Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7224 del 26/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 26/03/2010), n.7224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26291/2008 proposto da:

COMUNE DI BORDIGHERA in persona del Sindaco e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BENEDETTO

CAIROLI 6, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ALPA, rappresentato e

difeso dall’avvocato PARODI Giampaolo, giusta Delib. Giunta Comunale

29 febbraio 2008, n. 38, e giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ MIRAMARE SAS IN LIQUIDAZIONE, EQUITALIA SESTRI SPA – AGENTE

DELLA RISCOSSIONE DELLA PROVINCIA DI IMPERIA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 100/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di GENOVA del 4.10.06, depositata il 29/08/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Il Comune di Bordighera propone ricorso per cassazione nei confronti della Diramare di Allione Franco e C. s.a.s. (che è rimasta intimata) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di cartella di pagamento lei, la C.T.R. Liguria, in riforma della sentenza di primo grado, annullava il ruolo e la cartella, rilevando che doveva ritenersi inesistente la notifica del prodromico avviso di accertamento, posto che essa, intestata alla Miramare s.r.l. (società esistente in Sanremo ad altro indirizzo), non fu consegnata al legale rappresentante della Miramare s.a.s., effettivo destinatario, avendo questi dichiarato di non essere il legale rappresentante della Miramare s.r.l. e non risultando dalla relata che il messo comunale avesse reso edotto il suddetto legale rappresentante del fatto che i dati formali dell’atto da notificare (codice fiscale e sede) concordavano con quelli della Miramare s.a.s..

2. Coi primi due motivi di ricorso, deducendosi violazione di norme processuali, si sostiene che nella specie non vi era stato un vizio della notificazione bensì un errore materiale nella intestazione dell’avviso di accertamento – che peraltro era diretto incontrovertibilmente alla Miramare s.a.s. e non alla s.r.l., come risultante da tutti i dati sul medesimo atto riportati – in quanto la notifica era stata fatta presso la sede della società e a mani del legale rappresentante, il cui rifiuto, certificato dal messo, doveva far ritenere la notifica ritualmente avvenuta a mani proprie, e si aggiunge che, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., doveva ritenersi la prevalenza della sostanza sulla forma e pertanto l’impossibilità di affermare l’inesistenza di una notifica solo a cagione di un mero errore materiale nell’intestazione dell’atto da notificare. Tali censure sono manifestamente infondati.

E’ infatti innanzitutto da rilevare che il secondo comma dell’invocato art. 138 c.p.c., presuppone che non sia in discussione, al momento della notifica, la corrispondenza del destinatario della notificazione col (mancato) consegnatario dell’atto da notificare in quanto rifiutante: il rifiuto, per produrre le conseguenze di cui alla citata disposizione, deve infatti provenire da colui che risulti al momento della notificazione destinatario dell’atto, non potendo ritenersi che sussistano le condizioni di cui alla norma citata nel caso in cui il rifiutante si dichiari non destinatario dell’atto e tale dichiarazione risulti giustificata, come nella specie, dalla circostanza che l’atto da notificare sia intestato ad altro soggetto (peraltro realmente esistente), sia pure sulla base di un errore, che però dalla relata non risulta che il rifiutante fosse stato posto in grado di riconoscere.

E’ inoltre da precisare che non risulta invocato a proposito neppure l’art. 156 c.p.c., posto che nella specie la notifica non ha raggiunto il proprio scopo (ossia quello di portare a conoscenza del destinatario il contenuto dell’atto da notificare), e ciò, aggiungasi, per motivi che non sono addebitabili al destinatario medesimo (secondo quanto risultante dall’accertamento in fatto operato dai giudici d’appello), così impedendo, come sopra affermato, l’operatività della fictio di cui all’art. 138 cit., norma che, imponendo un sacrificio di garanzie, non può che essere di strettissima interpretazione.

Le censure in esame presentano peraltro profili di inammissibilità laddove con esse, attraverso la denuncia di violazione di legge, si tende in realtà a censurare anche l’accertamento e la ricostruzione in fatto operata dai giudici d’appello.

Anche il terzo motivo (col quale si deduce vizio di motivazione per non avere i giudici d’appello individuato le circostanze nelle quali sarebbe maturato il rifiuto di ricevere l’atto e per non aver dato conto delle ragioni per le quali doveva ritenersi che il rifiutante non fosse stato posto a conoscenza del contenuto dell’atto – e quindi del fatto che, al di là dell’errore nell’intestazione, questo fosse a lui diretto -), è manifestamente infondato.

I giudici d’appello hanno adeguatamente motivato il proprio convincimento in proposito sulla base del fatto che nulla risultava dalla relata nonchè del fatto che il messo comunale, in relazione alla legge sulla privacy, non poteva portare il contenuto di un atto da notificare a conoscenza di un soggetto che, in base alla intestazione dell’atto medesimo, non ne risultava destinatario.

La motivazione risulta logica ed esauriente, soprattutto considerando che il processo tributario è un processo documentale e che pertanto, non potendo presumersi che soggetti che si dichiarano non destinatari di un atto (e che neppure risultano tali dalla intestazione dello stesso) siano posti in grado di prendere visione del suo contenuto, la circostanza che il rifiutante era stato posto a conoscenza del contenuto dell’atto non potrebbe che essere provata documentalmente (ossia attraverso la relata di notifica, nella quale il notificante, quale pubblico ufficiale, deve dare atto di tutto quanto da lui compiuto o avvenuto in sua presenza), ma tanto è escluso dalla sentenza impugnata (secondo la quale nulla di tutto ciò risulta dalla relata, senza che tale punto specifico sia stato oggetto di censura in questa sede).

I motivi quarto e quinto (coi quali si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 – per avere i giudici d’appello aggirato il divieto di prova testimoniale nel processo tributario – e vizio di motivazione – per avere i predetti giudici disatteso senza motivazione alcuna la relativa eccezione di parte -) sono inammissibili sotto svariati profili, e innanzitutto perchè la sentenza impugnata non risulta in alcun modo motivata sulla base del contenuto di dichiarazioni irritualmente prodotte.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione deve essere assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

 

 

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