Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7221 del 13/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7221 Anno 2016
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 22512-2009 proposto da:
COMUNE

DI

NOVARA

in

persona

del

Sindaco

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA TACITO 10, presso lo studio dell’avvocato
ENRICO DANTE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LORENZO BERTAGGIA giusta delega in
2015

calce;
– ricorrente –

3981
contro

ARPA PIEMONTE;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 13/04/2016

ARPA PIEMONTE in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L.
ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato ILARIA
ROMAGNOLI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MARCO SERTORIO giusta delega a margine;
incidentale –

contro

COMUNE DI NOVARA in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 10,
presso lo studio dell’avvocato ENRICO DANTE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORENZO
BERTAGGIA giusta delega in calce;
– controricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 35/2008 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 10/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BERTAGGIA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato ROMAGNOLI
che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso
principale, rigetto ricorso incidentale.

controricorrente

22512-09

Svolgimento del processo
La commissione tributaria regionale del Piemonte,
accogliendo in parte qua l’appello dell’Agenzia regionale
per la protezione dell’ambiente

(hinc Arpa) nei riguardi

accertamento e di irrogazione di sanzioni per omessa
dichiarazione di un immobile ai fini dell’Ici, anni 2004
e 2005.
Riteneva invero sussistente la fattispecie di esenzione
di cui all’art. 7, comma 1,

lett. i), del d.lgs. n. 504

del 1992, essendo Arpa un ente pubblico con attività
preminente di tipo non commerciale, ed essendo la sua
attività annoverabile tra quelle

di

interesse sanitario

siccome attinente all’igiene ambientale e alla tutela
della salute.
Il comune di Novara ha proposto ricorso per cassazione
sorretto da sette motivi.
Arpa ha replicato con controricorso e ha proposto due
motivi di ricorso incidentale condizionato.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria.
Motivi della decisione
I.

Il ricorso principale consta delle seguenti

doglianze.
Col primo e

col

secondo motivo si denunzia in unico

contesto (a) l’omessa, insufficiente e contraddittoria

l

della sentenza di primo grado, annullava due avvisi di

motivazione su fatto decisivo e la violazione e

falsa

applicazione degli artt. 53 del d.lgs. n. 546-92 e 342
cod. proc. civ., per avere la commissione tributaria
apoditticamente ritenuto ammissibile l’appello di Arpa

censura avverso la statuizione di primo grado.
Le censure sono inammissibili.
La ricorrente pone una questione giuridica, avente come
base l’affermazione di inammissibilità dell’appello di
Arpa per la mancata formulazione di motivi specifici.
Secondo la ricorrente, Arpa si era limitata a riproporre
la tesi esposta nel ricorso di primo grado senza svolgere
una critica argomentata alle ragioni della decisione.
Trattandosi giustappunto di questione giuridica, la
stessa non poteva esser fatta valere alla stregua di
vizio di motivazione.
Poteva essere dedotta invece, così com’è stato fatto nel
secondo motivo, alla stregua di violazione delle
afferenti norme di diritto processuale, ma occorreva che
fosse ben rappresentata nel quesito di diritto. Il quale
di contro si palesa composto in modo assertorio, quale
mero interpello circa l’esistenza del vizio de
procedendi [

iure

“se è vero che la sentenza è incorsa nella

violazione (..)” ] in ipotesi di asserita reiterazione di

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nonostante la mancata indicazione di motivi specifici di

doglianze

senza

indicazione

di

motivi

specifici

d’impugnazione.
Tale è la ragione per cui i due mezzi vanno ritenuti
inammissibili: il primo perché non attinente, il secondo

Ciò al netto dell’essere comunque le censure altresì
manifestamente infondate, avendo questa corte più volte
affermato il condivisibile principio secondo cui, nel
processo tributario, la riproposizione in appello delle
stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda
disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute
giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta
valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di
impugnazione imposto dall’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre
1992, n. 546, ben potendo il dissenso della parte
soccombente investire la decisione impugnata nella sua
interezza (v. per tutte Sez. 6^-5 n. 14908-14).
– Il terzo e il quarto mezzo – che rispettivamente
denunciano (i) violazione e falsa applicazione dell’art.
7, coma l, lett. i), del d.lgs. n. 504-92 e (ii) omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione della
sentenza – ascrivono alla commissione tributaria di aver
ritenuto esistente, pur in difetto di prove e con erronea
o mancata interpretazione degli atti processuali, il

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perché carente nel quesito.

requisito soggettivo di Arpa quale ente non commerciale
ex art. 87, coma l, lett. o), del Tuir.
I motivi sono inammissibili perché integranti, nella loro
totale genericità, un sindacato di fatto circa la

La commissione tributaria ha affermato che l’attività
commerciale di Arpa, rispetto all’attività di tipo
istituzionale di ente pubblico deputato alla salvaguardia
dell’ambiente, dovevasi considerare non preminente. Ha
motivato enunciando il dato percentuale di riferimento
(il 3 % dell’attività complessivamente svolta),
sostenendolo evincibile dalla documentazione prodotta in
giudizio.
A simile affermazione la ricorrente si limita a
contrapporne un’altra di segno opposto, sul rilievo che
nessun documento era stato prodotto onde attestare il
fatto. In tal modo la doglianza si palesa malposta in
questa sede di legittimità, essendo la valutazione degli
elementi di prova riservata al giudice di merito, così da
potersi sindacare sotto il solo profilo della congruenza
della motivazione; ed essendo risolutivo osservare che
nella sintesi redatta a conclusione del terzo motivo, che
appunto enuncia il vizio di motivazione, non risulta
evidenziato alcun fatto specifico, controverso e
decisivo, cui parametrare la censura.

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valutazione della prova.

III. – Col quinto motivo il comune censura la sentenza
per violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma l,
lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 e dell’art. 2909
cod. civ., essendo stata a suo dire omessa la rilevazione

requisito oggettivo rilevante ai finì del’esenzione;
requisito che era stato escluso dal giudice di primo
grado con affermazione che non era stata oggetto di
gravame.
11 motivo è manifestamente infondato.
Nessun giudicato interno si era difatti formato nel caso
di specie, dal momento che nel corpo del controricorso
redatto dal comune, in replica al ricorso incidentale, è
riportata la trascrizione dell’atto di appello di Arpa. E
da questa si apprende esser stata esplicitamente devoluta
al giudice del gravame la questione in ordine
all’esistenza di entrambe le dedotte condizioni di
esenzione, soggettiva (l’appartenenza di Arpa al novero
dei soggetti di cui all’art. 87 del Tuir) e oggettiva (la
destinazione esclusiva degli immobili allo svolgimento di
attività esente).
IV. – Col sesto

e col settimo motivo infine il comune

denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7,
comma l, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, nonché
degli artt. l, 2, 3 della 1.r. Piemonte n. 60 del 1995,

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di un giudicato interno sulla mancanza, in Arpa, del

dell’art. 14 delle prel. e dell’art. 2697 cod. civ.,
oltre che vizio di motivazione, per avere la commissione
tributaria ritenuto erroneamente e comunque con
travisamento delle prove documentali – l’esistenza del

sotto il profilo dello svolgimento di attività sanitaria,
sebbene in presenza di una normativa di esenzione non
suscettibile di applicazione estensiva o analogica; e per
avere poi ritenuto concedibile l’esenzione senza che Arpa
avesse dimostrato lo svolgimento in concreto di attività
istituzionale negli immobili in questione.
I motivi dianzi citati si presentano tra loro connessi,
donde possono essere unitariamente esaminati.
V. – Il sesto motivo non è fondato.
La necessità di rispettare il principio generale del
diritto tributario, secondo cui le norme che riconoscono
agevolazioni e benefici fiscali in deroga al regime
ordinario, essendo eccezionali e come tali di stretta
interpretazione, sono insuscettibili di
un’interpretazione che trascende il significato letterale
del dato normativo, suppone il (solo) divieto di
estensione analogica. Vale a dire impone di ritenere le
norme di esenzione o di agevolazione non applicabili a
casi e situazioni non riconducibili al relativo
significato letterale (v., senza pretesa di completezza

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requisito oggettivo di cui alla norma per prima citata

in rapporto a distinte fattispecie agevolative, Sez.
n. 5697-14, n. 6234-12; n. 5484-08; n. 26106-05).
Questo principio trova la sua

ratio nel dovere essere la

norma tributaria interpretata in modo tale da

preminentemente si contrappongono nel contesto del
rapporto fiscale, secondo le previsioni costituzionali ex
artt. 53 e 23 cost., essendo l’ambito dell’imposizione
tracciato dal legislatore in positivo così come in
negativo.
Ne deriva che per le norme di esenzione o di
agevolazione, ma anche per quelle comunemente impositive,
rileva solo ciò che nella norma specificamente è
previsto, senza possibili integrazioni che trascendano i
confini semantici del dato normativo (v. di recente Sez.
un. n. 11373-15).
Ora il principio secondo cui le norme di esenzione o di
agevolazione sono norme a interpretazione rigida (o
anelastica), in quanto rigorosamente legata al dato
letterale, esclude certamente la possibilità di analogia,
ma non l’interpretazione estensiva (v. Sez. 5^ n. 3072211), né la doverosa necessità di stabilire il confine dei
concetti generali che in quelle norme trovano sede ai
fini del tributo. L’interpretazione estensiva in
particolare non determina l’applicazione della norma a

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salvaguardare l’equilibrio tra gli interessi che

casi ivi non considerati, ma semplicemente tende a
individuare l’esatto significato della norma stessa
comprendendo nella sua portata concreta tutti i casi da
essa anche implicitamente considerati, in armonia con la

Nel contesto della ricerca del significato specifico del
sintagma “attività sanitaria”, di cui all’art. 7, comma
1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, non viola dunque

il principio dianzi citato l’affermazione del giudice
d’appe1lo4 secondo la quale in
rientrare anche
norma

simile concetto deve a

l’attività di un ente come l’Arpa, per

di legge deputato all’esercizio di funzioni

pubbliche e di interesse generale, direttamente
finanziate dalla regione, consistenti in attività di
supporto tecnico-scientifico per controlli di acque,
alimenti, bevande,

ambienti di lavoro, di ricovero e cura

e di stima di rischi ambientali.
VI. – E’ invece fondato il settimo mezzo.
Secondo un orientamento del tutto consolidato in tema di
Ici, l’esenzione prevista dall’art. 7,

comma l, lett.

i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata
alla

compresenza di un requisito soggettivo,

dallo svolgimento di tali attività
che non abbia come

oggetto

costituito

da parte di

un ente

esclusivo o principale

l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma

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ratio, oltre che con la lettera, della disposizione.

primo, lett. c), del Tuir, cui il citato art. 7

rinvia),

e di un requisito oggettivo ben vero rappresentato dallo
svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di
assistenza o di altre attività equiparate (tra cui le

L’accertamento del requisito oggettivo suppone tuttavia
di stabilire il nesso specifico tra l’immobile e
l’attività,

e

deve

essere

operato

in

concreto,

verificando con onere della prova in capo alla
contribuente – quale sia l’attività cui l’immobile è
destinato, e che l’attività,

pur rientrando tra quelle

esenti, non sia svolta poi – sempre in concreto – con le
modalità di un’attività commerciale (cfr. per varie
applicazioni Sez. 5″ n. 14226-15, n. 4502-12; ma anche
Sez. 5″ n. 6711-15).
Sotto questo profilo è evidente il limite dell’impugnata
sentenza, la quale ha eluso il profilo giuridico che
oggettivamente si imponeva.
La sentenza si è limitata ad

affermare che

l’attività

generale di Arpa consistendo “essenzialmente in
supporti analitici e tecnico scientifici per i controlli
di acque, alimenti, bevande, cosmetici ed altre materie
di interesse sanitario, quali supporto nei controlli di
ambiente di lavoro, di ricovero e cura, nonché di stima

9

attività di tipo sanitario).

dei

rischi

ambientali per

la

salute”

doveva

considerarsi di “natura sanitaria”.
Ma la questione circa l’ambito di attività di Arpa non
esauriva affatto la tematica controversa, giacché la

che non è stata fatta – quale fosse la specifica,
concreta destinazione dell’immobile, vale a dire se
l’immobile fosse o meno destinato esso allo
svolgimento di attività di tipo sanitario, sebbene
nell’accezione ritenuta in sentenza.
In definitiva l’impugnata sentenza è carente quanto
all’accertamento che si richiedeva, avendo omesso di
indagare quale fosse l’attività in concreto svolta da
Arpa nell’immobile in questione e quali fossero le
modalità di tale concreto svolgimento.
Come tale essa va cassata con rinvio alla medesima
commissione tributaria regionale, diversa sezione, per
nuovo esame sul punto qualificante appena detto.
VII. – Il ricorso incidentale è da disattendere.
Nei due motivi di tale ricorso Arpa denunzia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 329 e 342
cod. proc. civ. e il vizio di motivazione, per avere la
sentenza ritenuto rinunciata la domanda con la quale la
contribuente aveva invocato l’esenzione di cui all’art.
7, comma l, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992.

lo

commissione avrebbe dovuto previamente accertare – cosa

Ma i motivi sono inammissibili in relazione ai quesiti.
Il primo quesito si risolve in un mero interpello circa
l’esistenza della violazione denunciata, e dunque non
assolve il fine di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ.

un’asserita omissione motivazionale (o un’insufficienza)
su un profilo di diritto, qual è quello traducibile nel
vizio in procedendo (art. 360, n. 4, cod. proc. eiv.).
Va osservato che rispetto al vizio in procedendo la corte
giudice della fattispecie, sicché non rileva la
motivazione (o l’omessa motivazione) del giudice di
merito, né il vizio che si assuma integrato ai sensi
dell’art. 360, n. 5, cod. proc.’civ.
VIII. – In conclusione, il ricorso principale deve essere
accolto nei limiti del settimo motivo e il ricorso
incidentale disatteso.
L’impugnata sentenza va cassata con rinvio, nel senso
sopra detto.
11 giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il settimo motivo del ricorso
principale; rigetta i restanti; rigetta il ricorso
incidentale; cassa l’impugnata sentenza in relazione al
motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio

11

Il secondo manca di pertinenza, essendo censurata

di cassazione, alla commissione tributaria regionale del
Piemonte.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

t
Il Consigliere Zezore

sezione civile, addì 15 dicembre 2015.

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