Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7220 del 22/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, (ud. 05/12/2016, dep.22/03/2017),  n. 7220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25570/2015 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 10,

presso lo studio dell’avvocato PASQUALE PONTORIERO, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n. 482/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emesso il 02/03/2015 e depositato il 18/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Pasquale Pantoriero, per il ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

F.L., insieme con altri, adiva la Corte d’appello di Perugia per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento d’un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, per la durata irragionevole di una causa civile svoltasi innanzi al Tribunale e alla Corte d’appello di Roma.

Resistendo il Ministero, la Corte d’appello di Perugia riconosceva al predetto ricorrente l’equo indennizzo, liquidato in Euro 3.000,00, solo per la durata irragionevole del primo grado di giudizio e non anche del secondo. Ciò sul presupposto che questi non vi avesse preso parte, non risultando il suo nominativo dall’epigrafe della sentenza di merito.

Per la cassazione di tale decreto F.L. propone ricorso, sulla base di un unico motivo, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo di ricorso lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avente ad oggetto la partecipazione del ricorrente anche al secondo grado del giudizio presupposto, come documentato dalla comparsa di costituzione, dalla procura ivi apposta in calce e dai verbali di causa.

2. – Il motivo è fondato, poichè il decreto impugnato è frutto dell’omesso esame di due fatti acquisiti, decisivi e discussi.

Trattando della pur diversa questione del discrimine tra omessa pronuncia sulla posizione di una parte ed errore materiale nel citarla, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di affermare che l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza, dà luogo a nullità ove riveli che il contraddittorio non sia regolarmente costituito a norma dell’art. 101 c.p.c., o generi incertezza circa i soggetti ai quali si riferisce la decisione, e a mera irregolarità emendabile con la procedura di correzione prevista dagli artt. 287 e 288 c.p.c., ove dal contesto della decisione e dagli atti processuali e dai provvedimenti da essa richiamati o comunque compiuti o intervenuti nel corso del processo sia inequivocamente individuabile la parte pretermessa o inesattamente indicata e sia, pertanto, possibile stabilire che la pronuncia è stata emessa anche nei suoi confronti (v. Cass. nn. 9077/01 e 12577/02).

Nella specie, i due fatti acquisiti non esaminati dalla Corte distrettuale sono costituiti dalla comparsa di costituzione nel grado d’appello del giudizio presupposto e dalla relativa procura, l’una e l’altra contenente, tra le altre parti appellate, anche l’odierno ricorrente. Da essi si ricava che l’odierno ricorrente prese parte al giudizio presupposto, al pari degli altri litisconsorti, col conseguente diritto all’equa riparazione anche per tale fase del giudizio presupposto.

3. – Pertanto, il decreto della Corte territoriale va cassato e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari nuovi apprezzamenti sul fatto, deve estendersi al ricorrente, per l’irragionevole durata del giudizio d’appello, il medesimo indennizzo riconosciuto dal decreto impugnato per gli altri consorti, e dunque in totale Euro 2.000,00 così come domandato.

4. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo a carico del Ministero intimato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di F.L. dell’ulteriore somma di Euro 2.000,00, oltre alle spese liquidate in Euro 800,00 e maggiorate di spese generali forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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