Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7217 del 25/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 25/03/2010), n.7217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A. residente a (OMISSIS), in giudizio personalmente, ex

art.

86 c.p.c. domiciliato in Roma, via Ottaviano n. 42 presso lo studio

dell’Avv. Lo Giudice Bruno;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/05/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di Torino – Sezione n. 05, in data 22.03.2007, depositata

il 20 aprile 2007;

Udita la relazione della causa, svolta nella Camera di Consiglio del

23 febbraio 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi.

Uditi, altresì, l’Avv. M.A. ed il P.M. Dott. IANNELLI

Domenico, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 13593/2008 R.G., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 10/05/2007, pronunziata dalla C.T.R. di Torino, Sezione n. 05, in data 22.03.2007 e DEPOSITATA il 20 aprile 2007. Con tale decisione, la C.T.R., ha rigettato l’appello del contribuente e conformato la decisione di primo grado, che aveva negato il diritto al rimborso dell’Irap. 2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione del silenzio rifiuto sulla domanda di rimborso dell’IRAP per gli anni 1998 e 1999, è affidato ad un mezzo, con cui si deduce, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3.

3 – L’intimata Agenzia, giusto controricorso, ha chiesto che l’impugnazione venga rigettata.

4 – La questione posta dal ricorso in esame va risolta, sia rifacendosi a quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato il principio secondo cui a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c) l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede, di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007), sia pure richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di genericità delle doglianze e di autosufficienza del ricorso. A quest’ultimo riguardo, si rileva, che avuto riguardo al comportamento delle parti nelle pregresse fase processuali e tenuto conto del fatto che la CTR ha dedotto la sussistenza dell’autonoma organizzazione dall’esame della documentazione prodotta dal contribuente, dalla quale si evinceva, fra l’altro, che nel periodo in considerazione l’attività era stata si svolta con l’ausilio di una dipendente, le doglianze appaiono prospettate genericamente – in violazione del principio di autosufficienza e degli artt. 366 e 369 c.p.c. – (Cass. n. 6225/2005, n. 1170/2004, n. 7178/2004, n. 6542/2004, n. 14003/2004, n. 9707/2003), essendo orientamento giurisprudenziale consolidato, quello secondo cui L’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., n. 4, qualunque sia il tipo di errore (in procedendo o in iudicando) per cui è proposto, non può essere assolto per relationem con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto (Cass. n. 20454/2005; n. 14075/2002), essendovi il preciso onere, ribadito ed esplicitato con le novelle introdotte dagli artt. 366 c.p.c., n. 6) e art. 369 c.p.c., n. 4 di indicare in modo puntuale gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, e dovendo contenere, in se, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (Cass. n. 849/2002; n. 2613/2001, n. 9368/2006; n. 1014/2006; n. 22979/2004).

In buona sostanza, le doglianze appaiono sottese ad ottenere una opposta lettura di atti e documenti presi in esame dai giudici di merito e valutati diversamente, e, d’altronde, sul piano logico formale, la valutazione di detti Giudici, che hanno accertato la sussistenza dell’autonoma organizzazione, in presenza di una dipendente oltre che dei normali beni strumentali, appare corretta.

5 – Si propone, dunque, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., la trattazione del ricorso in camera di consiglio ed il relativo rigetto, per manifesta infondatezza, in applicazione dei trascritti principi di diritto.

Il Relatore Cons. Dr. Antonino Di Blasi”.

Considerato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori;

Visti il ricorso, il controricorso, la memoria 09.02.2010 del contribuente, e gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione, che non restano incrinate dalle argomentazioni svolte dal ricorrente, con la memoria da ultimo depositata;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va rigettato e che, avuto riguardo all’epoca del consolidarsi degli applicati principi, le spese del giudizio vanno compensate;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010

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