Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7224 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/03/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 13/03/2020), n.7224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 895-2019 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIACOMO PALLOTTA, PIERLUIGI RUSSO, MARIA FIORENTINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE –

RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona dei Direttori pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

contro

CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI NAPOLI,

in persona del Segretario Generale Vicario pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 81, presso lo studio

dell’avvocato UGO MARIA CHIRICO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7587/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 15/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

Fatto

RITENUTO

Che:

G.G. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli l’avviso di intimazione per il mancato pagamento delle prodromiche quattro cartelle di pagamento per un importo complessivo di Euro 204.654,75.

2. La CTP dichiarava inammissibile il ricorso in quanto tardivamente proposto.

3. Sull’impugnazione del ricorrente l’adita Commissione Tributaria Regionale della Campania, pur rilevando l’ammissibilità del ricorso della contribuente in quanto tempestivamente proposto, riteneva infondati i motivi in quanto sia l’avviso di intimazione che le sottese cartelle esattoriali erano state regolarmente notificate.

4. Su istanza dell’Agenzia dell’Entrate il dispositivo della sentenza veniva corretta, sostituendo la parola “accoglie” con la parola “rigetta”.

5. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente affidandosi a due motivi. Agenzia delle Entrate e Camera di Commercio hanno depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, dell’art. 288 c.p.c. e dell’art. 24 Cost per avere la CTR proceduto alla correzione della sentenza in assenza di presupposti di legge e in assenza di una corrispondente istanza di parte o comunque in accoglimento di una istanza di correzione materiale mai notificata ed inammissibile in quanto generica.

1.1 Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p., n. 4, degli artt. 2953 e 2946 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per non avere i giudici di seconde cure esaminato la questione della prescrizione della pretesa erariale ed in ogni caso dichiarato prescrizione quinquennale.

2 Il primo motivo è infondato.

2.1 Questa Suprema Corte, già in epoca risalente, ha sancito il principio che “il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo (di rigetto della domanda) e la pronunzia adottata in motivazione (di accoglimento) integra, non un vizio incidente sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, come tale emendabile con la procedura ex art. 287 c.p.c. (applicabile anche al procedimento dinanzi alle commissioni tributarie), e non denunciabile (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) con ricorso per Cassazione” (cfr. Cass. 1205/1984 che precedenti ancora più lontani, quali Cass. 4188/79; 16/78 e 2784/68). In senso analogo si è successivamente espressa la giurisprudenza di questa Corte, che ha precisato che “il contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui il detto contrasto sia chiaramente riconducibile a semplice errore materiale, il quale trova rimedio nel procedimento di correzione al di fuori del sistema delle impugnazioni – distinguendosi, quindi, sia dall’error in iudicando deducibile ex art. 360 c.p.c., sia dall’errore di fatto revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4 – ed è quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. 17392/04 e 10129/99). I principi sopra enunciati hanno trovato conferma in numerose successive pronunce, anche recenti. (cfr. Cass. n. 16488/2006, n. 22433/2017 e n. 26074 e 5939 e del 2018).

2.2. Sulla scorta di tali principi, rileva il Collegio che nel caso di specie la lettura della motivazione della sentenza impugnata consente di affermare con assoluta certezza quale sia stato il contenuto essenziale del decisum.

2.3 Nella parte motiva della sentenza si afferma che “l’appello è infondato per quanto di ragione” e si individuano le ragioni nella ritualità e validità della notifica delle cartelle con la conseguente definitività della pretesa fiscale. La compensazione delle spese viene giustificata dall’accoglimento dei profili dell’appello relativi all’ammissibilità del ricorso originario.

2.4 Nel dispositivo la CTR “accoglie l’appello”; siamo quindi in presenza di un palese il contrasto tra motivazione e dispositivo – che è stato correttamente eliminato con il rimedio della correzione dell’errore materiale essendo chiara dall’esame del percorso logico motivazionale della sentenza la volontà dei giudici di secondo grado di rigettare nel merito l’appello.

2.5 Infondati sono anche i rilevi in ordine alla mancata notificazione dell’istanza di correzione atteso che, in ogni caso, come riconosciuto in ricorso, il contribuente ha partecipato al giudizio svolgendo appieno le proprie difese.

2.6 Così come inconferenti appaiono le doglianze in ordine al contenuto delle conclusioni dell’istanza di correzione asseritamente difformi dall’ordinanza di correzione assunta dalla CTR. L’art. 287 c.p.c. richiede, per l’esperimento della procedura di correzione il ricorso di una delle parti ed è sufficiente per investire il giudice del potere dovere-dovere di decidere che, insieme alla manifestazione di volontà di correzione, vengano indicati i vizi e le incongruenze di cui risulta inficiata la sentenza.

3. Il secondo motivo è fondato nei limiti di quanto appresso precisato.

3.1 Va precisato che la censura non è tardiva, come erroneamente sostiene l’appellato, in quanto investe la sentenza che, a seguito della correzione, ha indicato il contribuente soccombente anche nel dispositivo. Il termine semestrale per l’impugnazione decorre non dal deposito della sentenza (15.9.2017), ma ai sensi dell’art. 288 c.p.c., comma 4, dalla notifica dell’ordinanza di correzione (22.5.2018).

3.2 Venendo all’esame del merito va rilevato che la CTR ha accertato che le cartelle di pagamento richiamate dall’avviso di intimazione sono state regolarmente notificate al contribuente senza che quest’ultimo le avesse impugnate e senza che il G. avesse contestato con il ricorso tale ratio decidendi. Ne consegue che, essendosi ormai i crediti tributari consolidati, se è preclusa al contribuente ogni contestazione della pretesa tributaria anche afferente a questioni di decadenza o prescrizione verificatasi prima della emissione delle cartelle di pagamento, è ammissibile la proposizione dell’eccezione di prescrizione maturata dopo la notifica della cartella esattoriale. Orbene posto che l’intimazione di pagamento è stata notificata il 26 gennaio 2016 sono senz’altro prescritti i crediti contenuti nelle cartelle di pagamento nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) notificate rispettivamente il 27.4.2001 e 12.62003. In mancanza di atti interruttivi è infatti decorso il termine decennale.

3.3. Le altre due cartelle notificate in date 5.6.2006 e 26.5.2006 non sono invece prescritte. Si tratta infatti di tributi costituiti da diritti annuali camerali e canoni audiovisivi, che contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, si estinguono per mancato esercizio del diritto nel termine di dieci anni non essendo previsto dalla normativa di settore un termine più breve.

4 In accoglimento del secondo motivo la sentenza va quindi cassata, la causa non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso originario limitatamente alle cartelle prescritte.

5. Avuto riguardo all’esito della presente controversia le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti.

PQM

La Corte;

– Accoglie il secondo motivo rigettato il primo, cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso limitatamente alle cartelle nn. (OMISSIS) e (OMISSIS);

– Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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