Considerato infine che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato dichiarato inammissibile, ricorrono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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