Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7217 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 04/03/2022), n.7217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21039-2020 proposto da:

B.O., rappresentato e difeso dall’avv. ANGELO RANELI, e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il

23/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato, il Tribunale di Palermo rigettava il ricorso proposto da B.O. avverso il provvedimento della Commissione territoriale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione, internazionale ed umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.O., affidandosi a sei motivi.

Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria per la partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile il racconto del richiedente la protezione. Il giudice di merito, in particolare, avrebbe considerato che l’espatrio fosse legato alle vessazioni subite dallo zio, ed avrebbe dunque ravvisato il carattere meramente privato della vicenda, senza tener conto che, in realtà, il motivo dell’emigrazione era da individuare nella condizione di schiavitù in cui il richiedente era ridotto presso la scuola coranica che egli era stato costretto, dallo zio, a frequentare.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale non avrebbe considerate il pericolo di trattamento inumano e degradante al quale il richiedente sarebbe esposto in caso di rimpatrio.

Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile la sua storia personale.

Le tre censure, meritevoli di esame congiunto, sono inammissibili.

Per quanto attiene alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero, essa costituisce un apprezzamento di fatto, censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 11925 del 19/06/2020, Rv. 658017; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13578 del 02/07/2020, Rv. 658237). Nel caso in cui il racconto non sia ritenuto credibile, è esclusa la necessità per il giudice di merito di operare ulteriori accertamenti in relazione alla sussistenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 28862 del 12/11/2018, Rv. 651501; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8367 del 29/04/2020, Rv. 657595; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16925 del 11/08/2020, Rv. 658940).

Nel caso di specie, il Tribunale ha motivato circa la non credibilità della situazione che avrebbe dato luogo all’abbandono della patria e la sua non idoneità ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, evidenziando il carattere privato della vicenda riferita dal B.. La valutazione di non credibilità esclude lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b).

Per quanto invece concerne la valutazione del contesto di provenienza del richiedente, il Tribunale ha accertato, con ricorso a fonti informative idonee ed aggiornate, richiamate nel provvedimento, che il (OMISSIS), Paese di provenienza dell’istante, è immune da situazione di violenza generalizzata (cfr. pag. 4 del decreto). Il ricorrente contrappone, a tale ricostruzione in fatto, un apprezzamento alternativo, richiamando un rapport di Human Rights Watch del 2019, ma non già per allegare una condizione di violenza generalizzata legata a conflitto armato, rilevante ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art 14, lett. c), quanto piuttosto al fine di confermare il fatto che i bambini delle scuole coraniche siano costretti a mendicare il cibo, e dunque al fine di dimostrare l’esistenza di un rischio di trattamento inumano e degradante in caso di rimpatrio. Sotto questo profilo, tuttavia, la valutazione di non credibilità del racconto preclude in radice la possibilità di riconoscere al richiedente la tutela di cui alle lett. a) e b) del richiamato art. 14, e dunque il richiamo alla fonte, pur qualificata, non è sufficiente ad inficiare la motivazione di rigetto del giudice di merito.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.L. n. 113 del 2018, art. 1 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare la relazione del servizio sociale del 24.1.2020 e la documentazione sull’andamento scolastico del richiedente che erano stati prodotti il 27.1.2020, nel corso del giudizio di merito, indicativi – secondo il ricorrente – di un buon livello di integrazione in Italia.

La censura è infondata. Il giudice di merito dà atto che il richiedente non aveva dedotto alcuno specifico motivo di vulnerabilità rilevante ai fini del riconoscimento di un permesso di soggiorno per casi speciali, ai sensi di quanto previsto dal D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018. Il ricorrente non si duole dell’applicazione di tale disciplina, in luogo di quella previgente, ma si limita ad affermare che la frequenza scolastica e la documentazione proveniente dai servizi sociali – il cui contenuto, peraltro, neppure viene riproposto nel motivo di censura in esame – sarebbero indici sufficienti di integrazione in Italia. In realtà, la normativa introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018, prevedeva specifiche ipotesi nelle quali era consentito il rilascio del permesso “per motivi speciali”, per integrare le quali non era sufficiente la mera dimostrazione della frequenza scolastica.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale avrebbe erroneamente denegato la richiesta di asilo ai sensi della disposizione costituzionale.

La censura è infondata. Il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo status di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, al D.Lgs. n. 25 del 2008 ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, cosicché non v’e’ alcun margine di residuale e diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3. (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16362 del 04/08/2016, Rv. 641324; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 11110 del 19/04/2019, Rv. 653482).

Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta la violazione del 25/20

artt. 8 e 35 bis, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 1,3,14 e 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe dovuto procedure all’audizione personale del richiedente, richiesta all’udienza del 30.1.2020, onde consentirgli di chiarire i punti del suo racconto personale che il giudice di merito riteneva poco plausibili o scarsamente circostanziati.

La censura è inammissibile. Secondo l’ormai consolidata interpretazione di questa Corte, in materia di protezione internazionale, ove venga impugnato il provvedimento di diniego della commissione territoriale e non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza di comparizione delle parti ma, se non sono dedotti fatti nuovi o ulteriori temi d’indagine, non ha l’obbligo di procedere anche all’audizione del richiedente, salvo che quest’ultimo non ne faccia espressa richiesta deducendo la necessità di fornire specifici chiarimenti, e delucidazioni sulle dichiarazioni rese in sede amministrativa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, Rv. 659115; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25439 del 11/11/2020, Rv. 659659; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26124 del 17/11/2020, Rv. 659737). Il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve, pertanto, contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25312 del 11/11/2020, Rv. 659577). Nella specie, risulta dallo stesso motive di ricorso che l’udienza è stata fissata e si è tenuta il 30 gennaio 2020, ed il ricorso è assolutamente generico, poiché il ricorrente non si fa carico di indicare gli specifici fatti, dedotti dinanzi al giudice, che avrebbero richiesto la sua audizione.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in assenza di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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