Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7218 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 04/03/2022), n.7218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22837-2020 proposto da:

S.K.A., rappresentato e difeso dall’avv. ALESSANDRO

PRATICO’, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza del TRIBUNALE di TORINO, depositata il

27/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato, il Tribunale di Torino rigettava il ricorso proposto da S.K.A. avverso il provvedimento della Commissione territoriale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione, internazionale ed umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.K.A., affidandosi a sei motivi.

Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria per la partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la carenza assoluta di motivazione in relazione al giudizio di non credibilità del suo racconto personale, formulato dal giudice di merito. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale si sarebbe limitato all’acritico richiamo della valutazione negativa formulata dalla Commissione territoriale, senza condurre alcuna autonoma valutazione del compendio istruttorio acquisito agli atti del giudizio di merito.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 14, edel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 nonché il vizio di motivazione, perché il Tribunale avrebbe espresso il giudizio di non credibilità del suo racconto senza verificare se le contraddizioni e le carenze della storia potessero essere superate mediante l’audizione personale del richiedente asilo.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, perché il giudice di merito avrebbe escluso l’attendibilità del ricorrente in violazione dei criteri legali posti a presidio della valutazione del racconto fornito dal richiedente asilo.

Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e l’apparenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, perché il Tribunale avrebbe omesso di esaminare gli elementi ed i fatti decisivi allegati dal richiedente asilo a sostegno della propria storia, senza considerare il contesto di violenza diffusa e generalizzata, ed il connesso rischio di violazione dei diritti umani, esistente in (OMISSIS), suo Paese di origine.

Le quattro censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

Va innanzitutto esclusa l’ammissibilità della deduzione, in sede di legittimità, del vizio di contraddittorietà ed illogicità della motivazione, che non rientra nel perimetro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo vigente ratione temporis, conseguente all’entrata in vigore della novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012.

Ciò posto, occorre ribadire che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto, censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 11925 del 19/06/2020, Rv. 658017; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13578 del 02/07/2020, Rv. 658237). Nel caso in cui il racconto non sia ritenuto credibile, è esclusa la necessità per il giudice di merito di operare ulteriori accertamenti in relazione alla sussistenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 28862 del 12/11/2018, Rv. 651501; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8367 del 29/04/2020, Rv. 657595; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16925 del 11/08/2020, Rv. 658940).

Per quanto invece attiene la specifica ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), il Tribunale, con l’ausilio di fonti internazionali aggiornate (cfr. pag. 4 del decreto impugnato), ha escluso la sussistenza, in (OMISSIS), Paese di provenienza del ricorrente, di una situazione di violenza indiscriminate rilevante ai sensi della disposizione da ultimo richiamata.

Per quanto invece concerne la mancata audizione personale del ricorrente, occorre ribadire che, secondo l’ormai consolidata interpretazione di questa Corte, in materia di protezione internazionale, ove venga impugnato il provvedimento di diniego della commissione territoriale e non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza di comparizione delle parti ma, se non sono dedotti fatti nuovi o ulteriori temi d’indagine, non ha l’obbligo di procedere anche all’audizione del richiedente, salvo che quest’ultimo non ne faccia espressa richiesta deducendo la necessità di fornire specifici chiarimenti, e delucidazioni sulle dichiarazioni rese in sede amministrativa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, Rv. 659115; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25439 del 11/11/2020, Rv. 659659; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26124 del 17/11/2020, Rv. 659737). Il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve, pertanto, contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25312 del 11/11/2020, Rv. 659577). Nella specie, risulta dal decreto impugnato che l’udienza è stata fissata e si è tenuta il 9 giugno 2020, ed il ricorso è assolutamente generico, poiché il ricorrente non si fa carico di indicare gli specifici fatti, dedotti dinanzi al giudice, che avrebbero richiesto la sua audizione.

Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 perché il Tribunale avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare la condizione di estrema povertà nella quale egli viveva nel proprio Paese di origine, le gravi violenze patite in Libia ed il percorso di fattiva integrazione sociolavorativa seguito in Italia.

Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta il vizio della motivazione, perché il Giudice di merito avrebbe erroneamente escluso la rilevanza del percorso di integrazione sociolavorativa documentato dal richiedente asilo.

Le ultime due censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate. Il ricorrente ha dedotto, nel quinto motive di doglianza (cfr. pagg. 30 e s. del ricorso), di aver depositato in atti del giudizio di merito, in data 23.7.2020, documentazione attestante l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato, sospeso alla fine del mese di febbraio 2020 a causa dell’emergenza dovuta alla pandemia di Covid-19 e ripreso a luglio dello stesso anno. Il Tribunale non ha in alcun modo considerato tale elemento, né sotto il profilo della dimostrazione dell’integrazione sociolavorativa del richiedente asilo in Italia, né con riferimento agli effetti che la pandemia da Covid-19 ha prodotto sui rapporti di lavoro in essere al momento della sua insorgenza. Ambedue i profili, invece, avrebbero dovuto essere valutati dal giudice di merito, alla luce del principio, recentemente confermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “In base alla normativa del testo unico sull’immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine e la situazione d’integrazione raggiunta in Italia, attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia; qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d’origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione E.D.U., sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24413 del 09/09/2021, Rv. 662246).

Il giudice di merito, dunque, avrebbe dovuto valutare la deduzione, da parte del richiedente asilo, di un profilo di integrazione sociolavorativa in Italia, al fine di valutarne l’apprezzabilità e la rilevanza, nell’ambito del giudizio di bilanciamento da condurre tra le condizioni di vita godute dal richiedente asilo in Italia e quelle alle quali egli potrebbe essere esposto in caso di rimpatrio. Nell’ambito di detta valutazione comparativa, il Tribunale avrebbe anche dovuto apprezzare l’incidenza, sui rapporti di lavoro, dell’emergenza Covid, con particolare riferimento all’effetto sospensivo dei predetti rapporti derivante dalla correlata normativa emergenziale.

Da quanto precede deriva l’accoglimento degli ultimi due motivi di ricorso, la cassazione del decreto impugnato in relazione alle censure accolte ed il rinvio della causa al Tribunale di Torino, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio esaminerà la domanda di protezione umanitaria formulata dal richiedente alla luce dei principi posti dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24413 del 09/09/2021 (Rv. 662246), tenendo altresì conto degli effetti derivanti, sui rapporti di lavoro in corso di svolgimento, dalla normativa emergenziale legata alla pandemia da Covid-19.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili il primo, secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, accoglie il quinto ed il sesto motivo, cassa la decisione impugnata nei limiti delle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torino, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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