Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7223 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. III, 30/03/2011, (ud. 07/10/2010, dep. 30/03/2011), n.7223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22215/2006 proposto da:

D.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato TRALICCI

Gina, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNIPOL ASSIC SPA (OMISSIS), in persona del Direttore Generale

Area assicurativa e Procuratore Speciale della compagnia Dott. D.

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PALUMBO 3,

presso lo studio dell’avvocato PAOLITTO PASQUALE, che lo rappresenta

e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3039/2006 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione

Quarta Civile, emessa il 23/01/2006, depositata il 09/02/2006 R.G.N.

87165/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/10/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Il giudice di pace di Roma condannò la Unipol s.p.a. al pagamento, in favore di D.M., difensore antistatario di A. R., della somma di 1.000,00 Euro, e la compagnia assicuratrice, a distanza di circa due mesi, inviò al D. un assegno bancario dell’importo di 1.018,00 Euro.

Quegli rifiutò il pagamento, restituì i titoli e, sostenendo che il credito da lui vantato fosse pari alla maggior somma di Euro 1232,79, azionò una procedura esecutiva conclusasi con l’accoglimento, da parte del GdP, dell’opposizione della Unipol all’atto di precetto intimatole dal D., con rigetto della maggior pretesa dell’opposto.

L’appello del D. fu respinto dal tribunale di Roma, che ritenne assolutamente carente la prova della pretesa insufficienza o inadeguatezza della somma corrisposta, specificando altresì che la compagnia, nel liquidarla,aveva del tutto legittimamente provveduto alla ritenuta di acconto, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e 25.

Il ricorso che il D. propone oggi dinanzi a questa corte, ulteriormente volto ad ottenere la maggior somma di circa 200,00 Euro, è del tutto infondato.

Infondato, difatti, risulta il primo motivo di ricorso, essendo ormai ius reception presso questa corte regolatrice, dopo l’intervento in subiecta materia delle sezioni unite, che, in mancanza di validi motivi giustificativi (del tutto impredicabili nella specie, e nemmeno allegati dal ricorrente nel pur pletorico e ridondante motivo di impugnazione), l’assegno non trasferibile costituisce legittimo mezzo di pagamento, estintivo dell’obbligazione volta che (come nella specie) il rifiuto del creditore appare del tutto ingiustificato, oltre che contrario a correttezza e buona fede.

Infondato si appalesa del pari il secondo motivo di ricorso, avendo il tribunale correttamente statuito in ordine alla ritenuta d’acconto, in quanto il pagamento delle spese di lite è avvenuto in favore del difensore antistatario, sì che il debito, anche se soddisfatto da un terzo, rimane qualificato dal suo originario contenuto di corrispettivo dovuto – oggettivamente considerato – per prestazioni professionali in esecuzione di un attività (e dunque, in senso traslato e per traslazione, di un rapporto) di lavoro autonomo (Cass. 7879/91, nonchè le stesse sezioni unite di questa Corte con la sentenza 9332/96).

Inammissibile (oltre che patentemente infondato nel merito, vertendosi, nella specie, in tema di opposizione a precetto) risulta il terzo motivo di ricorso, atteso che il ricorrente non indica, in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, in quale atto del processo di appello l’eccezione di difetto di giurisdizione sia stata ritualmente e tempestivamente riproposta e illegittimamente pretermessa dal giudice del gravame.

Inammissibile, infine, per patente carenza di interesse è la quarta ed ultima censura che lamenta una pretesa quanto irrilevante (Cass. sez. trib. 3830(010) violazione dei principi del litisconsorzio con riferimento alla posizione dell’amministrazione finanziaria.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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