Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7215 del 30/03/2011

Cassazione civile sez. I, 30/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 30/03/2011), n.7215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 9955 del R.G. anno 2010 proposto da:

Prefetto UTG di Livorno in persona del Prefetto in carica, dom.to in

Roma, via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato

che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

S.V.J.H.;

avverso il decreto n. 154 del Giudice di Pace di Livorno depositato

il 31.08.2009;

udita la relazione della causa svolta nella c.d.c. del 24.2.2011 dal

Cons. Dott. Luigi MACIOCE;

alla presenza del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino A.

Russo.

Fatto

RILEVA IN FATTO

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata l’11.11.2010 ha formulato considerazioni e proposte nel senso che:

CHE la cittadina J.H. – espulsa con decreto del Prefetto di Livorno adottato il 19.08.2008 ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. A) – ebbe ad impugnare detta espulsione dolendosi della mancata constatazione della pendenza di procedura di assunzione aperta da richiesta di nulla osta, ed il Giudice di Pace con Decreto 31.8.2008 accolse l’opposizione annullando l’espulsione sul rilievo per il quale ella aveva tentato invano di regolarizzare la propria posizione e l’Amministrazione la aveva espulsa pur in pendenza di tale procedura; CHE il provvedimento del Giudice di Pace è direttamente ricorribile per cassazione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 bis (D.Lgs. n. 113 del 1999 art. 1) ed è stato fatto segno a ricorso per cassazione in data 07.04.2010, nel quale il Prefetto ricorrente si duole della violazione di legge commessa falsamente applicando gli artt. 22, comma 8 del T.U. e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 31; CHE l’intimata non ha svolto difese; CHE la censura appare manifestamente fondata seguendo l’indirizzo di questa Corte che ha avuto modo di pronunziare, sia con la men recente sentenza n. 19447 de 2007 sia con la assai recente sentenza 18112 del 2010, nel senso della inapplicabilità in via analogica delle disposizioni sulla procedura di emersione alle ben diverse vicende della richiesta di assunzione (previa nulla osta e visto di ingresso) nel quadro dei flussi di ingresso annuali; CHE nella specie la straniera era già in Italia, entrata clandestinamente ed ivi trattenuta senza titolo, quando venne inoltrata la richiesta di n.o.

che presupponeva la di lei permanenza nello Stato di provenienza presso il quale avrebbe dovuto chiedere ed ottenere il visto consolare di ingresso; CHE in nessun modo la richiesta di n.o.

correlata alla autorizzazione all’ingresso di lavoratore per ragioni di lavoro avrebbe quindi assunto il ruolo di una dichiarazione di emersione (di cui alla L. n. 222 del 2002 e L. n. 102 del 2009); CHE, ove si condivida il testè formulato rilievo, il ricorso, può essere trattato in camera di consiglio e accolto per manifesta fondatezza.

OSSERVA:

Ritiene il Collegio che le considerazioni espresse nella trascritta relazione meritino piena condivisione con la conseguenza per la quale devesi cassare il decreto che si è sottratto alla osservanza del principio di diritto, ribadito nelle pronunzie nn. 18112, 20888 e 24164 del 2010 per il quale l’esistenza di una procedura di richiesta di nulla osta e visto di ingresso per lavoratore extracomunitario nell’ambito degli annuali “flussi di ingresso” non costituisce alcuna ragione impeditiva della espulsione dello straniero che medio tempore sia presente irregolarmente sul territorio nazionale, non potendosi applicare a tale procedura la ipotesi della sospensione del potere espulsivo per sanatoria di cui alle L. n. 222 del 2002 e L. n. 109 del 2009, recanti procedure di “emersione” a tempo determinato dei lavoratori irregolari.

Si cassa il decreto e si rinvia allo stesso Ufficio perchè faccia applicazione del ridetto principio, esamini gli altri motivi di espulsione assorbiti con la errata decisione e conclusivamente regoli anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Giudice di Pace di Livorno in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2011

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